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I funerali di Angela Ferrara ieri a Cersosimo (foto di Vincenzo Diego)

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Anche alcuni primi cittadini calabresi nella chiesa gremita. Guccini e lacrime per la Ferrara. La madre, ferita nell’agguato e ancora debilitata, non ha potuto partecipare

CERSOSIMO  (PZ) – Ieri pomeriggio i funerali di Angela Ferrara, la “Poetessa dei bambini” uccisa a soli 31 anni dal marito Vincenzo Valicenti in un momento di follia. Era una mattina serena, assolata, come poche volte a metà settembre, con il profumo di fiori che si arrampicano su un vecchio muro, sul ciglio della strada. Sino a pochi giorni fa la via delle passeggiate, dei sorrisi, dei saluti sinceri, di tenerezze; oggi la strada della malinconia, di vite bruciate, del fiore reciso, fresco, bello, di occhi chiusi in fretta e per sempre. Una vita breve, quella di Angela: poetessa, scrittrice, amica dei più piccoli, ma soprattutto mamma affettuosa, premurosa, dal sorriso largo, solare, come i suoi occhi brillanti, illuminati dal sole di mezzogiorno che ricordavano tanto l’acqua azzurra del mare. Un mare grande il suo, come la bontà. In queste ore sono proprio i più piccoli a tracciarne un profilo meraviglioso. Si ascoltano bellissime storie raccontate da chi l’ha conosciuta. Le feste, il teatro, la sua bellissima voce, accompagnata dalla sua inseparabile chitarra. Gli appuntamenti nella “Sala castello”, sotto i pini e la collina o nella canonica a parlare di Gesù, della Sua vita, del messaggio di pace che rende liberi e felici.

Ecco perché ieri sera c’erano tanti bambini, c’era tanta gente. Persone venute per l’ultimo saluto dai paesi vicini. Tanti sindaci della Val Sarmento, del Senisese, persino dalla vicina Calabria, oltre all’assessore regionale Roberto Cifarelli. La piazza del paese, quella del Milite ignoto, era gremita come mai vista prima, e così le vie vicine e il sagrato. Angela arriva da Chiaromonte, il suo ultimo viaggio. I familiari più stretti composti nel dolore. La madre non è qui, ancora troppo debole. Il padre piange la perdita della giovane figlia: testa china, corpo piegato di lato, schiacciato dal peso di un mondo che in un attimo gli è crollato addosso. Una figlia che non vedrà più.
In chiesa non ci sono posti, i tricolori dei rappresentanti di tante comunità sono la presenza concreta di uno Stato che non riesce a fermare un bollettino di morte che si allunga di giorno in giorno. Don Giacinto Giacobino ha celebrato le esequie, affiancato dai parroci delle parrocchie vicine. Durante l’omelia chiede al Signore dove fosse quella mattina, lo grida forte, lo invoca. Parla da uomo: «Dio, mio Dio, perché non hai fermato quella mano, perché ci hai abbandonato!».

Don Giacinto dà voce ai tanti perché, ai misteri della fede, una fede che continua a guardare al crocifisso che garantisce comunque luce, speranza e vita. Angela, ha sottolineato, è stata esempio di bontà, donna mite, poetessa, scrittrice intelligente, amava tanto i bambini, lascia un grande vuoto, nel nome di un amore che è dono, non possesso che porta inesorabile alla morte. Sono certo – ha sottolineato con forza – che continuerai a sorridere su tuo figlio e sul tuo paese; mentre i versi di una canzone di Francesco Guccini, che Angela amava molto, ricordate da Don Giacinto, hanno riempito la chiesa e commosso la folla. Davanti l’altare, la testimonianza di tante associazioni, forte la condanna della violenza contro le donne, tanti i fiocchi rossi, mentre toccanti sono stati i messaggi dei compagni di scuola, degli amici. Il sindaco, Antonio Armando Loprete, ha parlato del dolore che ha colpito tutti, ricorda la magnifica figura di Angela, «punto di riferimento per le iniziative sociali e culturali», una perdita immensa, grande, un vuoto incolmabile. Poi parole di speranza, di pace e riconciliazione. I più piccoli si rivolgono al “Caro Angelo volato lassù”. Le voci scandiscono parole sincere: «Avevamo ancora tante cose da dirci, tante poesie da scrivere, tanti libri da pubblicare, tante recite da fare. Ci mancherà il tuo sguardo profondo che esprimeva mille parole e mille pensieri, ci mancherà il tuo bel sorriso, stampato sempre nel tuo bel viso».

Dalla loro bocca un ritratto sincero, che esce dal cuore, il cuore buono di chi non sa e non può mentire, di chi ha visto in lei in questi anni un’educatrice, una confidente, un’amica che dava sicurezza, coraggio, certezze, che sapeva parlare come poche al cuore, che spingeva ad andare avanti sempre e comunque, che insegnava ad accettarsi, che guidava attraverso sentieri sicuri, dove l’orizzonte il più delle volte era l’infinito, i prati, i boschi, i colori tenui e freschi del Pollino. Un finale non da sogno, questo di Cersosimo, non da mille e una notte. Non ci sono principi azzurri dal dolce bacio, i protagonisti non vivono felici e contenti, ma separati anche nella morte. Solo chiudendo gli occhi, solo le carezze, i sorrisi, i racconti per i bambini leniranno un giorno il dolore, e a quel punto il sole, si spera, tornerà di nuovo a splendere.

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