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La copertina dell’ultima monografia su Preti “Mattia Preti. Life and Works” scritta da Keith Sciberras

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KEITH Sciberras vive a Malta , ma con il cuore è in Italia, tra Roma e la Calabria, che ritrova ogni giorno guardando “La decollazione di Giovanni Battista” di Caravaggio nella concattedrale di La Valletta, e gli infiniti Mattia Preti nelle innumerevoli chiese. Keith Sciberras è il più italiano dei maltesi, e scrive dei pittori e scultori, anche meno conosciuti come Francesco Noletti, Melchiorre Caffà, Antonio Arrighi, come lui divisi fra Malta e Roma. Keith è un entusiasta contagiato e contagioso.

Amando Caravaggio gli è entrato dentro, lo ha capito di più di molti critici italiani, e ne ha inteso la contemporaneità: “L’opera che preferisco, quella di maggior impatto – dice – è la Decollazione. È un quadro potente che ogni volta che lo vedi ti mette brividi. È un quadro che non delizia gli occhi, ma delizia la mente e l’anima. Ogni volta che vedo questo quadro c’è questo forte impatto emotivo. Più ricerche fai sull’artista, più capisci che lui, da solo, ha cambiato la storia dell’arte. È raro che una persona da sola cambi la storia dell’arte”.

Questo premio è un battesimo, consacra Keith come italiano d’elezione, perché Malta è Italia: la storia dell’arte maltese del cinquecento, del seicento e del settecento è parte della storia dell’arte italiana. Le opere che hanno commissionato per Malta sono di qualità molto elevata. “Stiamo parlando – continua – di Caravaggio e Mattia Preti ma anche di Lionello Spada, di Francesco Romanelli. Abbiamo quadri di Battistello Caracciolo, quadri di Guido Reni ed altri. Nel campo della scultura abbiamo opere molto importanti di Alessandro Algardi, Domenico Guidi, la lista è lunga. Ecco, c’è questo bellissimo dialogo tra l’arte italiana e quella che si trova a Malta”. Sono parole sue, pensieri suoi, parole nostre, pensieri nostri.

Keith è intelligente, bravo, generoso. Unisce due nazioni in una sola civiltà Tra gli stranieri questo spirito fu solo di Denis Mahon, specialista di Guercino. Sciberras ha scritto l’ultima monografia su Mattia Preti, il grande pittore, nato in Calabria, a Taverna, e attivo, per più di quarant’anni, a Malta, “Mattia Preti. Life and Works”.

Si parte dalla figura della realtà, o dalla verità imminente, anche rispetto ai valori religiosi e ai trionfi della gloria di Dio che hanno sempre un aspetto di umanità. D’altra parte, Dio diventa uomo e, quindi, l’umanità si conferma il centro della religione cristiana. Lo stesso Dio che decide così di ridursi alla dimensione dell’uomo, come l’ultimo degli uomini per poi riscattarsi, tornando Dio, con la Resurrezione. Una chiave formidabile che nessuno interpreta meglio di Mattia Preti e che trasporta dalla dimensione essenziale, teologica e filosofica a quella del teatro.

Non c’ è pittore che abbia, infatti, più di Mattia Preti un senso teatrale, quello cioè di una grande scenografia, di una sterminata decorazione visibile soprattutto nelle chiese di Malta, isola dove vive gli anni della sua maturità. E dove non smetterà di dipingere come se la pittura fosse una continuazione della sua energia e del suo corpo, in una dimensione quasi come quella dell’Ulisse di Joyce, il racconto di una sola giornata del protagonista.

Ebbene, dalla letteratura alla pittura, la lunga giornata della vita di Mattia Preti è una giornata in cui non c’è mai requie. Difatti lui, nella sua vita, non si è fermato per un attimo, come se la pittura fosse il suo sangue, la continuazione dell’energia del suo corpo.

Non esiste città natale di un artista dove ci siano tante opere come a Taverna, tra chiese e museo, molte inviate da Malta, come documenta Sciberras. Evidentemente era incontenibile l’energia vitale di questo artista. La sua opera, poi, racconta di uomo che è stato anche pensatore formidabile perché non ci può essere grande pittura senza pensiero: si prenda il caso di Caravaggio. In ogni sua quadro noi vediamo pensiero nuovo rispetto all’iconografia.

Ebbene, anche Mattia Preti ha preso dal suo maestro l’idea che la pittura deve essere pensiero e non può essere soltanto un’iconografia che più o meno distribuisce santi e personaggi della tradizione cristiana sulla tela. Ci deve essere qualcosa di più. E insieme a questo, però, anche un racconto suggestivo: un grande teatro, un teatro del mondo che lo rende, così originale.

C’è quindi la tensione vitale che rende le forme del pensiero dell’artista’’. Dovunque voi vedete una “Susanna e i vecchioni”, un “ Concerto”, un “San Sebastiano”, una qualunque altra invenzione del Preti, esse hanno qualcosa che va oltre l’immagine individuando un volume, un pensiero profondo, un’essenza che è, in realtà, un modo assai originale di essere non soltanto pittore ma anche uomo di pensiero. E i tanti che hanno scritto su Mattia Preti, prima di Sciberras, da Alfonso Frangipane a me, non hanno mai compiutamente esaurito la sua conoscenza. E c’è ancora molto da raccontare e c’è ancora molto da interpretare.

In fondo celebrazioni e festeggiamenti sono stati utili per una migliore conoscenza di questo grande artista. La cui vita è una vita che, nonostante gli onori, ha avuto sempre il senso profondo di una missione religiosa, di cui l’arte è il primo strumento. La pittura è pensiero, è persuasione alla fede. Idea di Dio che si fa immagine. È “instrumentum dei”. Nessuno l’ha sentita propria come Sciberras.


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