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Il sequestro della zona

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VIBO VALENTIA – I militari della Guardia Costiera di Vibo Valentia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia, e gli uomini della stazione Carabinieri Forestale Nipaaf di Vibo Valentia, unitamente al personale del Roan della Guardia di Finanza di Vibo Valentia, di concerto  con i tecnici dell’Arpacal e dei Vigili del Fuoco, hanno accertato la presenza diffusa di una stratificazione di scorie mineralizzate sugli argini del Torrente Sant’Anna, nell’area industriale di Portosalvo, riconducibili al ciclo di produzione di un’azienda metallurgica adiacente al torrente stesso. 

All’interno dell’azienda, oltre all’assenza di qualsivoglia titolo autorizzativo ambientale, sono stati accertati lungo tutta la pavimentazione ingenti quantità di polveri, scorie, detriti ed altri rifiuti solidi e liquidi emulsionati, eterogenei tra loro, generati dai processi di produzione e lavorazione, nonché la presenza di rifiuti combusti esposti agli agenti atmosferici. Peraltro, si è constatata l’assenza di dispositivi finalizzati a captare le esalazioni e le emissioni delle polveri e dei vapori rilasciati in atmosfera.

Nel prosieguo dell’attività ambientale è stato anche accertato che, le scorie derivanti da una delle fasi del processo produttivo industriale, tramite un’apposita condotta, venivano smaltite lungo gli argini del torrente, formando nel corso degli anni strutture stratificate pressoché orizzontali e di varie dimensioni, a partire dal letto del torrente fino alla sommità dell’argine. 

Gli investigatori non escludono che che una parte dei minerali polverizzati, a contatto con le acque del torrente, sia stata trasportata direttamente in mare con inequivocabile compromissione delle matrici ambientali. I preliminari accertamenti coordinati dalla Procura di Vibo hanno consentito di ipotizzare un disegno «criminoso finalizzato ad un illegittimo guadagno derivante dall’illecito smaltimento dei rifiuti, con inevitabile compromissione della matrice ambientale, suolo, sottosuolo, acqua ed atmosfera e potenziale pericolo per la salute pubblica».

Di conseguenza, delineatosi un «chiaro ed inequivocabile quadro indiziario di reità a carico del titolare dell’azienda, la polizia giudiziaria intervenuta procedeva a porre sotto sequestro preventivo i capannoni industriali e delle aree a questi pertinenti per una superficie totale di oltre 20.000 mq, nonché parte dell’argine e del letto del torrente oggetto di inquinamento, sussistendo il fondato pericolo che la libera disponibilità potesse portare ad un’ulteriore compromissione delle matrici ambientali». 

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