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Le analisi sull'interramento dei rifiuti al centro dell'operazione

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ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – Mani dei Piromalli anche sul villaggio turistico Tucano, storicamente controllato dalla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. C’è anche questo aspetto nelle carte dell’inchiesta che l’altro giorno ha portato all’operazione Mala Pigna (LEGGI LA NOTIZIA), con cui la Dda di Reggio Calabria ritiene di aver inferto un duro colpo alla potente cosca di Gioia Tauro che gestiva un traffico illecito di rifiuti, a dimostrazione della capacità di Rocco Delfino, considerato l’imprenditore di riferimento del clan, di proiettarsi verso interessi lontani dal suo settore merceologico.

Emerge da conversazioni intercettate tra Delfino e Ettore Cangemi, fratello di Domenico, presunto organizzatore della cosca gioiese, dalle quali si ricava l’intento dei due di proporre nella gestione di immobili e attività commerciali terze persone apparentemente non riconducibili a loro, potendo contare, a quanto pare, di ingenti disponibilità di denaro da investire. “Chiamiamo a quello e gli dici…gestisci tu, per il ristorante mi devi dare tanto, per il bar e il tabacchino tanto, l’appartamento un tot al mese”.

“Determinante”, secondo la ricostruzione dei carabinieri forestali di Reggio, sarebbe stato il ruolo dell’imprenditrice del Cosentino Flora Fabiano, che gestisce il villaggio nella frazione Le Castella di Isola. Un’attività turistica su cui, sempre secondo gli inquirenti, “incide significativamente” Ettore Cangemi tanto che le interlocuzioni tra i due sulla gestione sono fitte. Sarebbe stata proprio la Fabiano l’incaricata per la direzione delle attività commerciali perché conosciuta  per le sue capacità nel settore da Delfino che proponeva di garantirle un tot all’anno.

Quale legale di fiducia per l’acquisto su asta fallimentare sarebbe stato incaricato, invece, Giulio Calabretta, avvocato di Davoli, uno dei presunti concorrenti esterni del clan gioiese, accusa per la quale è finito agli arresti domiciliari (sarebbe stato “consigliore” di Delfino per le strategie di intestazione fittizia volte a eludere sequestri antimafia). Calabretta però a un certo punto apprese di un procedimento in corso sulla procedura fallimentare nato da un ammanco di un milione sui conti della società. Criticità di cui l’avvocato informa Delfino, e l’affare immobiliare non va in porto.

Ma quello che rileva dal punto di vista degli inquirenti sono gli “strettissimi rapporti” tra l’imprenditrice del Cosentino e Domenico Cangemi che l’avrebbe individuata quale “persona di fiducia cui rivolgersi per intestare fittiziamente le abitazioni e il ristorante pagandole un corrispettivo per la sua attività”. Un esempio di dinamismo imprenditoriale di Delfino che può avvalersi di una rete di professionisti consapevoli dell’illegalità delle sue operazioni societarie.

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