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POTENZA – Devono difendersi dall’accusa di «epidemia colposa» i due ingegneri del Comune di Potenza che nei giorni scorsi hanno ricevuto un avviso di conclusione delle indagini per il caso di legionellosi di dicembre dell’anno scorso nel Tribunale nel capoluogo.

Sono Giuseppe Lisi, attuale dirigente dell’ufficio Gestione patrimonio – Manutenzioni e servizi tecnologici, e Canio Sileo, ex responsabile del Tribunale che ormai da tempo presta servizio per la Regione Puglia.

Al centro dell’accusa rivolta a entrambi c’è una nota del 2010 in cui sarebbe stato evidenziato il rischio Legionella negli impianti del Palazzo di giustizia. Una nota che non sarebbe stata presa nella dovuta considerazione.

Il fatto che ha dato il via all’inchiesta risale allo scorso dicembre quando un dipendente del Tribunale di Potenza si è ammalato e, si fatto concreto il sospetto che è stato il Palazzo di giustizia il luogo in cui l’uomo ha contratto la legionella (la legionellosi è causata dal batterio legionella).

Di qui sono partite le verifiche e le disinfestazioni. Anche con una certa riservatezza. Cosa che una volta che si è diffusa la notizia non è stata presa molto bene da chi lavora ogni giorno lì dentro. 

Ma che cosa prevedono le norme nel caso in cui si scopra un caso di “legionellosi”? «La legionellosi – si legge in un vademecum redatto dal Settore di Igiene e sanità pubblica della Regione Piemonte – è sottoposta a sorveglianza speciale da parte dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e della Comunità europea in cui opera il gruppo di studio Ewgli (European working group for legionella infections). In Italia sono state ratificate la notifica obbligatoria e l’istituzione di un Registro nazionale gestito dall’Istituto superiore di sanità con l’obiettivo di individuare il maggior numero possibile di casi e di raccogliere informazioni esaurienti circa fonte di infezione, quadro clinico, accertamento diagnostico e trattamento».

Quindi è prevista la «notifica obbligatoria». Che viene fatta all’Asp sicuramente. Ma non a chi quel Tribunale frequenta per diverse ragioni di lavoro. Almeno non a tutti. Fatto sta che qualcuno a luglio si accorge che in Tribunale hanno ritinteggiato le pareti, altri si lamentano del caldo perché l’impianto di aria condizionata non va.

Perché l’impianto di aerazione è spento? Per evitare che il batterio si diffonda.

«La legionella – si legge sul sito legionellaonline.it – penetra nell’ospite attraverso le mucose delle prime vie respiratorie, in seguito a inalazione di aerosol contaminati o più raramente di particelle di polvere da essi derivate per essiccamento o aspirazione di acqua contaminata. Una volta penetrati nell’organismo, i batteri raggiungono i polmoni».

Quindi delle precauzioni vengono prese subito. E molti si accorgono di quanto sta realmente accadendo solo dopo che l’Asp può affermare con certezza che il batterio, sempre se mai c’è stato in Tribunale e il lavoratore contagiato non l’ha contratto altrove, ora comunque non c’è più. 

Il metodo più diffuso per il controllo della legionella – ed è quanto viene fatto al Tribunale – è la disinfestazione termica. I batteri di legionella iniziano a morire a temperature superiori a 60° centigradi, quindi possono essere eliminati riscaldando l’impianto idrico contaminato.

Di fatto dopo quello di dicembre dell’anno scorso non si sono verificati altri casi. Quindi probabilmente le disinfestazioni hanno prodotto i risultati sperati.

l.amato@luedi.it

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