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Un ragazzo su una sedia a rotelle

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POTENZA – «Dal 4 marzo del 2020 la mia famiglia si è fermata, rimasta sospesa come in una bolla, fuori dal mondo e dal tempo».
Raffaele Olita è il papà di Flavio, un ragazzo di 18 anni affetto da una gravissima malattia neurodegenerativa, la distrofia muscolarere di Duchenne. Una vita non facile già in condizioni di normalità.

Con l’emergenza sanitaria, il lockdown, la paura di poter contrarre un virus così pericoloso, la situazione è decisamente peggiorata. Ed è per questo che Raffaele, a nome di tanti altri genitori nella stessa situazione del figlio, ha scritto direttamente al presidente della Regione, Vito Bardi, all’assessore alla Sanità, Rocco Leone, al responsabile della Task force regionale, Ernesto Esposito. Il motivo è semplice: rispettare quelle che erano le direttive iniziali, dando cioè la priorità nella campagna vaccinale ai soggetti cosiddetti “fragili”, ovvero ai portatori di handicap e ai loro accompagnatori.

«Vorremmo tornare a riprenderci la nostra vita – scrive Raffaele Olita – e fin qui niente di nuovo, se non fosse per il fatto che ancora una volta per la società risultiamo invisibili, nemmeno più tristemente ultimi. Dopo un intero anno di costrizioni e rinunce, con un livello massimo di attenzione a svolgere quei piccoli gesti quotidiani al fine di salvaguardare la fragilità di mio figlio, che non vede da tempo immemorabile il volto di un parente o di un amico dal vivo, relegato tra le mura domestiche, l’unica speranza riposta nella ripresa sembra debba essere questo tanto agognato vaccino, ma che a quanto pare resterà ancora per chissà quanto tempo una chimera, almeno per noi».

Ed è questo il punto: esiste una programmazione sulla campagna vaccinale? E se la risposta è sì, perché nessuno ancora ne sa nulla? Non ne sanno nulla le famiglie, non lo sanno i medici di famiglia, costretti a destreggiarsi tra nuove regole e doveri.

«Sterile e infruttuoso – si legge ancora nella lettera – sarebbe sottolineare come il sistema sia fallace. Nei suoi meandri pare si destreggino come navigati esploratori tutti quei cosiddetti “furbetti del quartierino”, a loro volta spalleggiati da compiacenti operatori del sistema. E se da una parte la macchina organizzativa si preoccupa di stabilire quali siano le categorie alle quali dare la priorità per la somministrazione del vaccino, dall’altra parte c’è chi pur non avendone diritto lo fa e basta: in mezzo ci siamo noi, o per meglio dire le persone fragili, ed in particolare mi riferisco alle persone diversamente abili».

E tra le priorità vanno inserite anche le famiglie, gli accompagnatori, che vanno protetti «più di altri o almeno trattate alla stregua di altre persone per le quali già vi è stata considerazione. Pare assurdo e incomprensibile come, nonostante le parole del commissario Arcuri dessero una chiara indicazione su come gestire la fase due (inserendo nella campagna vaccinale le persone diversamente abili in compagnia degli ultra ottantenni), nulla ancora è stato detto a tale proposito».

Per la cronaca: la lettera, inviata sia sulla mail ordinaria sia sulla pec dei tre massimi rappresentanti regionali sul fronte dell’emergenza, non ha mai ricevuto risposta. Come se queste famiglie non meritassero che silenzio. Come se questi ragazzi fossero davvero invisibili.

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