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CIRCOSTANZA imprevista, accidente: è il significato della parola emergenza, secondo il dizionario Treccani. Ma può definirsi un’emergenza la drammatica siccità che sta devastando l’Italia, in particolare il Nord, con terreni inariditi, produzioni agricole bruciate e razionamenti di acqua? Questa torrida estate con la scia di devastazioni e incendi ha gli stessi contorni delle emergenze che hanno colpito il Paese per ben sei volte negli ultimi venti anni.

Così come non è una novità che gli acquedotti italiani siano dei colabrodo con perdite che arrivano anche al 40% al Sud. Tutto secondo copione dunque. Eppure si continua a parlare di emergenza. Per ora le misure di emergenza, appunto, sono scattate per cinque regioni del Nord, ma la Protezione Civile ha fatto sapere che il fronte si allargherà.

La fotografia della grande sete è rappresentata dal Po, ma anche Centro e Sud non respirano e fanno i conti con la penuria di acqua. E che il quadro per gli agricoltori non rappresenti una novità lo conferma un progetto “firmato” da Anbi e Coldiretti nel 2017. “Piano laghetti” il nome dell’iniziativa finalizzata ad assicurare acqua ad agricoltura, industria e cittadini grazie a uno stoccaggio in piccoli invasi sostenibili al 100%. Ma i laghetti non sono mai stati presi in considerazione.

Oggi, complice una situazione aggravata dal conflitto in Ucraina e dai prezzi impazziti, il Governo sembra pronto a mettere in pista le nuove strutture. E l’obiettivo è di realizzarne diecimila entro il 2030. Con i nuovi invasi si centrerebbero due obiettivi strategici: fornire acqua per aumentare la produttività agricola e contribuire all’autosufficienza energetica. I nuovi invasi potrebbero infatti diventare la sede ideale per pannelli solari galleggianti, ma anche per fornire energia idroelettrica. Il tutto senza consumare il suolo agricolo già scarso ed evitare ulteriori abbandoni e degrado.

Per molte colture agricole a causa dello stress idrico c’è il concreto rischio, ha denunciato ieri, il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi, in occasione dell’assemblea nazionale, di non riuscire a portare a termine la stagione a causa dell’indisponibilità d’acqua, con danni che hanno superato i due miliardi. Senza acqua non c’è agricoltura – ha detto – poiché in Italia è irriguo l’85% delle coltivazioni agricole. In ballo c’è un sistema produttivo che dal campo alla ristorazione vale 575 miliardi, il 25% del Pil e quattro milioni di occupati. Per questo, è stato ripetuto da tecnici e politici , è arrivato il momento di superare le criticità strutturali passando dall’emergenza alla programmazione. Lo ha detto il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, che ha ricordato come già nel 2014 sono stati ampiamente segnalati i rischi di riduzione della produzione agricola a causa dei cambiamenti climatici, l’insufficienza delle risorse idriche e gli incendi. Insomma tutto noto.

Per questo, secondo Curcio, dopo questa raffica di emergenze è necessaria una visione più ampia per mettere in fila le proposte. E ha anche suggerito di consentire alla Protezione civile di realizzare interventi necessari a evitare che certe emergenze possano ripetersi. Il vademecum stilato dall’Anbi prevede una gestione dell’emergenza coordinata a livello nazionale, l’ampliamento della superficie attrezzata con impianti irrigui collettivi come quelli gestiti dai Consorzi di bonifica che attualmente “servono” 3,5 milioni di ettari con sistemi innovativi.

Ma la priorità è l’aumento delle riserve idriche trattenendo l’acqua piovana autunno invernale con invasi polifunzionali che, tra l’altro, nelle zone di bassa montagna e collinari interne potrebbero rappresentare un argine al declino economico e allo spopolamento. Attualmente gli invasi esistenti sono 114 con una capacità di 1.089.757.200 metri cubi, con il primo stralcio del piano se ne potrebbero aggiungere subito 223 per ulteriori 652.467.000 metri cubi con un incremento del 40,12% della capacità. E 16.270 nuovi posti di lavoro. Potrebbero così essere serviti ulteriori 434.978 ettari.

Significativo anche il risultato sul fronte delle agro energie con 337 impianti fotovoltaici galleggianti e 76 idroelettrici per una produzione di 1,259 milioni di MWh all’anno di energie rinnovabili. Per il vice ministro delle Infrastrutture, Teresa Bellanova, è ora di pensare a “un grande piano acqua” che manca nel nostro Paese dagli anni sessanta. Oggi infatti si raccoglie solo l’11% dell’acqua piovana, mentre con le nuove strutture si potrebbe arrivare al 50%. Il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, ha sostenuto la necessità di una struttura in grado di affrontare l’emergenza in un’ottica strutturale per mettere a sistema così progetti e risorse.

Quanto ai fondi il ministro ha sottolineato che non tutto si può fare con il Pnrr perché per opere importanti e che ancora non partono non è possibile la rendicontazione entro il 2026. Patuanelli ha assicurato che dei 500 milioni stanziati per la meccanizzazione una parte potrebbe essere destinata a interventi finalizzati a migliorare la capacità di irrigazione delle aziende agricole. Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha rivendicato la lungimiranza nell’aver concepito un piano che “ora va attuato subito”. Senza acqua si riduce la capacità produttiva e dunque l’autosufficienza alimentare con un impatto pesante sui consumatori che dovranno subire ulteriori rincari.

Ha anche contestato le accuse mosse all’agricoltura sull’eccessivo consumo : “l’acqua utilizzata viene restituita e va a rimpinguare le falde”. L’aumento delle zone irrigue, secondo Prandini, rappresenta la prima risposta all’abbandono delle aree interne che è costato fino a oggi la perdita di 800mila ettari di terreni fertili. E infine un appello a sburocratizzare, perché senza semplificazioni si rischia, come spesso avviene, di non riuscire a spendere le risorse stanziate. I tempi ora sono stretti. Il gran caldo e la scarsità di acqua hanno già provocato un calo delle rese del 30% per mais e grano, minacciando anche i prossimi raccolti. Intanto gli agricoltori stanno facendo la loro parte, ha spiegato Coldiretti, con sistemi di irrigazione a basso impatto e colture meno idro-esigenti.


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