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POTENZA – Sedici condanne a 202 anni di reclusione complessivi e un proscioglimento per prescrizione.

È questa la richiesta avanzata ieri a Matera dal pm Antimafia, Annagloria Piccininni, nel processo “madre” sul clan degli scanzanesi guidato dall’ex carabiniere Gerardo Schettino. Il primo di una serie scaturita dalla maxi-inchiesta di Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia sulla mala del metapontino, che a ottobre del 2018 portò al blitz in cui vennero arrestati in 25, seguito da una seconda retata con l’esecuzione di altre 21 misure cautelari.

Al termine di una requisitoria durata oltre quattro ore davanti al collegio del Tribunale materano, Piccininni ha chiesto la condanna a 28 anni di reclusione per il presunto boss Schettino, e a 26 e 22 anni per i suoi luogotenenti: Domenico Porcelli e Nicola Lo Franco di Nova Siri. Quindi a 18 anni per un altro ex carabiniere Maurizio Poci, e a 15 per Michele Puce, il pisticcese Piero Di Domenico, e il policorese Mario Lopatriello. Tutti accusati di far parte del clan.

Il pm ha indicato in 10 anni reclusione la pena più adeguata per le condotte contestate a un’insospettabile imprenditrice di Pisticci, Maria Montano, che avrebbe rappresentato la testa di ponte per l’ingresso del clan ne nell’affare della ricostruzione post-terremoto in Abruzzo. Il tutto grazie a un subappalto, destinato alla sua ditta, per la fornitura di caldaie all’impresa di un noto costruttore, sempre di Pisticci. Costruttore finito sotto estorsione del clan, che per gli inquirenti sarebbe stato “agganciato” da un’altra affiliata, Loredana Tauriello, con cui aveva allacciato una relazione sentimentale.

Per Tauriello è stata chiesta la condanna a 9 anni di reclusione.

Rischiano 8 anni e 6 mesi di reclusione, poi, il materano Domenico Melodia, e il policorese Giuseppe Latronico, da qualche anno residente a Pignola; 8 anni Pavel Federkiewicz; 6 anni Francesco Nicoletti e Giuseppe Schettino (figlio di Gerardo, ndr); e 4 anni Massimo Calò.

Per il solo Pietrantonio Marino, invece, è stato chiesto il proscioglimento per prescrizione.

Tra le accuse si parla di vari episodi di estorsione ai danni dei gestori di locali notturni di Policoro e Nova Siri a cui sarebbero stati imposti i servizi della ditta del materano Melodia e del concorrente Nicoletti.

Schettino e Porcelli sono accusati anche del tentato omicidio, ad agosto del 2013, del tursitano Rocco Russo considerato il capo di un’organizzazione criminale contrapposta nel «controllo del territorio». Oltre che dell’estorsione ai danni dell’imprenditore al lavoro sui cantieri della ricostruzione in Abruzzo, che avrebbe comunque pagato 20mila euro dietro la minaccia di incendi dei suoi capannoni e «attentati dinamitardi» sui cantieri, e ritirato la la querela sporta contro Lopatriello e Di Domenico, che lo avrebbero aggredito per tenerlo «in un continuo e costante stato di sottomissione».

In totale gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Potenza avevano individuato una decina di imprenditori vittime di estorsioni, intimidazioni con strani altarini allestiti nottetempo vicino a cantieri e capannoni, e aggressioni da parte di Schettino e soci. Nessuno di questi, però si è presentato né in udienza preliminare. In dibattimento, invece, si è costituito il solo Comune di Scanzano, in seguito commissariato proprio per presunte infiltrazioni del clan all’interno dell’amministrazione.

Sempre in udienza preliminare, a luglio del 2019, il gup di Potenza Ida Iura aveva già inflitto 10 condanne per 22 anni di reclusione complessivi ad altrettanti imputati che avevano optato per il rito abbreviato.

Dopo la discussione del pm il Tribunale di Matera ha rinviato il processo per l’inizio delle discussioni delle difese al 19 maggio, fissando un calendario di udienze fino al 6 giugno prossimo.

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