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Professor Massimo Cacciari, Leonardo Sciascia ne “Il giorno della civetta” usò la metafora «della linea della palma» per l’avanzamento della mafia nel continente. 

«Mi pare sempre più il problema in questo Paese, di questo Paese. Ormai c’è da mettere mano al sistema Italia. Ahimè, ahimè. Le differenze tra Nord e Sud, ecc ecc, stanno, in negativo, venendo meno. Non in positivo come ci si augurava. Questo il problema. Sta diventando tutto uguale, in peggio. E quindi dove vuole andare a dire dove sta la linea della palma». 
Secondo lei dovremmo auto flagellarci? 
«No di certo. Detto questo con realismo, non è il caso di parlare male dell’Italia. E’ chiaro. Però bisogna anche sapere in che situazione ci troviamo, se no, il tentativo di parlare diversamente è insensato». 
Perché? 
«E’ inutile cantare di notte per farsi coraggio. La situazione è questa; ed una situazione drammatica». 
Dopo di che? 
«Ci sono le energie, ci sono le possibilità, c’è qualcosa da sperare? Certo ci sono, anche nel Mezzogiorno, ci sono realtà che fanno sperare, piccole e meno piccole. Io da anni insisto perché queste energie possono esprimersi se tu dai un assetto federalistico al governo e al sistema politico di questo Paese, responsabilizzando fino in fondo le regioni, modificandone lo statuto, aggregandoli e facendoli diventare organismi più consistenti». 
Esistono queste possibilità? 
«Benissimo. Esistono. Esistono anche delle possibilità politiche perché, bene o male, una lunga stagione si va a concludere». 
Che lei giudica? 
«Profondissimamente negativa, anche dal punto di vista culturale, etico. Il ventennio berlusconiano va a finire, volente o nolente; non c’è niente da fare». 
Cosa ci possiamo aspettare? 
«Che nasca un centrodestra europeo, me lo auguro. Una lunga fase del centrosinistra, della sinistra assolutamente condizionata e succube dell’iniziativa berlusconiana, anche questa è finita. C’è una leadership comunque rinnovata, su alcuni possono essere d’accordo con quello che dice, su altri no; ma non ha importanza. E’ comunque una cosa di rinnovamento ….». 
Quindi? 
«C’è la possibilità, non solo di dirsi male; ma guai a cantare, la situazione è drammatica. Guai a dire: sogniamo, speriamo. No». E allora? «Ragioniamo. Ci sono queste possibilità, cerchiamo di metterle a profitto, ma ragionando perché la situazione, ripeto, è drammatica. Nessun applauso, entusiasmo, ecc ecc, lo può coprire. Anzi …». Anzi? 
«E’ pericolosa. Perché può indurre a qualche facile utopismo. No, la situazione è assolutamente drammatica, per la democrazia». 
Ci spieghi questo concetto. 
«La democrazia non va in crisi perché c’è un Senato di un tipo invece che un altro, un sistema elettorale di un tipo invece che un altro; non va in crisi per queste cose. La democrazia va in crisi quando non mantiene le promesse che ne costituiscono la ragion d’essere. Siamo tutti democratici, non perché c’erano due Senati, tre, una Camera. Siamo democratici perché si diceva che procedeva su una strada di uguaglianza». 
Cioè? 
«Che c’era sanità per tutti, scuola per tutti, che c’era lavoro per tutti. La democrazia va a puttane quando queste promesse … la gente dice: sono irrealizzabili … non contarmi frottole, non è vero niente. Non sei capace assolutamente di mantenerle». 
Allora? 
«Allora la democrazia naufraga. Non per il Senato, il bicameralismo. Quindi anche questi nuovi politici, Renzi in testa deve capire che lì è il punto. A nessuno gliene frega niente cos’è il Senato e il sistema elettorale. Estremizzo: la democrazia va a puttane quando c’è il 45 per cento di giovani che non hanno lavoro e gli altri, quando va bene, a 400 euro al mese».
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