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 É morto a Napoli il popolare attore Ennio Fantaschini. Era ricoverato da più di due settimane nel Reparto di Rianimazione del Policlinico della Federico II, diretto da Giuseppe Servillo, per le complicanze di una leucemia acuta promielocitica. Per Fantastichini, 63 anni, fatali sono state le complicanze emorragiche della neoplasia ematologica di cui era affetto. In particolare a stroncarlo sono state le emorragie cerebrali che hanno fatto seguito a complicanze polmonari ed intestinali.

La Casa del Cinema a Roma ospiterà lunedì 3 dicembre, il saluto di amici, parenti, appassionati e normali spettatori a Ennio Fantastichini, il popolare attore scomparso ieri.

La camera ardente sarà aperta dalle ore 15 fino alle 19.30 e un ricordo pubblico è previsto intorno alle ore 18. Alle ore 20 in sala Kodak verrà proiettato “Mine vaganti” di Ferzan Ozpetek con cui Ennio Fantastichini ha vinto nel 2010 il David di Donatello e il Nastro d’argento.

“La casa del cinema – dice il direttore Giorgio Gosetti – è da sempre il luogo in cui si ritrova chi il cinema lo fa e di chi lo ama. Insieme a Angelo Barbagallo, Pietro Valsecchi, la famiglia e tanti amici che con lui hanno lavorato nei film, in televisione, a teatro, abbiamo voluto che fosse domani, una volta ancora, la casa di Ennio. Non per un momento soltanto di raccoglimento e di tristezza ma per un saluto caldo, affettuoso e vitale proprio come Ennio e’ sempre stato e come resterà nella nostra memoria”.

 

Addio a Ennio Fantaschini, attore di testa e di cuore

Grande, grosso, sanguigno: una presenza tangibile e forte in ogni inquadratura dei film che ha interpretato, ancor più imponente sul piccolo schermo dove le fiction di successo di Rai e Mediaset gli hanno dato spesso quella popolarità che per lui era autentico carburante esistenziale. Eppure Ennio Fantaschini– morto a Napoli per le complicanze di una leucemia – è stato anche interprete sottile e raffinato, cresciuto avendo negli occhi un modello espressivo, quello di Gian Maria Volonté con cui fece poi coppia in “Porte aperte” di Gianni Amelio (1989) e di cui riprese, a modo suo, gli accenti interpretando l’anarchico Vanzetti nella fiction del 2005 dopo che Volonté aveva interpretato il ruolo nel film di Giuliano Montaldo (1971).

Nato a Gallese, paesino del viterbese il 20 febbraio 1955, figlio di un maresciallo dei carabinieri, era cresciuto Fiuggi, per poi andare a Roma, ventenne, per iscriversi all’Accademia d’Arte Drammatica. La passione per l’arte deve essere stata un cromosoma di famiglia se suo fratello Piero si è poi affermato come pittore e scultore e lui stesso debuttava, appena quindicenne, in teatro cimentandosi con Beckett e i classici. Si lascia alle spalle quasi 50 film, una quindicina di ruoli in tv, qualche incursione in palcoscenico, testimonianza di un attivismo frenetico, quasi a compensare una vita privata tormentata e difficile, con due storie d’amore e un figlio adorato (Lorenzo) intorno a cui ha sempre steso una ferrea barriera di riservatezza, lontano dal gossip e dagli scandali. Per Ennio il vero amore aveva le forme della cinepresa, capace di scrutare nelle insicurezze del volto, nella mobilità appassionata dello sguardo, nelle mani irrequiete e in quel corpo da toro che esibiva con sfrontata e, talvolta voluta, allegria. La lezione dell’Accademia si ritrovava invece nella sapiente alternanza tra interpretazioni sommesse ed altre volutamente sopra le righe, con un controllo rigoroso della lingua (lui, romano nelle ossa) e un metodo quasi istintivo di usare tutto il corpo per costruire il personaggio.

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