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La spedizione punitiva nei pressi del Palazzo di giustizia di Crotone filmata dagli impianti di videosorveglianza e Nicolò Passalacqua, condannato a 20 anni e 4 mesi

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Il gup rileva «l’indole violenta» di Nicolò Passalacqua, imputato del tentato omicidio di Davide Ferrerio ma anche una «ripugnante concezione di “possesso” ormai in antitesi alla morale moderna» nei confronti della ragazza, intesa come sua proprietà

CROTONE – Dolo alternativo intenzionale, che significa voler uccidere o causare gravi lesioni «indifferentemente», il tutto per difendere una ragazza intesa come sua “proprietà”, un fatto di “spiccata riprovevolezza” e che «appare indubitalmente contrario alla morale moderna». Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui il gup Elvezia Cordasco, nell’aprile scorso, ha condannato a vent’anni e quattro mesi di reclusione, al termine di un’udienza caratterizzata da tensioni in aula e soprattutto fuori dall’aula, il 23enne Nicolò Passalacqua, imputato del tentato omicidio, aggravato dai motivi futili e abietti, del ventenne bolognese Davide Ferrerio, ridotto in fin di vita dopo l’aggressione subita nell’agosto di un anno fa a causa di un clamoroso errore di persona.

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«Alla luce di elementi oggetto di prova diretta quali la regione del corpo aggredita e il comportamento tenuto dall’autore successivamente alla commissione è possibile – scrive il gup – desumere l’animus necandi» dell’imputato , che «si rappresentava e voleva alternativamente ed indifferentemente cagionare una lesione gravissima al Ferrerio o cagionarne la morte».

CASO FERRERIO, L’ANALISI PSICOLOGICA SU PASSALACQUA E IL RAPPORTO CON LA RAGAZZA

C’è un’analisi psicologica della condotta di Passalacqua che, secondo il giudice, integra il cosiddetto dolo d’impeto. L’impetuosità del dolo il giudice la ricava dal fatto che l’apice viene raggiunto nel momento in cui l’imputato si avvicina alla vittima e questa inizia a correre dicendo “che cazzo vuoi?”. In aula, infatti, l’imputato ha affermato di aver ritenuto, sulla base di tale comportamento, che fosse proprio Ferrerio colui che chattava con la minorenne che lui voleva “proteggere” e per la quale la madre di lei aveva ordito una vera e propria «spedizione punitiva». Il gup parla di “dolo alternativo intenzionale” poiché la condotta di Passalacqua sarebbe stata «finalizzata a cagionare alternativamente ed indifferentemente ma in senso equipollente gli eventi tra loro incompatibili rappresentati dalle lesioni personali e dall’omicidio».

Ciò si desume sia dal fatto che l’imputato ha colpito al cranio la vittima sia dal fatto che l’ha lasciato a terra esanime per poi darsi alla fuga. Referti medici, immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza e dichiarazioni testimoniali delle due persone presenti al momento dell’aggressione depongono in tal senso. «La violenza del pugno, la regione attinta, la distanza dalla quale è stato sferrato il pugno, la condotta tenuta dall’agente immediatamente dopo l’aggressione, nonché il movente individuato nel desiderio di vendetta per quanto poco prima accaduto» sono «elementi sintomatici dell’animus necandi dell’imputato alla stregua dell’idoneità ed inequivocità dell’azione». Pur non essendo un esperto di arti marziali, osserva il gup, l’imputato doveva «rappresentarsi che un pugno con quella forza e diretto al cranio possa causare la morte di una persona».

IL PROCESSO

Il pm Pasquale Festa aveva chiesto vent’anni. Il gup ha condannato l’imputato al risarcimento di un milione e 305mila euro in favore di Davide. Le parti civili, rappresentate dagli avvocati Fabrizio Gallo e Gabriele Bordoni, avevano chiesto un risarcimento complessivo di un milione e 300mila euro in favore dei familiari di Davide, ancora ricoverato all’ospedale Maggiore di Bologna in gravissime condizioni, sviluppando una tesi sul nesso causale tra l’aggressione e la finalità omicida tanto più che, dopo averlo visto cadere rovinosamente a terra, l’istinto dell’aggressore non è stato certo quello di soccorrerlo. L’avvocato Salvatore Iannone, difensore di Passalacqua, aveva, invece, chiesto una pena congrua ma sollecitando la derubricazione da tentato omicidio a lesioni gravi, negando che sia mai stato utilizzato un tirapugni e riconducendo i traumi riportati dalla vittima al fatto che sia caduto battendo la testa sul marciapiedi.

L’EVOLUZIONE DEL PROCESSO DOPO L’ARRESTO DI PASSALACQUA

Passalacqua era stato arrestato dalla Squadra Mobile della Questura all’indomani del raid essendo stato immortalato dagli impianti della videosorveglianza installati nei pressi del luogo dell’aggressione, compiuta nelle immediate vicinanze del Palazzo di giustizia. Il giovane è stato condannato anche per il porto illegale del “tirapugni” di colore rosso, un’arma impropria. L’avvocato Iannone annuncia appello. «La sentenza è impugnabile nella parte della quantificazione della pena e in quella relativa alla ricostruzione del fatto».

