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UN TRIBUNALE dell’Aia, nei Paesi Bassi, ha stabilito che entro il 2030 la grande società petrolifera Royal Dutch Shell, più nota come Shell, dovrà ridurre le proprie emissioni di gas serra del 45 per cento rispetto ai livelli del 2019.

È una riduzione molto più alta di quella promessa da Shell, che a febbraio aveva detto che entro il 2030 avrebbe ridotto le emissioni del 20 per cento rispetto ai livelli del 2016 (ovvero i livelli registrati due anni prima del raggiungimento del suo picco di emissioni).

Secondo la decisione del tribunale il modello di business di Shell «mette a rischio il rispetto dei diritti umani e le vite delle persone» perché minaccia il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’accordo sul clima di Parigi del 2015.

L’accordo – il cui obiettivo è evitare che le temperature medie globali aumentino di più di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali, e preferibilmente restino sotto 1,5 °C di aumento – è un impegno preso tra paesi, e non tra aziende, ma il tribunale dell’Aia ha osservato che per via delle sue emissioni di gas serra Shell ha un impatto sul cambiamento climatico maggiore di quello di molti paesi del mondo.

Milieudefensie, una delle sette organizzazioni ambientaliste che a nome di 17.200 cittadini olandesi avevano portato Shell in tribunale, ha detto che è la prima volta nel mondo che un’azienda energetica viene obbligata legalmente a rispettare l’accordo di Parigi.

La decisione del tribunale, contro cui Shell può fare appello, è legalmente vincolante solo nei Paesi Bassi (l’azienda ha la sua sede principale proprio all’Aia), ma potrebbe ispirare nuovi procedimenti giudiziari contro altre grandi aziende petrolifere europee, tra cui l’italiana Eni.


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