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Lo spazio interno di Via Celentano 106

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Kunsthalle, termine tedesco traducibile in galleria d’arte, è il progetto sociale ed artistico di ricerca curatoriale durato 6 mesi, da maggio a ottobre, ideato da Antonio Ottomanelli, Gian Luca Bianco, Giovanna De Cillis, Ruggero Montrasi tra via Celentano e via Abbrescia, a Bari. Nella settimana appena trascorsa ha terminato la sua esperienza l’ultimo progetto espositivo con due i disegni dello scultore Nicola Carrino (Taranto, 1932 – Roma, 2018) e con le opere degli artisti palestinesi Elias e Yousef Anastas. Sono scultori che riflettono nelle loro opere d’arte pubbliche sulla deposizione delle rocce sedimentarie come metafora di archeologia identitaria. Il concetto di materia, che si modella in base alla pressione agente, si ricollega alla vocazione del progetto cornice, sotteso a Kunsthalle, che trova i suoi ciottoli madre in un incontro di vita proprio ad angolo tra via Celentano e via Abbrescia.

Giorgia Floro, 30 anni, architetto vincitrice della borsa di studio Premio Berlino del Mibact per Under 30 sul tema della rigenerazione urbana, e Ivan Iosca, 36 anni, architetto e cofondatore di La Capagrossa coworking a Ruvo di Puglia, nel 2017, hanno acquistato uno spazio a doppia esposizione a piano terra in via Celentano 106, un angolo in cui si incontrano il Murat, quartiere centrale di Bari, e il Madonnella, famoso per l’eterogeneità che lo rappresenta. In quest’area sono ancora forti le pressioni della speculazione: lasciar deteriorare i palazzi storici, nell’attesa di demolirli per realizzare più appartamenti, è una pratica ancora in atto.

Dopo un anno a Berlino, nel 2018, i due maturano questa consapevolezza e ben presto l’acquisto privato diventa un fatto pubblico: «All’Università ci hanno insegnato a progettare la città dall’alto – spiegano – ma sentivamo che qualcosa sfuggiva al controllo e questo era sicuramente d’interesse. “Rompete le righe” è l’evento con cui abbiamo invitato artisti, architetti, rigeneratori, a confrontarsi sul modo in cui un angolo potesse interrompere il passo del murattiano, e a immaginare scenari futuri che da questo luogo potevano attivarsi nell’intorno».

Alla fine del lockdown il locale era pronto per accogliere nuovi usi, ma le prime richieste reali d’affitto sono state un H24, il distributore automatico di merendine e bevande, un deposito. Le proposte ricevute non combaciavano con la posizione degli acquirenti: «Vogliamo che questo locale sia il luogo della possibilità – proseguono Giorgia e Ivan -. Per questo abbiamo accolto con entusiasmo il progetto di Antonio Ottomanelli, con l’esperienza di Kunsthalle Bari, e si può dire che ha portato ad ottimi risultati».

I luoghi della possibilità sono spazi ibridi, riutilizzati in maniera temporanea. Prima a Milano con il primo corso nazionale sul tema a cura di Temporiuso presso il Politecnico di Milano, e poi a Berlino con lo studio di architettura Raumlabor Berlin, Giorgia e Ivan avevano approfondito la ricerca sul riuso temporaneo degli spazi in abbandono o sottoutilizzati. «La consapevolezza acquisita sul tema a Berlino riguarda il ruolo del coinvolgimento dei cittadini nella gestione di una città – sottolineano -.

Berlino e la sua storia sanno bene cosa significa ricostruire il senso comune, e riconfigurare lo spazio, ma è una riflessione contingente in cui nessuno è escluso, neanche Bari». È in Puglia infatti che i due ritornano a sperimentare su questo tema, provando dal basso ad agire per il cambiamento desiderato. Bauen in tedesco significa abitare ma anche circoscrivere, avere cura. Questa sfumatura, negli interessi economici edilizi, è stata dimenticata e soppiantata dal senso di «costruire».

È una dimenticanza semantica che trascina dei cambiamenti decisivi dell’urbanistica: il modo in cui si abita e il modo in cui sedimentiamo e costruiamo il vivere quotidiano. Da Berlino a Bari. Ma i luoghi di confine o di zona franca, provvisori, sono sempre i più disponibili all’immaginazione e alla costruzione di futuri alternativi possibili.

Questo incrocio ha così raccolto interessi comuni, partendo da privati ispirati dall’estetica di Palazzo Valerio (l’edificio gemello sull’angolo opposto, da vent’anni in stato di abbandono) e dalle sentinelle culturali di confine come la Libreria Zaum, in via Abbrescia, ed Exp Records, negozio di musica in via Celentano, che si incontrano in modo naturale e sinergico all’angolo, in quello che riserverà Via Celentano 106.

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