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Intervista al deputato Arnaldo Lomuti (M5S), una la parola chiave per convincere gli elettori: «Credibilità, basta coi trombati alle elezioni nei posti chiave»

POTENZA – Un’alleanza col Partito democratico si può fare, nella consapevolezza che soltanto assieme c’è la possibilità di giocarsi la partita delle prossime elezioni in Basilicata. Anche se dovesse verificarsi quanto sostengono le «fonti romane», che escludono una ricandidatura del governatore in carica, Vito Bardi. Ma serve «credibilità», per sottrarre al “non voto” chi potrebbe regalare a questa nuova coalizione giallo-rossa la vittoria nelle urne. A partire dalla scelta del candidato governatore, e dei candidati sindaci di città come Potenza. Magari consegnando per la prima volta a una donna la guida della giunta regionale e dell’amministrazione comunale del capoluogo.

Non ci gira più attorno il deputato nonché coordinatore regionale del Movimento 5 stelle, Arnaldo Lomuti, mentre si fanno sempre più evidenti le manovre nei vari schieramenti politici in vista dell’appuntamento con le urne della prossima primavera. Alla vigilia di un’estate che buona parte della politica lucana trascorrerà a fare e disfare liste e schieramenti, per arrivare nelle migliori condizioni possibili alla resa dei conti.

Anche l’ultima tornata di elezioni amministrative in Basilicata ha visto tanti vincitori e nessun perdente. Solo il MoVimento 5 stelle è rimasto in silenzio dopo aver perso a Ripacandida dove il sindaco uscente era un esponente pentastellato. Ammettete la sconfitta?
«Una delle cause della perdita di consensi del movimento è proprio la scarsa presenza a livello locale, non per colpa degli attivisti ma per l’assenza di una struttura organizzata. Per questo stiamo accelerando sulla costituzione dei “gruppi territoriali”. E’ la cosiddetta “fase 2”. Stiamo creando un posto in cui ciascun iscritto prende parte attiva allo scambio e al confronto sulla vita politica interna del movimento nella propria comunità locale e tramite il quale si interfaccia con tutti i cittadini, ai quali spalanchiamo porte e finestre. Saranno nominati dei referenti territoriali che avranno il compito di favorire la discussione, il confronto e lo scambio di idee politiche tra gli iscritti, sviluppare iniziative e progetti anche finanziati dal M5s e inoltrare proposte progettuali e iniziative. Certo, tutto questo non basta ma credo sia un grande passo per essere funzionali e inclusivi a livello comunale, dove soffriamo di più. A breve partiremo con i gruppi territoriali di Potenza, Matera e Lauria. Ma già altri sono in fase di completamento».

A proposito, a Lavello ha vinto un candidato, Antonio Carretta, sostenuto da un fronte trasversale ai vari schieramenti, inclusi due consiglieri comunali uscenti del Movimento che comparivano nella sua lista, e lei ha sconfessato per questo, ma comunque non sono stati rieletti. Quindi, per capirsi, lì i 5 stelle hanno vinto o hanno perso? Carretta è anche il vostro sindaco?
«Spero che Carretta sarà il sindaco di tutti i cittadini di Lavello e non solo di chi l’ha votato. A Lavello sono mancati i presupposti per partecipare a questa importante competizione e insieme agli attivisti è stato deciso di non aderire a nessuna lista civica. Questo nel mentre i due consiglieri comunali uscenti del M5s, decidevano autonomamente di entrare in una lista di forte connotazione leghista e capeggiata di fatto da un imprenditore locale. La reputo, in primis, una condotta irrispettosa verso quegli stessi attivisti che 5 anni fa li hanno sostenuti e fatti eleggere. E poi è stata una mossa punita dai cittadini, anche perché del tutto insensata, tanto che sono stati gli unici due non eletti in una lista vincente. Devo dire, invece, che ho incontrato gli iscritti di Lavello immediatamente dopo le elezioni. Ho ritrovato un gruppo di persone per bene, preparate e pronte a mettersi nuovamente in gioco attraverso la costituzione di un gruppo territoriale. Quindi, forza ragazzi».

Dal voto del 15/16 maggio ci si attendeva anche un’ultima indicazione sull’orientamento politico dei lucani in vista delle elezioni regionali del 2024. Lei ha idea s’è fatto al riguardo?
«Partiamo da un presupposto, laddove si è andati uniti ad altre forze di centrosinistra, i risultati sono stati positivi e incoraggianti. Dove si è andati in ordine sparso, i risultati, almeno per noi, sono stati deludenti. E’ un dato sul quale tutti devono ragionare. Insomma, in Basilicata la partita è totalmente aperta non solo in vista delle regionali ma anche per le elezioni comunali e l’anno prossimo saranno una cinquantina circa che andranno al voto».

