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di Gianni Mura

«AMICI sportivi all’ascolto, buonasera dallo stadio Meazza e da Sandro Ciotti. Ventilazione inapprezzabile, spalti gremiti, temperatura vicina allo zero se non leggermente al disotto. Squadre nella formazione prevista, con numerazione tradizionale. Ecco le formazioni. Inter: Matteucci; Vincenzi, Facchetti; Tagnin, Invernizzi, Picchi; Armano, Meazza, Lorenzi, Skoglund, Nyers. Allenatore Helenio Herrera. Milan: Ghezzi; Silvestri, Aldo Maldera; Liedholm, Rosato, David; Mora, Gren, Nordahl, Schiaffino, Cucchiaroni. Allenatore Nereo Rocco. Dirigerà l’incontro il signor Siro, anzi San Siro, da Pavia. Guardalinee Serafini e De Angelis».

Stretta di mano dei capitani a centrocampo. Meazza e Schiaffino.

Meazza all’arbitro: «Ohei, San, te brüsa ancamò?». «In che senso, Giuseppe?». «Che prima lo stadio si chiamava come te e adesso come me». «No, è successo nel 1980. Dal calendario dei santi di serie A mi avevano già tolto nel 1969. Santa pazienza ci vuole». Picchi chiede a Facchetti: «Cipe, te che sei arrivato da poco, com’è che c’è solo la radiocronaca di ‘sto derby?» «Perché hanno fatto le prove tecniche e in tv si vedeva male, come delle ombre». Skoglund a Liedholm: «Fa davvero molto freddo, Lidas, quasi come da noi. Ci sarebbe qualcosa di forte da bere per scaldarsi?» «Pensa a iocare, Nacka, iocando ti scaldi». «E se fai gol al Milan ti scaldi anche di più», s’intromette Lorenzi. «Dai, Veleno, è Natale» (Nordahl). «Proprio per questo, c’è più gusto. Pompiere, le renne le avete parcheggiate fuori?». «No, siamo arrivati senza». «Buon per voi, qualcuno ve le avrebbe rubate per mangiarsele». Gren: «Non dargli retta, sta scherzando». Lorenzi: «Scherzando una fava».

San Siro: «Benito, per favore, lo sai che non si potrebbe». «Scusa San, ma a quest’ora mica ci saranno bambini in giro». «Non importa, è la regola». «Ma se ho saputo che i bambini allo stadio gridano pure merda». Primo cartellino giallo a Lorenzi.

Nyers (per sdrammatizzare ma anche perché ha fretta): «Mister Siro, si potrebbe cominciare? Perché poi avrei un giro di poker». L’arbitro fischia l’inizio. «Taca la bala» è il grido che sale dalla panchina dell’Inter. «Aldo, dighe de non far monade là de drio», trasmette Rocco a Maldera.

Commento di Ciotti alla fine del primo tempo: «Anche se conclusi a reti inviolate, 45 minuti tra i più avvincenti degli ultimi anni. Grandi parate di Matteucci da una parte, di Ghezzi dall’altra. Più impetuoso il gioco dell’Inter, più ragionato quello del Milan, con Liedholm regista arretrato e Schiaffino a dirigere le operazioni in un settore più avanzato. Bene Invernizzi nel ruolo, per lui alquanto inedito, di stopper. A Nordahl concede solo due conclusioni dal limite, ben parate da Matteucci che compensa con l’elasticità la non eccelsa statura. Uno 0-0 avvincente, dicevamo, perché nel conto vanno messi cinque legni. Il primo colpito da Lorenzi in una furiosa mischia sottoporta, il secondo da Maldera con un tiro dal vertice destro dell’area, il terzo da Meazza con una maligna punizione da circa 21 metri, e qui è la traversa a salvare Ghezzi. Il portiere rossonero giustifica poi la sua fama di kamikaze uscendo sui piedi di Skoglund e smorzandogli la conclusione, che finisce sul palo esterno più lontano. Ancora una traversa per Cucchiaroni, che tira a botta sicura riprendendo una corta respinta di Matteucci su violenta conclusione di Liedholm».

