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Bettino Craxi

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I figli e la moglie di Bettino Craxi hanno perso in Cassazione, in qualità di eredi con “beneficio di inventario”, il ricorso contro gli avvisi di accertamento per le tasse evase e da pagare su oltre 19 miliardi e mezzo di vecchie lire.

Il denaro era stato depositato sul conto svizzero International Gold Coast riconducibile al politico ed ex premier, segretario del Psi travolto da Mani Pulite e morto latitante ad Hammamet nel 2000.

Gli ermellini hanno condannato Stefania e Vittorio Craxi e la loro madre Anna a pagare oltre 20mila euro di spese legali. Gli avvisi di accertamento, del 1992 e 1993, hanno sanzioni per oltre 10 miliardi di lire.

Per la Cassazione – sentenza 19832 depositata ieri e discussa in udienza lo scorso sette luglio – non merita alcuna obiezione la decisione della Commissione tributaria regionale della Lombardia che con verdetto del 2014, rispondendo a un ordine emanato dalla stessa Suprema Corte nel 2011, “ha minuziosamente elencato gli esiti dei procedimenti penali paralleli (al processo tributario) che punteggiavano il suo percorso argomentativo”.

Con “dovizia di elementi”, secondo gli ‘ermellini’, la Ctr lombarda “ha composto un quadro probatorio (in cui spiccano le dichiarazioni rese agli inquirenti da Giorgio Tradati) che conferma la pretesa erariale e pone in rilievo il ruolo cruciale di Craxi, il quale almeno a partire dalla seconda metà degli anni ′ 80 (del secolo scorso), aveva fatto aprire all’estero a suoi prestanome, movimentava e gestiva, tramite ‘terze persone’, un conto corrente (il conto International Gold Coast) al quale affluivano i denari che ’qualche persona doveva far arrivare all’on. Craxi”.

È rimasto “privo di riscontro l’assunto difensivo” – sostenuto dai legali dei familiari di Craxi, gli avvocati Giancarlo Zoppini, Giuseppe Pizzonia e Giuseppe Russo Corvace – secondo cui il ‘percettore’, ossia il leader socialista, “al fine di eludere la tassazione personale, avrebbe retrocesso le somme al partito”.

Ritiene la Cassazione, sulla scorta di quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate e dai giudici tributari lombardi che hanno sviscerato il caso per due volte, che quel conto svizzero era “materialmente riconducibile al Craxi e non al partito”.

Craxi, delle somme versate sul conto estero – rileva il verdetto in base alle conclusioni tracciate dalla Ctr – “aveva la disponibilità esclusiva, come si confà al proprietario”, ed è negata “in radice” l’eventualità del “possesso” o del “compossesso” di quelle somme da parte del partito politico, la formazione socialista che dopo Mani Pulite non si è più risollevata.

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