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la scuola di Pomarico

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POMARICO – «Su 135 scolari delle elementari solamente 66 sono andati a scuola, mentre alle medie su 2 classi non in didattica a distanza solamente 6 alunni».
Sono questi i numeri della protesta contro il rientro a scuola in zona rossa andata in scena ieri a Pomarico. A riportarli è stata l’assessora all’Istruzione di corso Garibaldi, Beatrice Difesca.

«La protesta non è stata totale, ma abbiamo deciso di tenere a casa i nostri figli per quattro giorni così non ci sarebbe bisogno di certificato medico eppure potremmo dare un segnale al governo rispetto a scelte che non condividiamo».
Così l’assessora, che è anche madre di figli in età scolare e contesta impossibilità per i primi cittadini di «decidere autonomamente rispetto alla situazione locale se tenere chiuse o aperte le scuole eccetera».

I dati risultanti dall’azione dimostrativa rappresentano bene il clima che si respira soprattutto fra i genitori. Che comunque avrebbero sperato in un’adesione totale alla protesta.
«Dal mio punto di vista – commenta per esempio la mamma Maria Teresa Laterza – l’astensione a scuola di tutti i bambini di tutti i paesi critici della sperduta Lucania avrebbe potuto far arrivare il disappunto a Roma, che ci ha fatto tenere i bambini in casa, dichiarando la regione zona rossa quando vi erano al massimo una sessantina di casi in tutto il territorio regionale e adesso riapre quando la situazione è diventata davvero importante».

«E’ un anno – chiosa Laterza – che fanno sempre il contrario di tutto e adesso mi sarei rotta di piegare la testa».
Pina Lupo, invece, è tornata sul punto evidenziato da Difesca: «Pomarico, riaprono le scuole in zona rossa, mamme chiedono al sindaco la chiusura ma il signor Draghi ha tolto il potere ai sindaci quindi? Sarebbe stato auspicabile non mandare i propri figli a scuola almeno fino al termine della zona rossa ma molti genitori non hanno il coraggio di prendere decisioni azzardate».

Tra le voci fuori dal coro, invece, c’è Maria Montano. «Tutto è un rischio, compreso tornare a scuola adesso, ma – riflette Montano – ci dobbiamo assumere la responsabilità di comportarci coerentemente con questa situazione e cioè distinguere l’irrinunciabile dal rimandabile. Lavoro e scuola, oltre ad essere due necessità, sono due fonti di benessere, dignità e continuità di vivere tempo e spazio».
Montano, quindi, è stata tra le mamme che hanno mandato i figli a scuola.

«Io ho mandato mia figlia a scuola perché, giusto o sbagliato, la scuola chiama e noi rispondiamo. Abbiamo tra l’altro già riscontrato che insegnanti, personale e bambini fanno un grande sacrificio e rispettano severamente le regole».
Montano, inoltre, è testimone d’una certezza. «Mia figlia la didattica a distanza la vive male, non è mai tranquilla», racconta.

Entro la fine della settimana, comunque, si capirà se i genitori continueranno con questa forma di protesta, e in quanti, soprattutto. Senza dimenticare che il totale dei contagiati pomaricani è destinato ad aumentare con l’esito dei tamponi effettuati negli ultimi giorni, inclusi quelli somministrati ad almeno una ventina di bambini e bambine. Un elemento che aumenta le preoccupazioni diffuse, soprattutto tra le famiglie con prole. Forse per questo, ieri mattina, il plesso del quartiere “A. Moro” che ospita le classi della scuola primaria di primo e secondo livello appariva più cupo del solito.

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