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I calabresi si mobilitano il 10 maggio 2025 a Catanzaro per il diritto alla salute, negato da anni di disservizi e fughe per curarsi.


L’avevamo scritto quasi tre mesi fa: “Forse da questa iniziativa potrebbe nascere qualcosa: un movimento, una piattaforma, una pietra, se preferite, su cui cominciare a scrivere un manifesto della Salute e della Sanità, una cosa che cominci: Noi cittadini della Calabria chiediamo che…”. A tre mesi di distanza, forse ci siamo. Qui c’è il documento che comincia appunto con “Noi cittadini della Calabria…” ed elenca e approfondisce una serie di punti e questioni a cui non possiamo più rinunciare.

Perché rappresentano l’assoluta normalità del diritto alla Salute dei calabresi oggi, purtroppo, in tantissimi casi, negato e calpestato. E come dicevamo a gennaio, questa piattaforma dovrà camminare per farsi vedere e sentire, per presentarsi a chi governa la Sanità e chiedere conto di quello che non va, per mostrare a tutti che la gente di Calabria ha deciso di non accettare più passivamente lo stato delle cose.

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IL 10 MAGGIO 2025 A CATANZARO, LA MOBILITAZIONE CITTADINA PER LA SALUTE

La gente di Calabria alza la testa e, il 10 maggio prossimo, con fierezza e atteggiamento assolutamente pacifico, scenderà in piazza a Catanzaro per farsi sentire da tutti e trovare risposte non più rinviabili. Non sarà una piazza accusatoria. Le responsabilità del disastro della Sanità calabrese sono sotto gli occhi di tutti e sono scritte sulla pietra, ma non è questo il dato che ci interessa di più.

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SANITÀ: CALABRIA ALZA LA TESTA

La gente, a questo punto, ha diritto a risposte che non possono più essere l’uscita dal commissariamento subito e dal piano di rientro nel 2027. Perché intanto, se l’ambulanza non c’è o non arriva, io muoio; se le liste d’attesa non vengono drasticamente tagliate, la visita, l’esame o l’intervento che potrebbe salvarmi la vita, arriverà troppo tardi; se i medici non vengono assunti dove servono, la Case della salute non vengono aperte e non parte la costruzione degli ospedali attesi da vent’anni e più, tutto resta come prima, come adesso. E, purtroppo, è un brutto “adesso”.

LA FUGA PER LE CURE

Ogni calabrese (magari anche sbagliando) se si ammala seriamente, non chiama quasi mai un medico di qua, ma, per prima cosa, telefona a un parente (tutti ne hanno) al Nord e gli chiede di aiutarlo a trovare un percorso per curarsi. E quante volte, sentiamo amici dirci: “Il tale è a Roma”. “In ferie?”. “No, per curarsi”… o per curare la moglie, la madre, un figlio. E questa, per fortuna, è una manifestazione evidente del nostro (di italiani) diritto al Servizio sanitario nazionale, ma è anche un costo (di circa trecento milioni all’anno) che ha effetti diretti sul bilancio della Regione. Se quei trecento milioni fossero miracolosamente investibili nella sanità calabrese, se ne vedrebbero gli effetti positivi. Ma non è possibile farlo in tempo per risolvere il mio problema o il tuo o il suo e, così, continuiamo ad andare fuori. E il cane si morde la coda.

POSSIBILI SOLUZIONI?

Soluzioni? La Protezione Civile per costruire gli ospedali con meno regole ma con più rischi? I medici cubani prorogati all’infinito o mandati via alla fine del 2027 lasciando un buco di cinquecento sanitari a chi verrà dopo? C’è chi dice che soluzioni non ce ne sono e che la nostra Sanità è praticamente perduta. Può essere e può darsi che dovremo chiedere l’intervento di Emergency o di MSF come fossimo un Paese del Terzo Mondo. Gino Strada, buonanima, anni fa ci provò e descrisse un progetto per la Calabria che, a pensarci bene, poteva funzionare. Forse anche per questo, lo cacciarono come un alieno.

Ma, per adesso, siamo italiani e abbiamo gli stessi diritti degli altri. Trovino il modo di ripristinare il sistema (magari senza un altro commissario al commissariamento), di uscire dalla fase debitoria, di assumere i medici che mancano, di costruire gli ospedali e far partire le case della salute. Oppure ci dicano che non siamo cittadini come gli altri. Ma non funzionerà, perché ormai abbiamo alzato la testa

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