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Illustrazione di Roberto Melis

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Connotata strutturalmente da proprietà emergenti –“non osservabili” almeno inizialmente – e caratterizzata da una radicale interdipendenza e interconnessione delle “parti” (che sono sempre “relazioni”) che la costituiscono, è capace di generare e auto-organizzarsi.

Irrefrenabilmente dinamica, irreversibile, imprevedibile, eterogenea e dissipativa nelle sue evoluzioni non lineari e caotiche; in grado di tenere insieme tensioni, processi, fenomeni, conflitti, ambivalenze, contraddizioni, paradossi, dimensioni apparentemente inconciliabili. In grado di far coesistere ordine e caos, equilibrio e instabilità.

Dialettiche aperte e ossimori esistenziali, confini che saltano, completamente, a vantaggio di zone ibride e traiettorie indefinite e indefinibili. Impossibile gestirla e controllarla e, sia chiaro, non è una questione terminologica e/o di verbi/parole alla moda.

Stiamo parlando della (iper) complessità che è caratteristica essenziale degli aggregati organici, in altre parole degli organismi viventi e dei sistemi biologici, sociali, relazionali, umani: sistemi complessi adattivi, molto ben strutturati, capaci di generare e di auto-organizzarsi, costituiti da parti che, nei loro molteplici livelli di connessione e nelle interazioni sistemiche, condizionano il comportamento e l’evoluzione, non lineare, dei sistemi stessi e degli ecosistemi di riferimento.

Il paradigma della civiltà ipertecnologica e iperconnessa, fondato sul presupposto della progressiva marginalizzazione dell’umano che, da sempre, implica e porta con sé le dimensioni essenziali dell’errore, dell’imprevedibilità e, soprattutto, della responsabilità, sembra poterci restituire anche una serie di rischiose illusioni (razionalità, controllo, misurabilità, prevedibilità, eliminazione dell’errore).

Tra soluzionismo tecnologico e datacrazia, tra nuovi riduzionismi e determinismi, all’insegna di una delega in bianco concessa, da tempo, alle tecnologie ed ai grandi interessi dietro, abbiamo controriformato le nostre istituzioni educative e formative nel tentativo, fuorviante e ingannevole, di poter simulare, misurare, prevedere, predeterminare tutto, anche il pensiero, i comportamenti, le interazioni, le forme della socialità e la stessa vita.

Confondendo, talvolta, educazione e indottrinamento, educazione e addestramento, e continuando ad educare e formare “meri esecutori di funzioni e di regole”, continuiamo a tenere separato qualcosa che è profondamente unito e interdipendente, incapaci di cogliere l’insieme, i legami, le connessioni, la bellezza, l’inatteso, l’imprevedibile, l’ignoto e, soprattutto, la natura sistemica e caotica del loro manifestarsi.


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