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Uno studio del Censis rilancia il problema del rifiuto delle cure: over-65 i più penalizzati, tra cure costose e liste d’attesa lunghissime. L’allarme della Uil Pensionati

POTENZA – «Non so nemmeno se ci campo, fino al giorno della visita…». È la frase con cui 9 volte su 10 gli anziani lucani si presentano allo Sportello ascolto inaugurato l’anno scorso dalla Uil Pensionati. È chiaro che, spesso, è la solitudine ad accentuare la loro sensazione di abbattimento psicologico, ma è un fatto che – in un Paese dove sempre più persone di rifiutano di curarsi, stando ai dati Censis rilanciati ieri a Venezia – il costo delle cure specialistiche unito a liste d’attesa lunghissime nel pubblico crea una graduale e inesorabile fuga dalla sanità, tanto più nella regione che invecchia a ritmi vertiginosi: il 27% dei lucani ha superato i 60 anni.

IMPOSSIBILE “EMIGRARE” «Da noi vengono sempre più over-65 a lamentarsi – racconta Vincenzo Tortorelli, segretario regionale Uil Pensionati –, ne riceviamo a decine e cerchiamo di aiutarli». Se un anziano di Potenza – spiega a mo’ di esempio il sindacalista – per farsi curare deve andare a Policoro, ma anche a Rionero, e non può fare affidamento su un familiare, ecco che scatta la rinuncia: sono micro-storie di persone che sfuggono pure dai dati dell’emigrazione sanitaria, visto che è un tipo di emigrazione che non possono permettersi. «I medici curanti fanno già una prima scrematura – aggiunge Tortorelli – ma in una Basilicata che invecchia a questi ritmi bisognerebbe fare prevenzione e legiferare. La Regione faccia presto sulla legge sull’invecchiamento attivo». Le audizioni in IV Commissione consiliare si susseguono (con appelli tipo «la non autosufficienza va affrontata con misure strutturali e non emergenziali») mentre migliaia di pensionati attendono una risposta.

BASILICATA TERZULTIMA Eppure – stando al quadro dettagliato per regione fornito dalla rielaborazione dell’assicurazione Rbm Salute su dati Censis 2016, presentata ieri a Venezia in occasione dell’evento “Secondo pilastro sanitario e Bilateralità territoriale nella prospettiva della Riforma del Titolo V della Costituzione” – la Basilicata non è messa malissimo: se i primi costretti alla rinuncia sono i campani (oltre 2 milioni di loro rimanda o rinuncia a curarsi, seguiti dagli 1,7 milioni in Sicilia, 1,5 milioni nel Lazio, un milione in Lombardia, 980mila in Puglia, 737mila in Calabria), a chiudere la classifica guidata dalla Lombardia ci sono Lazio, Sicilia, Basilicata, Sardegna e Calabria.

«Lunghe liste d’attesa, code agli sportelli e mancanza di coordinamento tra strutture, servizi e personale: questi i principali motivi di malcontento che spingono ben 11 milioni di italiani a rinunciare o rimandare le cure, pari al 20% della popolazione», ha spiegato Carla Collicelli, advisor Censis. Ma questa percentuale è molto diversa a seconda dei territori considerati: è appena del 12% nel Nord Est, del 15% nel Nord Ovest, sale al 18,2% se si considerano le regioni del Centro e tocca il 31,4% al Sud. «Sono sempre di più gli italiani che rinunciano alle cure», hanno insomma commentato gli autori del dossier parlando di un «triste spaccato» ricostruito grazie a dati inversamente proporzionali all’indice di Buona Sanità dei Sistemi Sanitari Regionali, realizzato a sua volta incrociando parametri come lunghezza liste d’attesa, rinuncia alle cure, risultati di bilancio, costo procapite della sanità privata e valutazione dei cittadini.

Su scala nazionale, la ricerca evidenzia il rilevante incremento della spesa sanitaria privata (che nel 2015 sale a 34,5 miliardi di euro, con un +3,2% rispetto al 2013), un parametro forse da incrociare con il numero degli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche: erano 9 milioni nel 2012 e sono diventati 11 milioni nel 2016.

In classifica, dopo la Lombardia – spiega Marco Vecchietti, consigliere delegato Rbm Assicurazione Salute – seguita da Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia. ». In generale è un quadro, commenta Federico Gelli, responsabile Sanità Partito Democratico, «da cui emerge la deriva iperfederalista che ha portato in questi anni all’aumento della distanza tra le regioni, con conseguenze dirette sulla vita e la salute dei cittadini».

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