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Dino Viscardi

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Comincia il processo a Potenza sulle cave selvagge in alcuni comuni lucani. Tra le contestazioni spunta la morte del 45enne Viscardi, nel 2023 a Brienza


POTENZA – C’è anche la morte del 45enne Dino Viscardi, ad aprile 2023 Brienza, tra le contestazioni per cui ieri mattina è iniziato a Potenza il processo nato dall’inchiesta su favoritismi e corruttele nell’ufficio Cave della Regione Basilicata.
Di fronte al gup Ida Iura sono comparsi i legali dei 15 imputati, 14 persone e 1 società, che devono rispondere di 17 diversi capi d’accusa.
Ad aprile 2023, infatti, erano state disposte misure cautelari nei confronti di 3 dipendenti dell’ufficio cave e 2 imprenditori per corruzione, tentata concussione e falso in relazione alla gestione di diverse cave sparse tra i comuni di Gorgoglione, Balvano, Venosa, Genzano, Matera, Montescaglioso. Proprio in quei giorni, però, si era consumato un tragico incidente in una cava di Brienza.

Di qui la decisione del pm Elena Mazzilli di chiedere il rinvio a giudizio per quelle contestazioni originarie, epurate della posizione di uno dei tre funzionari regionali, più altre 8 legate alla morte di Viscardi.
Il titolare della cava, Salvatore Lopardo, e il responsabile della sicurezza, Paola Padulosi, sono accusati di omicidio colposo in concorso con l’ex capo dell’ufficio cave della Regione, Nicola Cafarella, ora in pensione, e il collega geologo Donato Palma, per una serie di violazioni delle normative sulla gestione degli impianti di estrazione di inerti. Violazioni che avrebbero dovuto portare alla sospensione dell’attività già a settembre 2022. Di qui anche una serie di ipotesi di falso correlate.

Stando a quanto ricostruito dagli investigatori a causare la morte dell’operaio sarebbe stata l’eliminazione di alcuni gradoni dal fronte della cava di contrada San Gennaro, che Viscardi aveva “scalato” con un camion per scaricare in quota del materiale inerte. Gradoni che avrebbero potuto frenare la caduta del camion, fuoriuscito dalla pista rotabile, e precipitato per 100 metri prima di schiantarsi alla base della cava.
Lopardo, Padulosi, Cafarella e Palma devono rispondere anche di una frana che si sarebbe innescata durante i rilievi della polizia giudiziaria successivi alla morte di Viscardi. Col «distacco di circa seimila metri cubi di materiale che investivano trecento metri quadri» sulla pista di accesso alla cava mettendo in pericolo lavoratori e investigatori.

A far partire l’inchiesta sull’ufficio cave, condotta dai carabinieri forestali, erano stati degli imprenditori di Acerenza che hanno deciso di raccontare agli investigatori la loro vicenda. Dopo essersi visti archiviare la richiesta di proroga della coltivazione della loro cava.
Gli imprenditori avevano riferito di essersi sentiti indicare da Cafarella un progettista da mettere sotto contratto per la redazione degli elaborati tecnici da allegare alla loro richiesta, perché quelli già prodotti «non gli piacevano», ancorché costati «12mila euro», e andavano soltanto buttati «nella stufa».
Dopo aver conosciuto questo progettista amico del funzionario dentro il suo ufficio in Regione, però, gli imprenditori si sarebbero accorti che era sua intenzione «fare propria» l’opera di chi lo aveva proceduto, pur avendo chiesto un compenso di 15mila euro. Di qui da decisione di abbandonare l’idea di ottenere la richiesta di autorizzazione e denunciare tutto.

Audizioni e intercettazioni effettuate in seguito avrebbero confermato la tendenza di Cafarella a chiudere un occhio con gli imprenditori amici. Tali sarebbero stati i beneficiari di una serie di omissioni nei rapporti sulla gestione di diverse cave. Talvolta, però, l’ingegnere si sarebbe spinto anche oltre suggerendo strategie per minimizzare o azzerare del tutto il rischio di sanzioni, e offrendosi, in vista del prossimo pensionamento, come futuro consulente “privato”.
Quanto al sospetto di un mercimonio delle funzioni, gli investigatori hanno raccolto un singolo riscontro rappresentato dai lavori effettuati nel suo oliveto dagli operai della ditta del gestore di una cava di pregiata arenaria di Gorgoglione, a Corleto Perticara.

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