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Dall’inchiesta sulla morte di Teresa Bitonti si scopre che i medici avevano contattato senza successo i nosocomi di Crotone, Cosenza, Paola, Rossano, Castrovillari, Catanzaro e Lamezia Terme

di MASSIMO CLAUSI

COSENZA – E’ stata eseguita ieri l’autopsia sul corpo di Teresa Bitonti, 75 anni, la donna di San Giovanni in Fiore, morta l’altra mattina alle 4 dopo essere stata dimessa dal nosocomio dell’ospedale silano. La donna aveva lamentato un malore, forse un infarto, ma i medici non l’hanno ricoverata. Dopo poche ore che la donna è tornata a casa il cuore non le ha retto più. Per questa vicenda la Procura della Repubblica di Cosenza, nella persona del pm Giuseppe Cozzolino, ha aperto una inchiesta. Nel fascicolo risultano indagati per omicidio colposo due medici in servizio presso il nosocomio di San Giovanni in Fiore (LEGGI)

Da quanto si apprende, però, i due medici potrebbero non essere colpevoli della morte della donna. La verità che sostiene la difesa dei due sanitari è molto più grave e preoccupante. La difesa sostiene infatti che la donna abbia firmato le dimissioni volontarie dall’ospedale nonostante il parere contrario dei medici che l’avevano in cura. Il problema principale però ha riguardato la mancanza di posti letto in terapia intensiva. Dalle carte sequestrate dalla Procura emergerebbe che i medici hanno contattato nell’ordine gli ospedali di Crotone, Cosenza, Paola, Rossano, Castrovillari, Catanzaro e Lamezia Terme. In nessuno degli ospedali però era stato trovato un letto per la signora. Così questa avrebbe deciso di tornare a casa.

Così andrebbero le cose nella Calabria dove, se si abita in paesi dell’entroterra, anche avere un infarto è una sorta di lusso. I medici di San Giovanni in Fiore non avrebbero avuto infatti i mezzi per curare al meglio la paziente. Da qui la necessità del ricovero in altra struttura. Dalla disperazione pare che i sanitari avessero contattato anche una struttura privata del tirreno cosentino, ma anche in questo caso senza successo. Vedremo cosa emergerà dall’eventuale processo. I familiari hanno infatti sporto denuncia contro i sanitari che erano di turno in quel momento al pronto soccorso dell’ospedale. La vittima era stata portata dai figli in ospedale mercoledì scorso intorno alle 17 per problemi respiratori e dolori addominali. Da subito si erano evidenziati valori sopra la norma e la paziente è stata trattenuta per ripetere le indagini, così come prevede il protocollo. Nel frangente alla paziente era stato iniettata una soluzione fisiologica endovena e del “Laxis”. Ripetuti gli esami degli enzimi dopo tre ore, questi davano conferma dell’infarto in corso. Dai medici però è stato fatto presente che non c’erano posto letto disponibili. Da qui la decisione del ritorno a casa e il decesso avvenuto dopo tre ore.

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