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Il tribunale di Bologna ha disposto la confisca, eseguita dallo Scico della Guardia di Finanza, di beni e partecipazioni aziendali ad un imprenditore calabrese vicino ai Grande Aracri

Confisca beni e diponibilità finanziarie per un valore di oltre 300 mila euro oltre che numerose partecipazioni in società, il cui valore seppur quantificato non è stato reso pubblico. Questo il provvedimento di confisca disposto dal Tribunale di Bologna nei confronti di un imprenditore di origine calabrese considerato vicino alla cosca dei Grande Aracri. Cosca originaria di Cutro in provincia di Crotone ma ampiamente attiva in Emilia Romagna come dimostrato dal processo Aemilia.

Proprio nell’ambito dell’operazione Aemilia nel 2015 furono arrestate 160 persone tra Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia, per i reati, tra gli altri, di associazione mafiosa, estorsione ed intestazione fittizia di beni. Il successivo processo ha poi confermato in via definitiva con sentenza della Cassazione la condanna per oltre 70 persone.

La confisca è stata eseguita dai finanzieri del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico) con la collaborazione dei Nuclei PEF di Reggio Emilia e Mantova. Contestualmente i militari hanno dato esecuzione ad una misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per 5 anni.

«In particolare – fanno sapere i militari – nel dicembre dello scorso anno erano stati sottoposti a sequestro beni e partecipazioni in nove società, nonché disponibilità finanziarie, per oltre 300.000 euro. Le indagini per l’applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale erano scaturite a seguito di una interdittiva antimafia. La Prefettura di Reggio Emilia aveva emesso il provvedimento nei confronti di una serie di società operanti nel settore edile, riconducibili all’imprenditore. Società inserite, inizialmente, «nel circuito delle imprese preposte all’opera di ricostruzione avviata successivamente all’evento sismico del 2012 che ha interessato le province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova e Reggio Emilia».

Al termine degli accertamenti dello Scico «era emersa una evidente sproporzione patrimoniale rispetto alla sua capacità reddituale lecita». Ma anche «la presenza di elementi significativi circa la pericolosità sociale dell’imprenditore». Ciò «in relazione all’asservimento delle sue attività economiche agli interessi della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri». Asservimento concretizzato «con l’emissione di false fatturazioni e con l’assunzione della qualità di prestanome».

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