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“Le Rivoltelle” e il concerto negato: e se avesse ragione la Chiesa?

È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio: parola di un esperto (di atomi) come Albert Einstein. E infatti in Calabria, dove non risulta che si siano raggiunti risultati ragguardevoli nello studio dell’energia nucleare, i pregiudizi sono duri a morire. Soprattutto quelli sugli orientamenti sessuali. L’omosessualità è vecchia come il mondo (certamente più delle due grandi religioni monoteiste che l’hanno perseguitata e continuano a farlo), ma per tanta gente è incredibilmente ancora un tabù. Una pratica sconcia e malata da estirpare. Talvolta, anche col sangue. Sì, la violenza contro gay e lesbiche non è una prerogativa esclusiva dell’Isis: anche dalle nostre parti non mancano episodi odiosi e inaccettabili, contro cui si dovrebbe reagire con più decisione.

Ma, violenza a parte, non si può fare di tutta un’erba un fascio. Non si possono trasformare i perseguitati in persecutori, le vittime in carnefici. L’obiettivo deve essere estirpare il pregiudizio e garantire a tutti la libertà sessuale (come quella di culto, del resto). Se si pensa di poter imporre a chi non la condivide la propria visione del mondo (qualunque essa sia), non si fa altro che prendere il posto dei conservatori di ieri, degli oscurantisti che ci hanno regalato secoli di medio evo. Di quelli che la nostra visione del mondo l’hanno combattuta, negandone il diritto ad esistere. Un discorso piuttosto banale, no? Così sembra, ma le apparenze come sempre ingannano.

E infatti si grida allo scandalo, dopo che da una festa patronale in una imprecisata frazione di Rossano è stato cancellato un concerto del gruppo calabrese tutto al femminile “Le Rivoltelle”. La ragione della presunta censura sarebbe nell’orientamento sessuale delle artiste, bollate come lesbiche. (LEGGI LA NOTIZIA)

Che la Calabria stia facendo dei passi avanti in un doveroso percorso di civiltà e libertà è innegabile, tanto da aver ospitato un gay pride. Ma qui la questione è diversa. Ed è proprio una questione di libertà. Di libertà della Chiesa. Di quella stessa Chiesa che sbaglia quando si intromette nelle vicende secolari, quando cerca (purtroppo spesso con successo) di limitare l’altrui libertà. Ma se lo Stato deve affrontare le questioni morali libero da condizionamenti religiosi e tutti dobbiamo batterci perché ciò avvenga, come si può privare la Chiesa di valutare secondo i propri valori nelle questioni di sua stretta competenza? A me che “Le Rivoltelle” siano lesbiche o eterosessuali non importa un fico secco.

E scenderei in piazza armato se qualcuno vietasse loro di incidere dischi o cantare in uno stadio. Ma sono convinto che chi si pone al di fuori delle leggi della Chiesa (che peraltro presto Papa Francesco potrebbe cambiare) non può pretendere di rientrare dalla finestra in una comunità religiosa che ammette ed esclude chi vuole. E chi pensa di avere il diritto di imporre i propri costumi sessuali a una festa patronale, si ricordi che legittima chi crede di poter orientare le leggi dello Stato secondo la propria visione religiosa. Perché è sempre tutto reciproco. Insomma, “Le Rivoltelle” (se sono effettivamente lesbiche) devono avere tutti i diritti di questo mondo, come donne e come cantanti. Ma non possano pretendere di imporre la loro visione del mondo alla Chiesa. Se non ne condividono i dettami, abbiano il coraggio di starne fuori, rinunciando tanto alle celebrazioni religiose quanto alle occasioni di lavoro ad esse connesse. Almeno fin quando la Chiesa non deciderà di cambiare idea o essere più flessibile.

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