Intervallo. Rocco: «Ben cussì. Commissione interna, el mister che saria mi pensa de scambiar le ali e de mandare Tito Ernesto da le parti de Giacinto, che i bassetti un po’ li patisse. E ti Roberto, muso d’angelo, ocio a Lorenzi, faghe sentir el fisico ma senza esagerar». Herrera: «Bene, ganaremos a sinistra. Don Pepin, hay que disfrutar la linea Facchetti-Nyers, che tiene un buen tirazo». Meazza: «Scior Mister, si sa che ho il piede freddo, mi hanno anche operato. Adesso li ho freddi tutti e due. El poeu minga mett denter el Gioanin Ferrari, che l’è brao anca lu?». «No, en primer lugar porqué no le conozco a Ferari, conozco solo la maquina, y segundo porqué no se pueden far cambios». «E perché, car el me Mago?». Arriva Facchetti: «Signor Meazza, non ci sono cambi perché noi, adesso, qui, come facciamo a farci male?». «Ah, già, che pirla». San Siro: «Come?». «Che perla, ho ditt».

Commento di Ciotti al termine. «Amici all’ascolto, adesso possiamo definirlo il derby più bello della storia. Una girandola di emozioni, di attacchi e parate. Due squadre decise a lottare per la vittoria. Contesa leale, va detto, pur con qualche scontro ruvido, dovuto anche alle condizioni del terreno, qua e là gelato. Altri cinque pali. Nell’ordine: Nyers al 5’, Nordahl al 16’, ancora Nyers al 23’, Cucchiaroni al 31’ e Lorenzi al 41’. Fino all’epilogo, degnissimo epilogo di una partita indimenticabile. L’arbitro fischia un rigore per il Milan al 45’. Dal campo. Tagnin: «Arbitro, fa scena, non l’ho neanche toccato». Mora. «Ah sì? E allora chi mi ha strappato la tunica?».

Lorenzi raccatta qualcosa dietro alla porta e la sistema sotto il pallone. Cucchiaroni: «Non vale, ‘sto trucco del mezzo limone l’hai già fatto una volta». Lorenzi: «Ti giuro che non è un mezzo limone». Infatti si tratta di una mezza arancia. «Calmi, lo tiro io», dice Liedholm. Prende la rincorsa, calcia rasoterra. Matteucci spiazzato. Traversa.

Triplice fischio finale. Herrera e Rocco si stringono la mano. «E adesso, Paròn?». «Faria un salto a Trieste». «Me può dare un passaggio fino a Venezia?». «Ndemo, e la me saludi la signora Fiora». A centrocampo, Liedholm accosta l’arbitro. «San, io ho tirato rasoterra e non mi è mai successo di prendere la traversa tirando rasoterra». «Lo so, Nils», ridacchia san Siro coprendosi la bocca con le mani, come ha visto fare in tv. «A te lo spiego, ma non dirlo agli altri. Avevo ancora da parte un po’ di miracoli. Il tuo tiro l’ho fatto deviare io, e anche in altri sei pali c’è il mio zamp, volevo dire la mia mano». «Ma così è una partita truccata», dice Liedholm. «Dunque alla moda. Ma nessuno indagherà su questo risultato, Nils. Lo sai il proverbio, no? Scherza coi fanti e lascia stare i santi. Mi lasceranno stare, appunto». «Ma perché l’ha fatto, San?». «Perché non posso dimenticare di essere stato il primo vescovo di Pavia e volevo fare un piacere a un amico».

E alza un braccio, verso la tribuna stampa, da dover giunge, flebile, il ticchettio di una vecchia Olivetti e poi una voce che detta: «Tibi gratias agimus, diva Eupalla, perché finalmente la partita perfetta, quella che finisce 0-0, come diceva anche il Dottor Sottile, al secolo Annibale Frossi, s’è concretata in un derby mediolanensis di rara bellezza».

«Adesso ho capito. Gianni Brera», dice Liedholm. «Proprio», dice San Siro, «e adesso andiamo, perché è proprio ora di andare».

Esterno stadio, ore 22.18. «Pino, ho sentito un rumore». «Sarà stata una pantegana». «No, dentro lo stadio. Qualcosa come un applauso». «Hai bevuto un bicchiere di troppo, Luisa. Non vedi che è tutto chiuso, tutto fermo, tutto buio? E sarà melio che muovi il culo, altrimenti perdiamo il tram».


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