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AVELLINO- “La soglia della povertà in provincia di Avellino sta aumentando in maniera esponenziale e non è il caso di litigare sulla gestione delle politiche sociali”. Il monito alle istituzioni arriva dal Vescovo Arturo Aiello nel giorno della consueta Commemorazione dei defunti del 2 novembre, tenuta nello spazio antistante la Cappella del Cimitero di Avellino, alla presenza del Prefetto Paola Spena, del sindaco Gianluca Festa e delle autorità civili e militari della provincia.

“Dall’ultimo report della Caritas era già emerso che nel post pandemia le situazioni di disagio e povertà stessero aumentando. E’ tempo di dare delle risposte anche di carattere istituzionale- continua Arturo- bisogna essere coesi e non divisi. La Caritas è da sempre impegnato su questo fronte, ma la politica anche sul piano legislativo deve prevedere gli “ombrelli” per tante categorie di persone che prima erano nella classe media e adesso sono cadute oltre la soglia della povertà”.

Poi Arturo non si sottrae nemmeno a commentare la vicenda giudiziaria che sta vedendo Don Livio, il parroco attualmente in carcere accusato di abusi su un minore. “Siamo interpellati dalla povertà e le povertà non sono solo del mondo ma anche della Chiesadice il Vescovo- Ne soffriamo, ma i sacerdoti non sono degli eroi, sono uomini e come tutti gli uomini sono fallibili. E’ chiaro che dai sacerdoti ci aspettiamo di più”. Poi Arturo si rivolge ai fedeli che non hanno voluto mancare alla Solenne Concelebrazione per ricordare i propri defunti. Arturo ricorda ancora una volta la pandemia, quelle vittime “che spesso non abbiamo nemmeno potuto salutare”.

“Un calvario come fossimo reduci da una guerra. Ma la morte è resurrezione e non potrà mai sconnettere le relazioni più profonde- ricorda Aiello- Quelle fondamentali, quelle con i nostri genitori, con nostro marito, nostra moglie, i nostri figli, i nostri amici. E se non è rimasto che qualche brandello di muro- la citazione di Ungaretti – Il poeta dolente, in maniera struggente, dice che delle relazioni è rimasto ancora meno, ma non porta via la nostra esperienza nel ricordo dei defunti. Dopo la morte dalla nostra memoria scompare per prima l’inflessione delle voce dei nostri cari. La voce, uno degli aspetti più spirituali di noi. Poi ci restano le foto che con il passare degli anni si scontornano, si ingialliscono. Ma c’è il cimitero che, come dicevano i nostri nonni, è terra sacra, aeroporto di resurrezione”.

E dopo Ungaretti, il Foscolo “che da non credente avvertiva questa corrispondenza di amorosi sensi, per noi dovrebbe ancora più facile”. Arturo ricorda il muro d’ombra di Ungaretti: “Sono più le persone che ami che sono in vita o sono più quelle che sono già morte? Ma la memoria, grande, rimane nel cuore, dove nessuna croce manca mentre sbiadiscono i contorni, mentre svaporano i volti, le voci, le parole. Nel cuore nessuno mancherà mai all’appello”. E se San Martino del Carso scompare nelle sue macerie, “nel suo dramma di un paese sventrato, spazzato vivo, rimane invece questo paese interiore”.

E poi la città invisibile di Italo Calvino, “dove rimangono tante persone, tanti nomi che mi chiamano e mi corrispondono anche oggi e mi dicono “ti aspetto”. Non vi sembri un cattivo augurio- aggiunge il Vescovo- Qui non ci sono pandemie, qui non ci sono distacchi, qui c’è una festa senza tristezza, giorni che non tramontano, primavere che non sbiadiscono, amori sempre fedeli. E’ per questo che la nostalgia che oggi sentiamo si espanda in tutti i giorni, e tutti gli alveoli del nostro cuore”.

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