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I vigili del fuoco intervenuti per domare l'incendio doloso che ha distrutto lo stabilimento di Palazzo San Gervasio

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PALAZZO SAN GERVASIO (POTENZA) – Prende sempre più piede l’ipotesi che l’incendio che venerdì notte ha distrutto il capannone del consorzio dell’ “Organizzazione dei produttori del Mediterraneo” sia di origine dolosa. Sembrerebbe improbabile – per non dire impossibile – che un corto circuito possa avere generato, in pochissimo tempo, una mole di fiamme così enorme come quella che ha prima avvolto e poi, appunto distrutto, quella struttura che sorge su un’area di 7.000 metri quadrati con tanto di piazzale enorme dove c’erano anche mezzi pesanti.

Non solo. Si starebbe anche prendendo in considerazione – le indagini sono affidate ai carabinieri – che dietro possa esserci l’ombra del racket dell’area del Foggiano. Un tipico avvertimento visto che i soci delle tre cooperative non avrebbero avuto minacce o richieste di soldi. Come non si esclude a priori qualche interesse non solo dei caporali, che nella zona dell’Alto Bradano continuano purtroppo a spadroneggiare, ma anche di quanti possano essere interessati a quanto ruota attorno agli autotrasportatori.

L’oro rosso, ovvero tutto quanto legato alla raccolta del pomodoro che poi viene messo sul mercato o come prodotto fresco o inscatolato, ormai è risaputo fa gola a troppo. Solo per il caporalato il giro di affari, stando ad alcuni dati della Flai Cgil, è attorno ai 30 milioni di euro.

Tornando all’incendio, che nella notte tra venerdì e sabato ha distrutto il capannone del consorzio dell’ “Organizzazione dei produttori del Mediterraneo” e tutte le attrezzature, l’area adibita ad uffici fino ad arrivare ai pomodori, proseguono le indagini dei carabinieri ma anche gli accertamenti tecnici del Nucleo investigativo antincendi dei vigili del fuoco. Poi tutto verrà messo nero su bianco e così si avrà già un primo quadro del come quelle fiamme si siano sprigionate. Così sarà poi possibile, se venisse confermato il dolo, mettere insieme gli altri tasselli. Un lavoro che spetterà ai carabinieri e che richiederà tempo soprattutto se l’ipotesi del racket dovesse trovare qualche fondamento.

Intanto per evitare ulteriori perdite – milioni i danni al capannone a cui devono aggiungersi i danni rispetto al lavoro già svolto – le cooperatore consorziate nell’ “Organizzazione produttori del Mediterraneo” si sarebbero già attivati da sabato per trovare una soluzione alternativa dove poter proseguire la loro attività visto che è ancora in corso la campagna di raccolta del pomodoro.

In contrada Piani dove c’era il capannone, di cui è rimasto solo lo scheletro, dovrà essere ricostruito quasi tutto visto che dalle fiamme non si è salvato quasi niente.
Con l’incendio dell’altra notte salgono a tre, nel giro di pochi mesi, le attività legate al mondo agricolo distrutte da altrettanti incendi.

Il 9 giugno scorso, ricordiamo, a Filiano le fiamme distrussero parte del caseificio “Piano della spina”, uno dei più importanti della Valle di Vitalba. Anche in questo caso danni incendi – la produzione fortunatamente non si fermò – e fiamme divampate nottetempo.

Fiamme anche in quel caso imponenti che i vigili del fuoco riuscirono a spegnere solo il mattino dopo.

Neanche due mesi dopo, il 10 agosto scorso, sempre a Filiano un incendio distrusse un capannone agricolo utilizzato come deposito per attrezzi e come alloggio per gli animali.

Fiamme anche in questo caso divampate a tarda notte.

Tra venerdì e sabato il rogo che ha distrutto la sede del consorzio “Op (Organizzazione produttori) del Mediterraneo”: società consortile che dal 2000 si occupa di commercio all’ingrosso di pomodori freschi o conservati ma che è anche a servizio delle aziende agricole del posto. Società che negli ultimi tempi aveva cominciato anche a occuparsi di legumi.

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