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Alfonso Diletto

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CUTRO – Sarà un processo rapido quello per il femminicidio dello scorso 8 marzo, dove, nella frazione San Leonardo, piccolo borgo di meno di mille anime, in una casetta in pieno centro, in via dei Gesuiti, fu uccisa Vincenza Ribecco: del femminicidio è accusato Alfonso Diletto, ex marito della donna, il quale deve rispondere anche di atteggiamenti persecutori.

Il sostituto procuratore di Crotone Andrea Corvino ritiene di avere in mano prove evidenti per poter bypassare l’udienza preliminare e ha chiesto il giudizio immediato nei confronti di quell’uomo che, come ha confermato nel corso dell’inchiesta anche la dottoressa di famiglia Giovanna Vitaliano, la ossessionava con la sua gelosia morbosa.

«L’ultima volta che l’ho visitata è stato a febbraio – aveva detto la dottoressa ai carabinieri – si era presentata allo studio manifestando estrema paura, collegata a un’importante stato d’ansia e malessere generale, dovuto al fatto che l’ex marito continuava a seguirla, a minacciarla, a telefonarle rendendole la vita sociale impossibile».

La donna temeva di ritrovarsi nei pressi di casa il suo ex e che questi potesse ucciderla. E così è stato. Diletto, secondo la ricostruzione accusatoria, il pomeriggio dell’8 marzo si presentò a casa dell’ex moglie con in tasca una pistola calibro 7.65 illegalmente detenuta e sparò appena fuori dalla porta-finestra un colpo che trapassò il vetro raggiungendo al cuore la vittima.

Al pm Andrea Corvino, durante l’interrogatorio in cui a un certo punto crollò dopo aver prima negato di sapere che l’ex moglie fosse morta, Diletto aveva detto di essersi armato perché temeva di trovare a casa il presunto – più che mai – amante di lei. Soltanto una volta messo alle strette, dopo che i carabinieri gli fecero sapere di essere al corrente del fatto che a suo fratello, che vive nel Mantovano, subito dopo il delitto aveva detto di aver «perso la testa» commettendo qualcosa di “brutto” riferito all’ex moglie, Diletto ammise di aver sparato. Quindi fece ritrovare l’arma, di cui s’era liberato al rientro, da San Leonardo a Cutro, gettandola in un dirupo.

Ma ci sono anche gli atti persecutori, tant’è che i timori della vittima erano risaputi dai suoi parenti, anzi, da tutta la piccola comunità di San Leonardo. Forse, “Cecè”, come era chiamata la donna in paese, si sarebbe potuta salvare.

La richiesta del pm è stata depositata in cancelleria. Il gip, in caso di accoglimento, trasmetterà gli atti alla Corte d’Assise di Catanzaro che fisserà eventualmente l’udienza. Diletto è assistito dall’avvocato Luigi Colacino. I familiari della vittima dagli avvocati Luigi Falcone e Tiziano Saporito.

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