Giusto qualche giorno prima dell’apertura delle urne lei ha pubblicato un post sulla sua bacheca Facebook alquanto critico in cui in riferimento alle regionali del 2024 parlava di qualcuno che si fa i film senza gli attori protagonisti. Con chi ce l’aveva?
«Nessuno in particolare. In quei giorni giravano diversi articoli su accordi e nomi di candidati alle prossime regionali e questo ha comportato che ricevessi numerosi messaggi di richieste di spiegazioni, alcuni anche con toni accusatori. Dopo quel post hanno smesso di scrivermi».

Se oggi uno dovesse ripensare alle campagne elettorali degli ultimi governatori difficilmente ricorderebbe qualcosa in più degli slogan sulla Basilicata da liberare o il governo del cambiamento. Lei cosa crede che possa convincere i lucani ad avventurarsi lungo una nuova strada?
«Dovremmo prima chiederci qual è l’idea di Basilicata di Bardi perché a mio avviso non ne ha una. Il centrodestra in Basilicata ha fallito e non saranno gli slogan o le vittorie di Pirro a salvarli dal giudizio dei cittadini. Oggi la Basilicata è ancora più povera di prima, lo dimostrano i dati sui nostri giovani che vanno via. Prendiamo poi la sanità, altro fallimento della giunta Bardi. Noi vogliamo le competenze e le professionalità, loro premiano le appartenenze e il risultato è che la nostra sanità lucana è al catafascio. E poi registriamo fallimenti ovunque, dal mondo produttivo alla questione energetica, passando dal tema ambientale dove hanno dimostrato tutta la loro genuflessione ai poteri forti. Sul Pnrr un disastro. Hanno aumentato le disuguaglianze. Hanno messo in pratica la teoria dell’invarianza, cambiare tutto per non cambiare niente. Per non parlare dei trasporti, sulla Basentana sono cresciuti gli alberi. La nostra non è una regione difficile da amministrare, serve solo fare scelte giuste, iniziando dalle competenze. Iniziamo a smetterla di premiare trombati dalle elezioni nei posti chiave, altrimenti non si ripartirà mai e qualsiasi idea sarà buona soltanto sulla carta. Noi vogliamo una Basilicata che reagisca con intelligenza alle sfide di un mondo globale. Serve un ventaglio di proposte e idee che ponga al primo posto il benessere dei cittadini e non soltanto di quelli amici. Serve un’efficace transizione ecologica, che possa gradualmente orientare l’intero sistema produttivo verso la cultura della sostenibilità. Serve un’economia sociale, più umana che consideri il lavoro non solo come una fonte di reddito ma anche di dignità. C’è tanto da mettere in campo e lo faremo mostrando ai lucani le nostre idee in un programma condiviso e inclusivo. Purtroppo è soprattutto una questione culturale e discutere di principi di buona amministrazione con quelli del centrodestra è tempo perso. Il punto è far tornare i cittadini a votare. La Meloni guida il Paese con il consenso del solo 25% degli elettori. Qualcuno dovrebbe ricordarglielo quando urla blaterando sul consenso degli italiani. L’astensionismo dal voto è una vera e propria piaga sociale. Per attenuare questo fenomeno non servono soltanto le idee ma bisogna inserirle in un progetto credibile. La credibilità è tutto. Io sono convinto che una visione sistemica della politica, e intendo quella del benessere collettivo, per essere credibile debba poggiare su 3 pilastri essenziali: la fiducia, l’identità e la speranza (concreta) per il futuro. La fiducia serve per l’attività economica e alla vita sociale. Per avere investimenti nel capitale umano e in quello fisico, serve che persone e aziende abbiamo fiducia nel futuro, altrimenti, verranno meno anche il senso di coesione e di comunità. Poi c’è l’identità, intesa non come esclusione del diverso, bensì come senso di appartenenza alla propria comunità. Questa è una condizione imprescindibile per rafforzare i vincoli di solidarietà. Non solo, un senso sano di identità è il carburante per la cura e la custodia del nostro patrimonio naturale e artistico. Parlo degli ambienti, dei territori e dei paesaggi nei quali siamo nati e cresciuti. In un Paese in cui l’identità delle comunità produce fiducia tra le persone e nelle istituzioni, ciascun cittadino è in grado di costruire il proprio futuro. Ecco, quindi, la speranza concreta. La speranza non va venduta ma costruita, altrimenti, questa parola potrebbe diventare una trappola per i cittadini, un raggiro della politica. Molte volte basta applicare la Costituzione a partire dall’Articolo 3».

