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CATANZARO – Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro ha condannato a 17 anni di carcere Danilo Monti, il giovane accusato di avere ucciso il trentaquattrenne Francesco Rosso, il 14 aprile 2015, nella sua macelleria di Simeri Mare, nel Catanzarese.

La condanna è stata inflitta con il rito abbreviato che ha portato allo sconto di un terzo della pena. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 16 anni e 6 mesi, concedendo le attenuanti generiche. Secondo le indagini della compagnia Carabinieri di Sellia Marina, l’omicidio sarebbe stato compiuto su commissione, come vendetta nei confronti del padre di Rosso. Il mandante, Evangelista Russo, si trova da pochi giorni agli arresti domiciliari per questioni di salute.

La famiglia di Rosso ha criticato la sentenza, sostenendo di «non essere soddisfatta in quanto la vita di un ragazzo di 34 anni, non può valere così poco. Un’altra sconfitta della magistratura e della giustizia che in Italia non esiste». Per domani, invece, è prevista l’udienza con il rito ordinario nei confronti degli altri imputati, mentre davanti al tribunale si svolgerà un presidio promosso dagli amici e dai parenti della vittima per «sensibilizzare l’opinione pubblica affinché questo caso sia più attenzionato».

Monti venne arrestato il 21 settembre del 2018 insieme a Gregorio Procopio, di 56 anni, Antonio Procopio, di 31, e Vincenzo Sculco, di 30. Il 13 dicembre successivo erano stati arrestati i presunti mandanti dell’omicidio, Evangelista Russo, di 70 anni, e Francesco Mauro, di 41, nell’ambito dell’operazione “Quinto comandamento”.

Sarebbero stati vecchi dissidi, anche di natura economica, ad alimentare la sete di vendetta da parte di Evangelista Russo. Dopo una lite avvenuta nel 1999 con il padre del macellaio, Russo avrebbe ordito a più riprese la vendetta nei confronti del rivale, giungendo a desiderare di privarlo dell’affetto del figlio. Nella vicenda s’inserisce poi il ruolo di Francesco Mauro, dipendente e factotum di Russo nella sua ditta di tornitura, che, mettendosi a totale disposizione, avrebbe dato esecuzione alla volontà del suo datore di lavoro, commissionando l’esecuzione dell’omicidio a Monti ed ai suoi presunti complici per un cifra pattuita di 30 mila euro e fornendo loro anche l’arma per mettere in atto il piano criminoso.

Sarebbe stato proprio Monti, dopo l’arresto, a collaborare con i carabinieri e con i magistrati della Procura della Repubblica di Catanzaro, fornendo loro i dettagli per chiudere il cerchio delle indagini.

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