Il gup aveva anche disposto il rinvio a giudizio per gli imputati di concorso anomalo nel tentato omicidio che hanno scelto il rito ordinario: si tratta della madre della minorenne alla quale il picchiatore, secondo l’accusa, voleva dimostrare i suoi sentimenti, e che avrebbe organizzato l’incontro con il titolare dell’account Instagram con le false generalità dell’ex fidanzato della ragazza al fine di dare una “lezione” al 32enne Alessandro Curto che chattava con la figlia, e del rumeno Andrej Gaju, 29enne, che avrebbe partecipato alla spedizione. Curto è stato prosciolto, la minorenne è stata affidat ai Servizi sociali.

IL MOVENTE

Il gup mette in rapporto il movente con la «personalità irascibile» che emerge dalle dichiarazioni rese in aula dall’imputato, che addirittura ha asserito di essere nervoso per altri motivi e ha scaricato la sua rabbia su Ferrerio. «Imbestialito dalla furia – ha detto Passalacqua rispondendo alle domande del suo legale – mi sono messo a correre dietro Davide e gli ripeto “Ma che vuoi da …, ma la lasci stare?”, e mi risponde “che cazzo vuoi’”, da lì mi sono imbestialito, l’ho girato dal colletto della camicia e gli ho menato un calcio e un pugno”». Una «personalità iraconda», rileva il gup.

«Ero arrabbiato già dal pomeriggio perché non riuscivo a capire per quale motivo se rimaneva mia cugina lei sarebbe uscita o se ne sarebbe andata a casa…mi ha chiamato per andare a prendere la madre e mi sono innervosito ancora di più, se ti vengono a prendere per uscire non sono comodo però per andare a prendere tua madre sono comodo?». L’«irrefrenabile irascibilità» il gup la ricava anche dal fatto che, alla domanda da lei rivoltagli sul perché quando ha fermato Davide non gli ha parlato ma lo ha picchiato, l’imputato risponde: «Perché mi ha risposto male». E ancora: «non l’ho picchiato subito, poi avendo risposto male sono scoppiato».

IL “PENTIMENTO”

Dal complesso delle dichiarazioni di Passalacqua esaminate dal gup emerge che «il suo “pentimento” (se in tal senso può essere definito) per la condotta tenuta risulta derivato soltanto dal fatto che Ferrerio non era colui il quale stava inviando messaggi alla … ma, al contrario, un soggetto che non c’entrava nulla». Il gup vaglia la lettera scritta da Passalacqua, quella con cui l’imputato chiede scusa ai crotonesi e ai bolognesi e dice che darebbe la vita a Davide se potesse, ma anche i messaggi da lui scambiati con la minorenne. «Mi sono un po’ preoccupato che ho sentito un brutto rumore quando è caduto di testa però non mi sarei fermato perché uno che vuole una ragazza sola non ha belle intenzioni».

«Ho visto la scena ed è caduto come un salame», dice la ragazza. In quelle ore la preoccupazione di Passalacqua non è per lo stato in cui versa la vittima dell’aggressione, perché tenta di convincere lei e di autoconvincersi che la farà franca. «Non hanno niente». Insomma, nessuna “resipiscenza”, rileva il gup, anzi l’imputato manifesta «adesione psicologica» al suo gesto. «Io sono bastardo, già è tanto che non gli ho dato una coltellata, che avevo il coltello». Il gup parla di «indole aggressiva, violenta e possessiva disposta a picchiare chiunque intralci i propri desideri». «Sappi che sono geloso lo stesso se qualcuno si avvicina», è una delle affermazioni di Passalacqua valorizzate dal gup che ritiene debba «escludersi che l’evento voluto dall’imputato fosse costituito soltanto dalle lesioni».

IL “POSSESSO”

L’aggravante dei motivi abbietti e futili è avvalorata, secondo il gup, dalla «spiccata riprovevolezza» rappresentata dal «voler difendere “ciò che è suo” infliggendo una punizione esemplare a colui che aveva cercato un approccio con la ragazza che stava frequentando». «Tale concezione di “possesso” della ragazza verso la quale provava un’infatuazione e la circostanza che Passalacqua si determinava a colpire Ferrerio, credendolo l’ignoto interlocutore della stessa, al fine di “difenderla” come se fosse oggetto di sua proprietà, costituisce motivo abietto in quanto ben lontano da un sentimento di gelosia ma assimilabile alla difesa del possesso, appare indubitabilmente contrario alla moderna morale nonché tale da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità». Il gup si sofferma sulle conversazioni tra Passalacqua e la giovane, allorquando l’imputato afferma: «quando mi toccano quello che non mi devono toccare vado in bestia».

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