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Troppo gas metano finisce nell’aria a causa di dispersioni in Basilicata e Sicilia. L’allarme di Legambiente

ROMA – «In Italia sono diversi gli impianti lungo l’intera filiera del gas fossile e del petrolio in cui si verificano emissioni di metano in atmosfera. Su 25 impianti monitorati tra Sicilia e Basilicata, in ben 13 i tecnici hanno individuato delle emissioni di metano significative: 15 casi di rilasci diretti (venting) e 68 perdite, per un totale di circa 80 punti di emissione individuati».

È quanto denuncia Legambiente che, alla vigilia della manifestazione per la Cop27, documenta la presenza di emissioni di metano in siti della filiera del gas fossile e del petrolio presenti nella Penisola. Per realizzare il monitoraggio, realizzato lo scorso ottobre nell’ambito della campagna di informazione e sensibilizzazione “C’è Puzza di gas”, i tecnici hanno utilizzato una termocamera a infrarossi “Flir Gf320”. Le immagini sono state raccolte in un video realizzato da Next New Media che l’associazione ambientalista ha diffuso ieri.

EMISSIONI DI GAS NELL’ARIA DELLA BASILICATA CAUSATE DA SCARSA MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI

«Emissioni silenziose e non visibili a occhio nudo, causate da una scarsa manutenzione degli impianti, da possibili guasti, ma anche alla pratica del venting (ossia il rilascio volontario e controllato di gas in atmosfera) e che, oltre a rappresentare uno spreco di risorse, costituiscono una minaccia per il clima. Il metano è, infatti, un gas fino a 86 volte più climalterante dell’anidride carbonica per i primi 20 anni dal suo rilascio in atmosfera», spiega l’associazione.

Legambiente torna così a chiedere oggi in piazza «più impegni concreti per il clima, con un accordo Cop27 ambizioso e giusto in grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5°C ed aiutare i paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica, e interventi concreti da parte dell’Italia per monitorare, controllare e ridurre le emissioni di metano. Ad oggi nella Penisola non esistono adeguati strumenti normativi che impongano un monitoraggio costante di quanto avviene nelle diverse infrastrutture e ciò rende complesso identificare e quantificare le fughe, ostacolando un’analisi dettagliata sull’entità reale del problema. Per questo è fondamentale che l’Italia adotti, in primis, una regolamentazione efficace e sistemi di controllo al fine di penalizzare le emissioni, e il conseguente spreco, di gas fossile».

LEGAMBIENTE: «RIDURRE LE EMISSIONI PUÓ FRENARE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO»

«In un contesto globale di lotta alla crisi climatica – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – una rapida riduzione del metano in atmosfera può portare ad una frenata del cambiamento climatico. Per questa ragione oggi è più che mai urgente intervenire per contenere le emissioni di metano fossile, ovunque queste si verifichino».

«Lungo l’intera filiera del gas fossile e del petrolio, infatti, sono presenti perdite di metano stimate tra l’1 e il 3 per cento del totale trattato, che oltre a rappresentare un nemico per il clima sono un enorme spreco, anche alla luce dell’attuale crisi energetica che viviamo. Sul fronte della politica energetica l’Italia, inoltre, deve abbandonare la strada delle fonti fossili rafforzata dalla ripartenza delle estrazioni di idrocarburi dai fondali marini tra le 9 e le 12 miglia dalla costa varata dal governo Meloni, e accelerare su rinnovabili, efficienza, reti, accumuli e sulla legge per eliminare i sussidi alle fonti inquinanti che ancora manca all’appello».

A livello normativo, aggiunge poi l’associazione, «non dimentichiamo che è in discussione al Parlamento e al Consiglio europeo un regolamento europeo finalizzato al tracciamento e alla riduzione delle perdite di metano». Per Legambiente, «il testo attualmente in discussione deve essere migliorato, prevedendo per esempio tempistiche più strette e norme stringenti per le importazioni di idrocarburi dall’estero».

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