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Il comune di Vibo dovrà pagare il mega risarcimento alla “Progettambiente” a seguito di una transazione. Illegittime la risoluzione del contratto e le successive ordinanze dell’allora sindaco Costa


VIBO VALENTIA – Un milione di euro. È quanto il comune di Vibo dovrà versare nelle casse della “Progettambiente”, la società cooperativa che fino al 2015 si è occupata del servizio di raccolta dei rifiuti nel capoluogo e frazioni. E si tratta di una transazione che l’azienda ha accettato altrimenti, visto l’elevato rischio di soccombenza da parte dell’ente locale, l’importo sarebbe stato ben maggiore, più del 50% rispetto alla cifra accordata.

LA GENESI DEL MEGA RISARCIMENTO CHE IL COMUNE DI VIBO DOVRÀ PAGARE

Bisogna fare un passo indietro di ben 10 anni per arrivare alle origini della vicenda. Siamo nell’ottobre del 2014, ai tempi dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco D’Agostino (centrodestra). La società, l’anno precedente, aveva vinto l’appalto del Comune per un periodo di cinque anni ma fin dall’inizio del rapporto negoziale era insorto tra i contraenti un contrasto interpretativo relativo all’oggetto dell’appalto: infatti se la Progettambiente aveva rivendicato il diritto di poter adempiere le proprie obbligazioni attenendosi esclusivamente a quanto previsto nell’offerta tecnica presentata in gara, il Comune aveva ritenuto che le prestazioni contenute nella stessa offerta dovessero essere implementate con quelle previste nel capitolato speciale. Tale contrasto – unitamente ad altre molteplici criticità afferenti la gestione del servizio – avevano generato una situazione di assoluta conflittualità tra i contraenti.

E così a distanza di sei mesi dalla stipula del contratto, la società, il 10 marzo 2015, aveva inviato al Comune un atto stragiudiziale di significazione e diffida ad adempiere e, dopo ulteriori tre mesi, aveva notificato una successiva diffida con l’assegnazione di un termine essenziale il cui inutile decorso avrebbe determinato la risoluzione “de jure” del contratto. La data era stata individuata nel 31 luglio 2015, quindi sotto la nuova amministrazione guidata da Elio Costa (anch’essa di centrodestra), appena insediatasi e torvatasi davanti ad una situazione di estrema emergenza igienico-sanitaria con quintali di rifiuti ammassati in varie parti della città, frazioni comprese.

L’ORDINANZA DEL SINDACO COSTA PER LA GESTIONE PROVVISORIA

E dopo l’ennesimo tentativo di mediazione in extremis ad opera del prefetto andato a vuoto – il 29 luglio – il giorno successivo il primo cittadino aveva adottato un’ordinanza contingibile e urgente con la quale aveva disposto che la società gestisse il servizio, nelle more dell’individuazione di un nuovo operatore. Con una seconda ordinanza (6 agosto 2015) palazzo Razza aveva fissato un termine di efficacia della gestione temporanea del servizio in capo alla Progettambiente sino al 30 settembre successivo e con una ulteriore al 31 ottobre. Nel mezzo, l’8 settembre, la risoluzione in danno del contratto. L’estinzione anticipata del rapporto aveva inevitabilmente trasferito in sede di contenzioso i contratti insorti tra le parti, sia davanti la magistratura amministrativa, che quella ordinaria. La società aveva rilevato l’illegittimità delle sanzioni e delle penali e chiesto un risarcimento a sei zeri.

Davanti al Tribunale per le imprese è stato stabilito che le “detrazioni effettuate dalla Stazione Appaltante (il Comune) dell’importo complessivo di 865mila euro, in parte a titolo di penale e in altra parte a titolo di trattenuta” fossero da intendersi “illegittime”; non solo: il consulente tecnico nominato dal giudice aveva messo nero su bianco che l’anticipata estinzione del vincolo negoziale fosse “ascrivibile a fatto e colpa della Stazione appaltante, impedendo alla Progettambiente di svolgere le proprie prestazioni secondo quanto previsto nell’offerta tecnico-economica e quanto statuito nel contratto del 23 ottobre 2014”, evidenziando che il mancato guadagno per la risoluzione del contratto da riconoscere all’appaltatore fosse pari a 707mila euro. A questo si sarebbero aggiunte altre somme (tra interessi e rivalutazione) che avrebbero fatto ulteriormente lievitare l’importo complessivo.

COMUNE DI VIBO, LA TEGOLA DEL RISARCIMENTO CADUTA SULL’AMMINISTRAZIONE LIMARDO

L’amministrazione Limardo (la terza di centrodestra consecutiva) si è quindi ritrovata con la patata bollente e constatato l’elevato rischio di soccombenza in giudizio ha individuato nell’accordo transattivo l’unica via di uscita. E così tra giugno e dicembre del 2023 si è tenuta una serie di incontri con scambi di proposte e controproposte che hanno portato all’accordo definitivo: l’ente locale avrebbe pagato 613mila euro relativi ai canoni delle ordinanze sindacali di proroga comprensivi di Iva al 10% e 342mila a titolo risarcitorio, per un totale di quasi 956mila euro. Si tratta, ha rilevato l’assessore al contenzioso, Katia Franzè, di un accordo transattivo vantaggioso in quanto si riconoscerebbe meno del 50% di quanto constatato dalla Ctu del Tribunale con l’esclusione di ogni accessorio di legge.

Per quanto concerne il giudizio pendente al Consiglio di Stato, in ogni caso la società ha diritto al pagamento dei canoni ad oggi non corrisposti, avendo agito davanti al giudice ordinario per ottenere il pagamento di una somma superiore rispetto alla misura degli stessi per i servizi espletati durante il periodo di vigenza delle ordinanze del sindaco, rinunciando così non solo al surplus (395mila euro) richiesto ma anche agli interessi moratori e quindi “anche qui si appalesa la convenienza economica dell’accordo transattivo: le parti hanno quindi rinunciato agli effetti di una precedente sentenza del Consiglio di Stato del 2018.

E proprio per dar seguito a questo, il Consiglio comunale ha votato favorevolmente alla variazione di bilancio provvedendo alla copertura finanziaria del debito contratto che comunque non incide sul mantenimento degli equilibri di bilancio. Non incide, no, ma a rimetterci sono sempre i cittadini per danni provocati dagli amministratori. Un film già visto.

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