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REGGIO CALABRIA – Un imprenditore di Palmi, Roberto Recordare, è indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria perché ritenuto la mente economica-finanziaria di clan di ‘ndrangheta, camorra e mafia che volevano riciclare 136 miliardi di euro.

Di questo enorme ammontare di denaro, «36 miliardi erano già pronti, cash», è scritto nella trascrizione di una intercettazione contenuta in una informativa della squadra mobile reggina.

Il passaggio dell’intercettazione è depositato agli atti del processo “Eyphemos” contro le cosche di Sant’Eufemia d’Aspromonte.

La notizia è riportata dal quotidiano “Domani”. Secondo l’informativa, Recordare – ritenuto dagli investigatori «un soggetto riservato della ‘ndrangheta» – avrebbe gestito un fondo di 500 miliardi di euro.

«Questi non si spaventano di niente se ogni tanto ne vede saltare qualcuno in aria, questa non faceva niente», dice Roberto Recordare in una conversazione. Il riferimento «lei», secondo gli investigatori, è rivolto al sostituto procuratore della Dda reggina Giulia Pantano, titolare dell’inchiesta Alchemia, di cui Recordare stava parlando con alcuni interlocutori. In un’altra intercettazione, Recordare parla dei suoi interessi a Malta e, riferendosi all’autobomba che uccise la giornalista Daphne Caruana Galizia, ride e afferma: «Stavano ancora raccogliendo i cocci di quella a Malta».

«Più o meno erano cento miliardi, qualcosa del genere. Ho preso quella busta e l’ho buttata nella spazzatura. Avevo il bond da 36 miliardi», dice Recordare in un’altra intercettazione. L’imprenditore fa riferimento ad una perquisizione cui è stato sottoposto dalla Guardia di finanza all’aeroporto di Fiumicino e racconta che prima di essere sottoposto a controllo era riuscito a buttare un «bustone di bond e procure».

Un dato che sembrerebbe confermare ciò che gli investigatori sospettano su Recordare. L’uomo, scrive la Squadra mobile reggina nell’informativa allegata agli atti del processo “Eyphemos” «stava cercando di spostare in paesi extraeuropei e che non subissero l’influenza degli americani, un’ingentissima somma di denaro che era depositata in diversi istituti bancari di vari paesi, anche europei, ma soprattutto in paesi da “black list” che, comunque, non potevano risultare, ad eventuali controlli, giacché nascosti su conti speciali. Per quanto emerso in numerose conversazioni intercettate gli indagati hanno parlato di una somma che superava i 136 miliardi di euro».

Questi sarebbero stati i soldi che ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra avevano accumulato dagli anni ottanta. Complessivamente – emerge dalle carte e dalle intercettazioni – Recordare «gestiva 500 miliardi in fondi» oltre a 36 miliardi che erano già pronti “cash”». E ancora, secondo gli investigatori, l’imprenditore «aveva la necessità di renderli disponibili ai suoi sodali con operazioni bancarie che dovevano sparire una volta effettuato il trasferimento del denaro». I soldi sarebbero finiti in carte di credito e di debito, intestate a soggetti arabi o dell’Est Europa ma in mano a Recordare e ai suoi sodali. Il denaro veniva scaricato con la procedura “off line”. Sul computer dell’imprenditore, la squadra mobile è riuscita a trovare gli estremi e la foto di una carta di credito, intestata a un lituano, con un saldo di 2 miliardi di euro.

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