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Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia

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CATANZARO – Il primato per i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose è calabrese: il 36% degli enti locali su cui le cosche hanno allungato i loro tentacoli è nella nostra regione. Ad agevolare la permeabilità ai condizionamenti malavitosi sono i conti dissestati. Nemmeno i commissari straordinari, talvolta, passano indenni dalla scure della Corte dei Conti.

Sono i dati salienti di una nuova sezione della relazione finale della Commissione parlamentare antimafia presieduta da Nicola Morra, quella sulla “Trasparenza negli enti pubblici anche non territoriali”, appena pubblicata. Dal 1991 al 31 agosto 2022, sono state sciolte per mafia e affidate ad una gestione commissariale 345 amministrazioni comunali. I provvedimenti di scioglimento sono stati particolarmente numerosi dal 1991 al 1993, nel 2012 e tra il 2017 e il 2019. Nell’ultimo triennio si è registrato un calo probabilmente da porre in relazione a una riduzione dell’attività di controllo causata dall’emergenza sanitaria derivata dalla pandemia da Covid-19.

Il fenomeno si è concentrato soprattutto nelle regioni meridionali, in primo luogo in Calabria (34%) e a seguire in Campania (30%), Sicilia (25%) e Puglia (7%). Anche negli ultimi 20 mesi, i provvedimenti di scioglimento sono stati più numerosi nei territori del Sud Italia: in Calabria sono stati sciolti sei Comuni, altrettanti in Puglia, cinque Comuni sono stati sciolti in Campania e quattro in Sicilia. Il XXIV Comitato, che ha condotto l’indagine confluita nella relazione approvata su proposta del senatore Elio Lannutti, ha analizzato la situazione della trasparenza, limitata ai profili della gestione finanziaria, dei Comuni che nel 2021 sono stati gestiti da commissari straordinari.

Alla data del primo gennaio 2021 i Comuni commissariati erano 36 (sei erano stati sciolti nel 2018, 19 nel 2019 e undici nel 2020); nel corso dell’anno se ne sono aggiunti altri 14. L’analisi ha perciò riguardato un totale di 50 Comuni per una popolazione di circa 880 mila residenti (poco meno dell’1,5% della popolazione italiana). In quella fase il 36% degli enti esaminati si trovava in Calabria (18 Comuni), 16 in Sicilia, otto in Puglia, sei in Campania ed uno, rispettivamente, in Basilicata e Valle d’Aosta.

CONTI SOTTO LA LENTE

Sotto la lente sono finiti i dati relativi al ciclo di programmazione del bilancio e al piano dei conti integrato pubblicati sulla pagina Amministrazione trasparente del sito Internet istituzionale degli enti. Già nella Relazione del Ministro dell’interno sull’attività svolta dalle commissioni per la gestione straordinaria degli enti sciolti per infiltrazione e condizionamenti di tipo mafioso, documento del 2020, era evidenziato che «gli enti sciolti, oltre a presentare situazioni di diffuso disordine amministrativo, che li rendono più facilmente “esposti” a ingerenze esterne e asserviti alle pressioni delle organizzazioni criminali, versano anche in precarie condizioni finanziarie che accrescono i rischi di vulnerabilità rispetto ai tentativi di infiltrazione mafiosa».

I Comuni sciolti per mafia, insomma, nella gran parte dei casi versano in condizioni deficitarie, con squilibri strutturali di bilancio che possono condurre al pre-dissesto o al dissesto finanziario. Ma la novità è che dallo studio «è emerso come anche nel corso delle gestioni commissariali spesso il ciclo di programmazione dei bilanci non sia rispettato e il piano dei conti integrato non sia prodotto o pubblicato».

La mancanza di attendibilità, correttezza, congruità e coerenza dei bilanci non consente ai revisori e alla Corte dei conti, ciascuno per la parte di propria competenza, di svolgere i dovuti controlli. In particolare, 21 Comuni dei 50 esaminati versavano in gravi condizioni finanziarie nel 2021: la percentuale riscontrata, pari al 42%, a fronte di una media nazionale al di sotto dell’ 8%.

«I Comuni di Villaricca (NA), Nocera Terinese (CZ), Amantea (CS), Palizzi (RC), Pizzo (VV), Crucoli (KR), San Cataldo (CL), Barrafranca (EN), Bolognetta (PA), Partinico (PA), Tortorici (ME) e Pachino (SR) si trovavano in condizioni di dissesto finanziario; i comuni di Sant’Antimo (NA) e Calatabiano (CT) erano in condizione di deficit e quelli di Orta di Atella (CE), Marano di Napoli (NA), Carovigno (BR), Foggia, Manfredonia (FG), Guardavalle (CZ) e Careri (RC) avevano presentato un piano di riequilibrio finanziario pluriennale».

OMESSA PUBBLICAZIONE

La ricognizione condotta il 24 agosto 2022 sui siti dei 50 Comuni esaminati ha evidenziato che in 33 enti era presente il bilancio di previsione del triennio 2021-2023 o di quello 2022-2024. I restanti 17 Comuni risultavano, invece, inadempienti: in sette casi il bilancio non era aggiornato e in altri dieci neanche pubblicato. La situazione è ancora peggiore con riferimento al Rendiconto di gestione che, per l’anno 2021, doveva essere approvato entro il 30 aprile 2022. Eppure «a quella data le commissioni straordinarie erano già insediate quanto meno dagli ultimi mesi del 2021», è detto nella relazione.

