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Roberto Cingolani

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La capitale del nostro Sud, e Capitale del Mediterraneo, Napoli, ospita il G20 dei ministri dell’ambiente e, per noi italiani, della transizione ecologica, perché uno dei punti più qualificanti dell’agenda del nostro Governo è stato proprio creare un ministero con questa definizione. Il ministro della transizione ecologica, Cingolani, grande esperto di fisica, ha in questi mesi raccontato semplici verità e fatto molte dichiarazioni, come quella che “le leggi dell’uomo si possono anche cambiare, ma non quelle della fisica”, riferendosi al fatto che l’abbandono dei fossili è estremamente difficile e che, pertanto, “la transizione non sarà un pranzo di gala”.

Non piace agli ambientalisti, convinti da sempre che la transizione sia, invece, facile, ovvia, una volta abbattuti gli interessi delle grandi società legate ai fossili, in particolare al petrolio. Iniziali dissensi della scorsa primavera, sono diventati negli ultimi giorni motivo di scontro e quello che doveva essere un vanto del governo Draghi è diventato motivo di irrequietezza dei 5 Stelle, il partito di maggioranza relativa, il cui successo è stato costruito proprio sull’illusione della transizione facile.

Come da tradizione, mentre il nostro ministro avrebbe bisogno del massimo di supporto politico per il vertice di Napoli, si trova, invece, nelle condizioni di forte debolezza per le voci di dimissione. Ma come non dargli ragione, di fronte ai costi crescenti che la transizione comporterà per l’Europa e in particolare per gli italiani.

Lo scorso primo luglio 2021 ne abbiamo avuto un assaggio, con le bollette elettriche che sono schizzate del 10% per effetto, soprattutto, del forte aumento dei prezzi dei permessi di emissione di CO2.

A Napoli Cingolani avrebbe bisogno di tutto il supporto per alzare la voce verso gli altri paesi fuori dell’Europa, in particolare verso la Cina, che continua a costruire centrali a carbone, ma anche verso gli Stati Uniti, il paese al mondo più energivoro in assoluto che è, come diceva Busch, tossicodipendente, addicted, da petrolio. Da noi la benzina costa in questi giorni 1,6 € al litro, quando negli USA, perché hanno tasse irrisorie, non arriva a 0,7, vantaggio che spiega perché le auto più diffuse da loro siano dei SUV da 6 mila di cilindrata, che con un litro di benzina fanno 6 chilometri, mentre da noi è sempre la Panda da 1000 di cilindrata che domina il mercato e che fa quasi 20 chilometri con un litro.

Più difficile criticare i cinesi, che aspirano allo stesso sviluppo che abbiamo fatto noi e che per raggiungerlo devono fare le stesse centrali, per lo più a carbone, che abbiamo fatto noi, ma ciò comporterà, inevitabilmente, un’inarrestabile crescita delle emissioni globali di CO2 che compenseranno ampiamente le piccole riduzioni che, casomai, riusciremo a fare noi.

Questi sono i veri problemi della transizione energetica che occorrerebbe affrontare con il resto del mondo, ma l’Europa continua a voler fare la prima della classe, sperando che sia sufficiente dare il buon esempio per ricondurre gli altri a rinunciare ai fossili.

Negli USA l’elettricità costa 6 centesimi di € al chilowattora, da noi, in Italia, circa 15, in media in Europa 12. Differenze importanti, destinate ad acuirsi nei prossimi anni con l’attuazione, più o meno coerente, degli obiettivi del Green Deal e del pacchetto Fit to 55 presentato il 14 luglio 2021 dalla Commissione.

Come non essere d’accordo con gli ambiziosi obiettivi ecologici, ma attenzione, come dice il ministro, a non farsi tropo male penalizzando la nostra economia. Speriamo che Napoli regali un po’ della sua grande saggezza.


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