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NAPOLI. A valle di una sconfitta che rappresenta l’imponderabile di questo gioco che distribuisce, soprattutto ai fans azzurri, più dispiaceri che gioie ( tutte legate a quella divinitá del calcio, che sarà osannato per l’eternità), le valutazioni da esprimere sul tecnico e sui calciatori riempiono trasmissioni sportive e quotidiani: è indispensabile sottoporre agli appassionati del Napoli, le vicende che hanno visto, quale interprete principale, il proprietario e titolare unico della società partenopea. Esimio Presidente, si profila all’orizzonte, anche sollecitato dalla tifoseria, il siluramento anche dell’attuale allenatore, dopo tre passi falsi che hanno compromesso, gettato al vento, l’ultimo traguardo di una stagione partita sotto il segno di una cavalcata vincente? Se così fosse, prescindendo dal “ritiro permanente”, chiesto dal mister e confermato dal calcio Napoli, non guarda al passato recente, ed anche remoto, al timone del team azzurro? Ha preso la società sull’orlo del fallimento, partendo dal basso, ha regalato due promozioni per fare apparire il vessillo partenopeo nella massima serie, ma poi ? Tanti allenatori, tante qualificazioni nelle coppe europee, Coppe Italia, Supercoppa, ma tricolori irraggiungibili, e “zero tituli” meno che meno al di là della frontiera.


Ripetere il ritornello ” dove vi ho presi, dove vi ho portato” non soddisfa alcuno, ora occorre dare risposte concrete alle decine di migliaia di tifosi che garantiscono presenze massicce sia in casa che in trasferta. Da Ventura a Reja, tecnici di categoria, idonei per acclimatarsi alla serie A, da Donadoni a Mazzarri, con bassi e alti, soprattutto con l’allenatore livornese, da Benitez, quest’ultimo garante di una dimensione davvero europea, soprattutto come mentalità, a Sarri, il trainer inizialmente ritenuto inesperto per la grande piazza, ma poi autore dello spettacolo più bello mai visto nello stadio di Fuorigrotta. Li ha allontanati non con grazia, ma con quello spirito di chi vuol esser al centro dell’attenzione, mal sopportando i riflettori puntati sul tecnico. La domanda che veniva ripetuta dai tifosi era : ADL vuole vincere oppure essere solamente competitivo per posizioni dai grossi introiti ( Champion’s League ndr)? Facciamo eco a questo interrogativo. Colpo di scena nel momento in cui sbarca nel capoluogo campano, il tecnico italiano più vincente della storia, Ancelotti, ma complice un atteggiamento ( lo riportano le cronache ndr) di suo figlio Edo, nasce una sommossa nello spogliatoio, nonostante una prova superba dei calciatori azzurri contro il Salisburgo in Champion’s. Da quel momento anche re Carlo prepara le valige, difende i calciatori, e smonta il feeling con chi gli dava del “bollito”, eppure sta dimostrando di essere ancora il migliore ( leggasi Real Madrid in semifinale di Champion’s e vincitore dello scudetto in Liga). E con Gattuso, confermato dopo esser subentrato a Carletto, la vittoria della Coppa Italia, ma non la qualificazione alla massima competizione europea, gli valgono la conferma, ma nel campionato successivo, le infinite polemiche con il Presidente, non nuovo a questo tipo di litigi, portano a non parlare tra di loro del futuro, fallendo anche il quarto posto, e niente Champion’s.

Ed ora Spalletti, idillio iniziale, come sempre, e al primo stop di un certo peso ( sconfitta con la Fiorentina ), i primi sentori di insopportazione, confermati con il pari interno con la Roma, acuito dopo il black out, targato Malcuit e Meret. Ora una considerazione è da farsi: Milan ed Inter, che lottano, testa a testa, per lo scudetto, hanno presidenti che non interferiscono con i rispettivi tecnici: sbaglino o vincano, le loro squadre, nessun commento, nessuna critica. Sarà un merito, oppure un comportamento scontato per lasciare che tutto trovi la retta via nell’ambito del lavoro del tecnico? Certamente, ma non a Napoli, dove C’è Laurentiis, pur essendo padre padrone, pretende, forse a ragione perché il denaro lo infonde lui, che si facciano più i conti del bilancio della società e del suo portafoglio, piuttosto che pensare a vincere qualche trofeo di peso. Bilancio invidiabile, dicono le valutazioni di esperti del settore, ma è stato un autogol parlare da mesi degli ingaggi da ridurre, di mancati rinnovi di contratti in scadenza? La risposta è affermativa, e alcuni di questi atleti, Malcuit in testa, ormai non hanno nulla da dare alla squadra. Insigne ha reagito già da tempo, pur impegnandosi per amore della maglia e della terra natía, deciso di espatriare, non tanto, o meglio, non solo per denaro, ma per incomprensioni con il suo datore di lavoro. Chiedere a Mertens, bandiera intramontabile di questa squadra, di accettare un ingaggio che rasenta un terzo di ciò che oggi percepisce, vuol dire non avere né cuore né amore per il Napoli e per la città, ma osservare tutto ciò che gli gira intorno, alla stregua di Zio Paperone, il riccone di Walt Disney. Peccato che gli arabi puntino ai club del Nord Italia ( il fondo del Barein che sta per acquistare il Milan ne è un esempio, dopo che cordate americane sono entrate nel calcio dello stivale ndr) e che abbiano rinunciato ad acquistare il Napoli: sarà mica per richieste esose e poco chiare ? Chissà cosa risponderebbe a questi interrogativi il buon ADL…..

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