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AVELLINO – La Nursing Up di Avellino seguirà le direttive del proprio sindacato nazionale e lunedì 2 novembre sciopererà dinanzi all’ingresso del Moscati. Tuttavia in accordo con le nuove direttive governative, gli operatori sanitari iscritti presteranno servizio all’interno del nosocomio, garantendo il servizio minimo, al fine di non creare disagi durante questo difficile periodo. La manifestazione avverrà dunque in contemporanea nei vari ospedali italiani a seguito dei mancati accordi tra organizzazione sindacale e Ministero della Salute.

Dopo vari tentativi di mediazione falliti ed il mancato aggiornamento contrattuale, infatti, gli infermieri insieme ai vari segretari provinciali si apprestano a contestare duramente le politiche contrattuali adottate nell’ultimo periodo.
Mentre al Moscati si registra un ospedale al collasso e ben 16 decessi negli ultimi 20 giorni giorni, denuncia dello scabroso momento che gli infermieri italiani stanno vivendo, arriva dal presidente nazionale del sindacato Antonio De Palma, che aggiunge: «A far scattare l’allarme, ben oltre la soglia di emergenza sono inoltre gli scenari interni, la disorganizzazione, il precariato, i nuovi turni massacranti, gli spostamenti ‘tappabuchi’ di colleghi da un reparto e da un ospedale all’altro, senza logica, penalizzando reparti no-Covid a irrimediabile rischio chiusura».

De Palma presenta i dati del nuovo ‘report’, questa volta incentrato sui preoccupanti numeri della mancanza di infermieri nelle aree Covid della sanità pubblica. ‘Allarme rosso’ dunque in Campania «dove la carenza di infermieri oscilla tra le 10 e le 12mila unità. Numeri incredibili – commenta De Palma – che però non sorprendono pensando ai tagli messi in atto negli ultimi anni. Nella Regione – riferisce il presidente di Nursing Up – a fronte di circa 600 posti di terapia intensiva, il 70% è già occupato da pazienti. Che fine faranno i nuovi contagiati se si dovesse superare la fatidica soglia?.Qui non accade come in Lombardia, non si spostano gli infermieri come al ‘Monopoli’, ma si accorpano i reparti», denuncia. E porta ad esempio «Solofra, in provincia di Avellino, dove per far spazio a 37 pazienti Covid del Moscati della città capoluogo, sono stati chiusi ben cinque reparti fondamentali per la salute di un indotto di 100mila pazienti, alienando quasi totalmente il servizio sanitario di un ospedale come il Landolfi, dove restano aperti solo analisi di laboratorio e radiologia, e facendo inviperire i sindaci e i cittadini. Intanto gli infermieri contagiati sono già 25″, riferisce.

“Occorre un tampone completo per tutti gli operatori ogni 20 giorni e un test rapido giornaliero prima che ogni collega prenda servizio e contatto con i pazienti. Dobbiamo arrivare a mille morti al giorno affinché tutto questo avvenga?».«Nel pieno della riesplosione dell’emergenza Covid, di fronte alla palese cattiva gestione di quella che poteva essere una seconda fase, se non indolore, certamente dai contorni non drammatici come quella che stiamo vivendo in questi ultimi giorni, in tutti gli ospedali, piccoli e grandi, da Nord a Sud, impegnati nell’ardua battaglia contro la pandemia, gli infermieri italiani incrociano le braccia per 24 ore, da lunedì 2 novembre alle ore 7.00 fino alle ore 7.00 di martedì 3 novembre, per dire ancora una volta “no” all’indifferenza, alla mancanza costante di un dialogo costruttivo con il Governo, le Regioni e le associazioni sussidiarie dello Stato, al non coinvolgimento nelle decisioni “chiave” per il futuro della categoria. Ed è emblematico che in un frangente così delicato per la storia della sanità pubblica del nostro Paese, siano gli infermieri, perno indiscutibile di un sistema deficitario che si regge a galla grazie al loro impegno e alla loro dedizione per la strenua difesa della salute della società civile, a decidere volontariamente di non recarsi sul posto di lavoro e di aderire all’agitazione promossa dal nostro sindacato, con tutte quelle che possono essere le conseguenze ».

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