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Giuseppe Figliuolo

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POTENZA – Il suo volto è ben noto in Stellantis, il suo cognome assai popolare nell’intero Paese: Giuseppe Figliuolo – fratello del generale Francesco Paolo Figliuolo – è stato chiamato a dirigere lo stabilimento di Mirafiori, lo storico cuore del gruppo.

Per oltre un anno, dal primo marzo 2021 al 31 marzo scorso, il generale Figliuolo – nato a Potenza nel 1961 – è stato Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19. Vive da tempo a Torino. E dunque si congiungerà a breve con il fratello manager, che da luglio sarà a capo del comprensorio industriale che prende il nome dall’omonimo quartiere torinese.

Figliuolo junior, 49 anni, ha ricoperto fra gli stabilimenti ex Fiat alcuni tra i ruoli più prestigiosi. Fra gli altri, ha diretto le fabbriche di Pomigliano d’Arco (dopo esserne stato il responsabile del Montaggio) fino al 2013, poi è stato inviato a fondare e guidare l’avveniristico polo automobilistico di Pernambuco, in Brasile. Nel 2017 è tornato in Italia, a Cassino.

Fra pochi giorni sarà nella sala di comando di Mirafiori, ossia il più grande complesso di Stellantis nel mondo. Vi lavorano 20.000 persone, ma solo una parte – 1.200 operai – alla produzione della Nuova Fiat 500. C’è molto altro: il Motor Village, la Fca Bank, il Centro Stile, le Officine Abarth, la Cnh Industrial, l’Heritage Hub e la Cittadella del Design e della Mobilità Sostenibile voluta dal Politecnico di Torino.

Giuseppe Figliuolo è stato protagonista, nel 2013, di un “incidente diplomatico” con la chiesa. All’epoca dirigeva Pomigliano d’Arco. Il 15 giugno l’allora arcivescovo di Nola, Beniamino Depalma, s’intrattiene con gli operai che stanno manifestando fuori dai cancelli. Qualche giorno dopo, a luglio, si organizza un incontro sul futuro dello stabilimento campano con sindacati e dirigenti aziendali patrocinato dallo stesso Depalma.

Il presule invita i parlamentari Massimiliano Manfredi (Pd) e Paolo Russo (Pdl), l’ex presidente dell’Unione degli industriali di Napoli Paolo Scudieri, sindaci, dirigenti sindacali e ben 88 ex operai con contratto a termine o di apprendistato scaduto nel 2009 o 2010. Invita anche Figliuolo, che però dice di no e anzi scrive una lettera al vescovo che finisce sui giornali.

Scrive tra l’altro: «Non abbiamo alcun dubbio circa il fatto che la sua scelta di essere dalla parte dei violenti e prevaricatori è stata involontaria e causata dalle mistificazioni veicolate da alcuni organi di informazione che hanno volutamente travisato la realtà».

Sulla stampa i titoli sono tutti su Figliuolo che accusa il vescovo di stare con i violenti. Il vescovo viene difeso da una pioggia di messaggi di sindacalisti ed ecclesiastici. Lo stesso Depalma scrive una lettera aperta e dichiara: «No, dottor Figliuolo, io non sto dalla parte dei violenti, né volontariamente né, come dice lei, “involontariamente”. (…) Un vescovo, un pastore, non è un dirigente di un’azienda: quando vede e sente uomini gridare, ha l’obbligo morale di andare a vedere e sentire con i suoi occhi e con le sue orecchie». Il caso si concluderà di lì a poco con l’invito di Figliuolo a Depalma in fabbrica. Invito accettato, mani strette, incidente superato. Poi, Figliuolo volerà in Brasile.

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