I due consiglieri regionali M5s in carica sono entrambi alla fine del secondo mandato. Potranno aspirare a un terzo?
«In questi giorni, gli iscritti, attraverso il voto on line, hanno aperto alla possibilità per i parlamentari ad un terzo mandato come sindaco. Penso che sia estendibile anche ai regionali. La regola del limite dei due mandati si fonda su un principio di garanzia per i cittadini, affinché gli eletti possano dedicarsi al bene del Paese, senza lasciarsi distrarre dai propri destini personali. Vero è che dall’altro lato perdiamo competenze preziose, difficili da recuperare o sostituire nell’immediato e i tempi in politica sono tutto. Ma questo è. Parliamo di una regola che vale per tutti, anche per me».

Questa regola dei due mandati vale solo per i 5 stelle o pensa anche gli eventuali alleati debbano attenervisi?
«In caso di accordi per una forte coalizione che contrasti e che batta l’attuale compagine di centrodestra, non credo sia praticabile imporre agli altri partiti le nostre regole, ma ovviamente chiederemo garanzie su principi che per noi sono invalicabili».

Per capirsi, per ex parlamentari ed ex governatori, penso a Salvatore Margiotta, Vito De Filippo e Marcello Pittella, come la si mette?
«Il punto è capire come attrarre l’elettorato, soprattutto quello che ha rinunciato ad andare a votare. Posso dire soltanto tornare a dire che se si vuole vincere, bisogna offrire ai cittadini un progetto credibile a 360 gradi. I nomi che mi avete fatto sono persone molto intelligenti».

A che condizioni è possibile un’alleanza tra 5 stelle, renziani e calendiani?
«Ad oggi nessuna. Ma lo dicono gli stessi Renzi e Calenda. Il primo, tra l’altro, è totalmente inaffidabile. Parlo dell’amico del principe Bin Salman, quello indicato dall’Onu come il mandante dell’assassinio del giornalista dissidente Khashoggi. Avevamo un governo, quello del Conte 2, che funzionava bene, che aveva messo in campo ogni sforzo per affrontare e uscire dal disastro sanitario e finanziario della pandemia da Covid 19, che aveva portato il Paese ad avere il Pil più alto d’Europa senza, però, dimenticarsi delle fasce più deboli, che aveva portato a casa 209 e passa miliardi dall’Europa e questo grazie alle relazioni che aveva costruito con la sua diplomazia il presidente del Consiglio Conte e a un certo punto arriva uno sfasciacarrozze con il 2% che ha buttato all’aria quel governo, non perché faceva degli errori ma per i meriti che aveva. Un’azione da sicari per sfasciare un’alleanza che se fosse andata avanti avrebbe raccolto i frutti che già stava raccogliendo con risultati importanti. Dopodiché i media nazionali hanno attivato una campagna di balle su un fallimento della politica inesistente. Tutto questo in un momento di grande emergenza. Noi non ce lo possiamo dimenticare».

Il sistema elettorale regionale, nella ripartizione dei seggi, incentiva la divisione tra i perdenti. In caso di sconfitta, insomma, potrebbe essere premiata la scelta di 5 stelle di correre da soli piuttosto che all’interno di una coalizione con Pd e altri. Non sarà mica per questo gioco a perdere che siete contrari a un’alleanza?
«Il MoVimento 5 stelle è differente. Noi non attuiamo giochi di vecchia politica per ottenere il miglior risultato possibile per la nostra compagine politica. Noi vogliamo confrontarci con tutti e innanzitutto con il mondo civile, con le associazioni, con i comitati che quotidianamente affrontano e combattono con coraggio i problemi della vita reale. Qualunque sarà la nostra scelta, anche se sarà quella di correre da soli, sarà determinata esclusivamente da un obiettivo: il bene dei cittadini. Ripeto, non chiudiamo la porta a coalizioni che presentano progetti credibili».

Non teme che una divisione col terzo polo guidato dall’ex governatore possa risultare determinante per la vittoria del centrodestra come è avvenuto alle politiche di settembre dell’anno scorso?
«Il terzo polo non esiste. È un mostro a due teste che si odiano tra loro ma che sono impossibilitate a dividersi, altrimenti morirebbero entrambe. E anche uniti, Renzi e Calenda portano in dote percentuali irrisorie. Diverso è lo stato di fatto dei leader di Azione e Italia Viva in Basilicata, dove il primo può tranquillamente staccarsi dal terzo polo senza che subisca danni di sorta. E comunque credo che con il Terzo Polo di Calenda e Renzi, oggi abbiamo poco o nulla da condividere. Cito le parole dei leader di Azione e Italia Viva».

