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LA RIAPERTURA delle scuole è il tema più discusso delle ultime settimane. Perché, in effetti, la scuola è il primo aggregato sociale per eccellenza che ha perso il suo elemento naturale a causa dell’epidemia: l’incontro con l’altro. Nonostante i mesi di lockdown hanno messo a dura prova questa istituzione, ribaltando completamente le regole del gioco, è riuscita a sopravvivere con grande maestria al cambiamento di rotta dato dalla didattica a distanza.

Ora è tempo di ritornare nei banchi di scuola. Scuola dell’infanzia, primaria, licei, istituti tecnici, aspettano l’apertura del cancello.

La domanda che dobbiamo porci è: è possibile proteggere le scuole, senza chiuderle subito dopo la riapertura? Abbiamo degli esempi concreti come la Germania, che al contrario di Danimarca e Norvegia ha riaperto a maggio le sole scuole di grado superiore, utilizzando più o meno le stesse misure, ma aggiungendo il test diagnostico e la mascherina per gli studenti non testati. Sembra quindi che, con le appropriate misure di contenimento, sia possibile limitare fortemente la trasmissione fra gli studenti e dagli studenti agli insegnanti.

In Italia la previsione è di riaprire le scuole a tutti i livelli, anche se per la fascia 0-6 non è previsto l’uso di mascherine, mentre per i liceali viene comunque contemplata la possibilità di fare didattica a distanza. Il protocollo di sicurezza per la riapertura appena siglato prevede test diagnostici su base volontaria per tutto il personale e a campione tra gli studenti, la fornitura di mascherine per il personale e di gel disinfettanti, distanziamento di un metro, pulizie quotidiane e ingressi e uscite scaglionati.

Molte polemiche a riguardo soprattutto in vista dell’aumento dei contagi che sta colpendo nuovamente la nostra nazione. Una delle principali paure è che si possa aprire e, senza neanche rendersene conto, chiudere. In questi mesi abbiamo ascoltato tante idee circa la disposizione di una classe: banchi singoli, mascherine per gli alunni e le maestre, test a tappeto e monitoraggio continuo.

Ma, cosa ne pensano i professori di tutto questo? Dopo essermi confrontata con alcuni di loro, mi sono resa conto che nessuno era totalmente favorevole o totalmente contrario. Questo perché il confine tra cosa è giusto e cosa no è troppo labile. Mario, insegnante di tecnologia di un istituto superiore si dice preoccupato in merito alla gestione interna, una volta partiti. “Non credo sia facile far comprendere ai nostri alunni, dopo mesi di distacco, che bisogna continuare a rispettarlo anche se fisicamente in classe”. È effettivamente così: dopo mesi di lezioni nelle proprie stanze, in cucina, in soggiorno, da soli, non sarà semplice riprendere normalmente. Soprattutto visto che questo presenta delle limitazioni. C’è chi dice invece che bisogna ripartire senza aver paura: lei è Anna, professoressa di storia, che guarda a questa ripresa con molta emozione negli occhi e nella voce: “non vedo l’ora di guardare i miei alunni in volto. Di parlare con loro, di insegnare loro, di vederli crescere. Se ho paura? Certo. Tanta. Ma se solo riuscissimo a rispettare le norme senza farci prendere dal panico sarebbe almeno un buon inizio. Credo che si, ci saranno dei casi a scuola. Come continuano ad esserci in tutto il mondo. Bisogna capire soltanto come gestirli senza rischiare di far chiudere le scuole. I nostri ragazzi hanno bisogno di riprendere le loro abitudini e di convivere con il virus”.

Nessuno di loro si è mostrato contrario alla riapertura. Magari tutti un po’ impauriti ma con la piena consapevolezza che tutto questo serve per poter continuare a vivere. Non ci resta che aspettare con ansia questi ultimi giorni. Perché la scuola non poteva essere altro che il primo grande banco di prova.

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