L’analisi dei bilanci comunali è stata, poi, approfondita attraverso l’esame del Piano degli indicatori e dei risultati di rendiconto degli enti locali. Solo dieci dei 14 Comuni che hanno approvato il rendiconto per l’anno 2021, rendono disponibile nel sito istituzionale il Piano degli indicatori; il documento è disponibile in 15 Comuni, anche se relativo ad annualità precedenti. In 25 Comuni, dunque la metà del totale, il Piano degli indicatori non è affatto pubblicato.

Ed ecco la bacchettata alle gestioni commissariali. «L’omessa pubblicazione è spesso da ricondurre ad una generale carenza di attenzione nei confronti degli obblighi di trasparenza che si riscontra anche da parte delle gestioni commissariali. Tale ultima evenienza rappresenta un grave danno, atteso che il rispetto degli obblighi di trasparenza da parte delle Commissioni straordinarie potrebbe costituire una valida occasione per ricondurre l’ente sui binari della legalità, prevenendo i rischi di nuove ingerenze della criminalità organizzata, causa di reiterati scioglimenti dello stesso ente».

Insomma, mancato assolvimento degli obblighi di amministrazione trasparente in Comuni che altre ad essere sciolti per mafia versano in condizioni dissestate e che sono peraltro guidati dallo Stato.

OMESSA RISCOSSIONE

La capacità di riscossione dei Comuni sciolti per mafia, relativamente alle entrate finali è pari al 67%, quindi inferiore di 4 punti rispetto alla media nazionale. Particolarmente critica è la capacità di riscossione della tassa (o tributo) sui rifiuti solidi urbani, che ha consentito la riscossione di soli 60 milioni di euro rispetto ai 171 previsti (35%), dunque un importo di poco superiore ad un terzo del totale. Uno sguardo ai territori la dice lunga.

«A Foggia, Scorrano (LE) e Squinzano (LE) i pagamenti hanno raggiunto i due terzi del dovuto; a Sant’Eufemia di Aspromonte (RC) non è stato pagato nulla (l’importo dovuto era pari a 485 mila euro), a Saint Pierre (AO) è stato riscosso solo lo 0,1% del dovuto ( 264 euro su 410 mila euro ), ad Africo (RC) lo 0,2% (854 euro su 421 mila euro), a S. Giorgio Morgeto (RC) lo 0,4% (1.378 euro su 349 mila euro), ad Arzano (NA) lo 0,7% (53 mila euro su 7,2 milioni di euro) e a Careri (RC), Mistretta (ME) e Sinopoli (RC) appena l’1%».

Insufficienti anche gli incassi derivanti da vendite o dalla gestione di beni e, soprattutto, di servizi: ammontano a 23 milioni di euro sui 63 previsti (il 37% del totale). «A Palizzi i pagamenti sono stati appena 6.626 euro su 424 mila previsti (1,6%), ad Africo 15 mila euro su 580 mila (2,6%), a Careri 16 mila su 402 mila (4%) e in altri 5 Comuni l’importo degli incassi non raggiunge il 10% di quanto dovuto». E ancora. «Solo nove dei 46 Comuni osservati presentano un avanzo di amministrazione, tra i quali Misterbianco (CT) per 8 milioni di euro, Simeri Crichi (CZ) per 2,3 milioni e Saint Pierre (AO) per 1 milione di euro. I restanti 37 Comuni si trovano in una situazione di disavanzo più o meno accentuato che, comunque, condiziona la gestione degli anni successivi».

Una delle principali cause di disavanzo è la difficoltà di riscossione. Per esempio, «i Comuni di Rosarno (RC) e Misterbianco (CT) presentano un indi-catore di valore superiore a 70, dal quale si comprende che il 70% delle somme iscritte come residui attivi ben difficilmente entrerà nelle casse».

Anche valori troppo bassi dell’indicatore sono sintomo di criticità, in quanto potrebbero nascondere un’errata valutazione delle possibilità di riscossione delle somme. «Cinque dei Comuni esaminati presentano un indicatore inferiore a 20: tra essi spiccano Crucoli (KR), che ha un indicatore pari al 3,6% e Simeri Crichi (CZ), il cui indicatore è pari a 6,9%».

Comuni in crisi che in qualche caso non investono pressoché nulla. «L’incidenza percentuale degli investimenti sul totale della spesa corrente e in conto capitale (indicatore 7.1) è pari al 14,5%, sebbene nel Comune di Crucoli (KR) sia prossimo a 0 (rivelando la totale assenza di investimenti) e nel comune di Torretta (PA) superi il 50%».

LE PROPOSTE

Qualche considerazione finale. L’obbligo di pubblicazione, spesso, non viene rispettato e l’inadempienza permane, in taluni casi, nonostante il subentro delle commissioni straordinarie. Stessa inosservanza con riferimento ai dati relativi alla gestione degli appalti, dei beni immobili in proprietà o locazione, del personale, dei concorsi, dei servizi affidati alle società partecipate o controllate, dei procedimenti amministrativi aperti: obblighi che «spesso vengono trascurati all’interno di enti caratterizzati da infiltrazioni mafiose, anche dopo il subentro dei commissari prefettizi».

Alcune criticità nelle gestioni finanziarie, analogamente, permangono anche durante i commissariamenti. Un dato che, secondo la Commissione antimafia, potrebbe contribuire a individuare indicatori di rischio o spie che in ottica preventiva consentirebbero di cogliere anticipatamente il pericolo di ingerenza mafiosa.

Proprio queste peculiari fragilità potrebbero rappresentare degli «alert, tali da sollecitare interventi a sostegno delle gestione commissariale per favorire il ripristino di una compiuta legalità, ovvero interventi di supporto per l’amministrazione subentrante». Tra le soluzioni proposte anche quella di un portale unico per la gestione della sezione Amministrazione trasparente.

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