L’anno prossimo si voterà sia per la Regione che per il Comune di Potenza. Lei che profili immagina per il candidato sindaco e il candidato governatore? Uomo o donna? Civico o con un’esperienza politica alle spalle?
«Come accennavo, l’anno prossimo sarà molto impegnativo per tutti perché in Basilicata andranno al voto una cinquantina di comuni e tra questi Potenza, oltre, ovviamente, all’appuntamento delle regionali. Eviterei una spartizione tra regione e capoluogo a prescindere. Oltre le persone serve un programma al quale si possa mantenere fede una volta eletti. Il programma elettorale non è una formalità da compilare come spesso fa la politica. È un patto con i cittadini e va rispettato. Civico o politico non ha molta importanza anche se preferirei un volto politico, con esperienza positiva alle spalle di buona amministrazione. Abbiamo molti esempi negativi di candidati presi dal mondo civico. Bardi è sicuramente uno di questi anche se non mi preoccuperei di lui, dato che fonti romane dell’ambiente di centrodestra escludono una sua ricandidatura. Per il resto, uomo o donna non ha importanza, ciò che conta sono le competenze, la serietà, il senso di legalità e la lungimiranza. Certo, sarebbe bello avere per la prima volta a Potenza e in regione un sindaco e un presidente donna».

Nell’ambito un’ipotetica alleanza, è ragionevole pensare che la candidatura a governatore venga lasciata al Movimento, e quella a sindaco di Potenza al Pd? O viceversa.
«Potrebbe accadere come non potrebbe accadere. La logica delle spartonze non ci interessa, anche se comprendo che non è questo il senso della domanda. Dico che Potenza ha bisogno di voltare pagina così come ne ha un disperato bisogno la regione. Mentre il mondo si evolve velocemente non possiamo permetterci il lusso di votare per altri 5 anni la politica del tirare a campare. Dobbiamo lavorare nell’interesse dei potentini e dei lucani. Questo vuole dire scegliere le persone migliori, indipendentemente dalle bandiere e come ho già detto, a nostro avviso è preferibile una figura politica di esperienza».

Ha già avuto modo di confrontarsi sul da farsi col segretario regionale del Pd, Giovanni Lettieri?
«Ho incontrato diverse volte il segretario del Pd Lettieri. Di primo acchito, abbiamo vedute comuni su diversi temi, primo tra tutti quello dell’Autonomia differenziata. La famosa marchetta di Fdi alla Lega a danno dei cittadini, soprattutto lucani. In generale sto interloquendo con diversi rappresentanti di comitati e associazioni che da tempo rappresentano le istanze di una moltitudine di categorie di cittadini presenti nel nostro territorio. Con Lettieri credo che ci rivedremo a breve e con con più assiduità, quanto meno per verificare la fattibilità di un progetto comune. Ovviamente non ci siamo soltanto noi e il Pd. Purtroppo, in questi giorni siamo siamo impegnati con la costituzione dei gruppi territoriali e con la grande manifestazione che stiamo organizzando a Roma il 17 giugno. Il Movimento 5 Stelle torna nelle piazze e nelle strade per manifestare contro le nefandezze del Governo Meloni in materia di lavoro. Vogliamo contrastare una riforma articolata e scadente. Loro se la cantano e se la suonano a reti unificate ma in realtà hanno introdotto maggiore precarietà, voucher, e in più hanno tagliato la spesa sociale per quanto riguarda le persone in difficoltà, quelle sulla soglia di povertà, accusandole di essere divanisti. Però sono riusciti a trovare soldi per maggiori forniture militari, per più armi e munizioni, per alimentare questa escalation militare del conflitto russo-ucraino. Sono queste le politiche del governo Meloni che vogliamo? Noi no».

Nei giorni scorsi la procura di Torino ha chiesto la condanna a 9 anni di carcere per Luca Pasquaretta, il giornalista lucano coinvolto nell’inchiesta sulla presunta estorsione all’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino. E’ vero che attualmente è un suo collaboratore?
«No. Conosco Luca da molto tempo. Nel suo campo è un professionista. Per un breve periodo, durante la scorsa legislatura, dato che non avevo un addetto alla comunicazione, gli inviavo i miei comunicati stampa in modo da utilizzare la sua mailling list per i giornali nazionali ali e locali. Fu lui stesso a frenare su una eventuale assunzione per un rapporto collaborativo più ampio, proprio a causa di questa pendenza giudiziaria. Col senno di poi devo dire che ha avuto ragione. In merito all’inchiesta, spero che tutto si risolva nel migliore dei modi, ribadendo piena fiducia nella magistratura».

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