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Sergio Mattarella, rieletto presidente della Repubblica

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Sergio Mattarella presidente della Repubblica. Mario Draghi presidente del Consiglio. Giuliano Amato presidente della Corte Costituzionale. Il Paese è salvo, il sistema tiene. Perché ha i suoi tre cardini ben oliati e questo vuol dire che la porta non cigola. Parliamo di miracolo perché  improvvisamente in Parlamento si è avuta la percezione reale del sentiment del Paese al punto di muoversi meglio di molti dei capi partito populisti e sovranisti. Tutti insieme stavano allegramente portando il Paese  sulla strada della caduta verticale di credibilità. Ovviamente alcuni di loro senza accorgersene. Per fortuna, mentre portavano il Paese a sbattere, i passeggeri  della carovana parlamentare sono scesi dal pullman e lo hanno fermato prima  che cadesse nel burrone. Questo mi fa sperare che Mattarella non sia più solo  un coperchio su una pentola a pressione destinato comunque a saltare

SERGIO Mattarella presidente della Repubblica. Mario Draghi presidente del Consiglio. Giuliano Amato presidente della Corte Costituzionale. Il Paese è salvo, il sistema tiene. Perché ha i suoi tre cardini ben oliati e questo vuol dire che la porta non cigola. Il cammino di riunificazione delle due Italie e il processo riformistico possono proseguire. Il bene prezioso della stabilità italiana  e la credibilità riconquistata sono preservati. Spieghiamolo meglio. Mattarella è il regista che fa recitare ciascun attore non solo in modo consono ma in modo che sia parte della rappresentazione generale. Ha la forza della grande politica che si riflette nel consenso dei cittadini. Draghi ha l’intelligenza politica della impostazione e della esecuzione delle cose,  ma soprattutto ha la credibilità internazionale perché tutti ritengano che il risultato riformatore sarà ottenuto in casa e in Europa.

Questa del salvatore dell’euro è l’altra faccia della medaglia che c’è dietro la fiducia dei mercati, degli investitori globali e degli Stati nei confronti della nuova Italia. Giuliano Amato è il capo del governo che ha salvato l’Italia nel ’92 e gode da sempre di credito internazionale, ma è ancora prima giurista di assoluto valore che lo rende presidio della interpretazione non a vanvera della Costituzione e il guardiano dei margini di creatività del diritto. Sono tre uomini che vengono da lontano. Che hanno alle spalle storie che appartengono a un’altra Italia e, nel caso di Draghi, anche a quella di una nuova Europa.

Il soggetto risolutore oggi, però, è Sergio Mattarella perché la politica è così cieca da impedire ai capi partito di Lega, Cinque stelle, Forza Italia, Salvini, Conte e Berlusconi, di giocare la carta Draghi come nuovo presidente della Repubblica per continuare a rivendicare il dividendo politico della Nuova Ricostruzione e assicurare al Paese una garanzia di sette anni. Avevano l’oro in casa e non lo hanno visto o non lo hanno voluto vedere nonostante Mattarella abbia fatto di tutto per dare loro la vista.

Per fortuna che in questo caos generale, che ha dato la stura a tutti i populismi della prima ora e a ogni genere di dilettantismo fino al punto di mettere a rischio il titolo Italia, esiste Mattarella. Immaginate per un attimo come sarebbe andata a finire senza di lui: ci saremmo giocati in un colpo solo Mattarella e Draghi e, con la assoluta leggerezza inconsapevole di sovranismi e populismi di ritorno, avremmo consegnato il Paese al default sovrano. 

La grande cosa di Mattarella è che ha garantito una soluzione che è anche gradita alla gente perché la gente ha fiducia in lui. C’è, poi, un discorso da fare sul Parlamento che è importante.  Pensando a quello che è accaduto la notte scorsa, ma anche sotto sotto da qualche giorno prima, mi è venuto in mente il comitato centrale socialista che diede il via libera a Nenni e che lo spinse a parlare di miracolo in via del Corso. Oggi potremmo parlare di miracolo a Montecitorio. Perché dentro quelle aule non ci sono evidentemente solo coloro che pensano a come fare per maturare il vitalizio, ma anche figure come quelle di Ceccanti trasversali in quasi tutte le formazioni in grado di avere la percezione reale di che cosa bolle in Parlamento e il sentiment del Paese al punto di muoversi meglio di molti dei capi partito. 

Non parlo di Enrico Letta che ha tenuto il profilo corretto dal primo all’ultimo giorno, di Matteo Renzi che ha senso dello Stato e lo rivela sempre nei momenti difficili, e anche di un leader ormai maturo come si rivela in tutti i suoi comportamenti, Luigi di Maio. Parlo di capi partito che hanno fatto l’esatto opposto che sono Salvini, Conte, Berlusconi e la Meloni che paralizza il centrodestra esprimendo gli interessi   dell’opposizione che non sono quelli di chi sta al governo e vanno, di fatto, contro l’interesse generale.  Diciamoci le cose come stanno. Questi leader politici hanno sbagliato tutto, dico tutto. Che peccato il Cavaliere: nel novembre del 2011 fece un gesto straordinario e salvò il Paese, oggi si è accodato ai politici del rumore. Tutti insieme stavano allegramente portando il Paese sulla strada della caduta verticale di credibilità e del conseguente default sovrano. Ovviamente alcuni di loro senza accorgersene.  Per fortuna, mentre portavano il Paese a sbattere, i passeggeri della carovana parlamentare sono scesi dal pullman e lo hanno fermato prima che cadesse nel burrone.

Questo mi fa sperare che Mattarella non sia più solo un coperchio su una pentola a pressione destinato comunque a saltare. È stato il Parlamento della ragione non i capi partito della stagione del populismo a porre un argine al cupio dissolvi. Questo permette di sperare che tale base parlamentare e i capi di partito che hanno bandito la tattica possono dare insieme al Paese la legge elettorale proporzionale di cui ha bisogno per liberarsi dalla prigione delle coalizioni e quella sintonia fatta di linfa operosa di cui il governo di unità nazionale guidato da Draghi ha assoluto bisogno perché il cammino riformista della pubblica amministrazione, della giustizia e del fisco si completino,  perché la macchina pubblica degli  investimenti marci finalmente a regime consolidando tassi di crescita e di fiducia che non si vedevano da decenni.

Dobbiamo fronteggiare con risolutezza e grande lavoro in sede europea le emergenze energetiche e sanitarie.  Dobbiamo avere in mente un’idea di Paese di qui ai prossimi quindici anni e lavorare ogni giorno perché centrando i target europei del Piano nazionale di ripresa e di resilienza quell’idea si realizzi partendo dalla riunificazione in termini di Infrastrutture e di capitale umano delle due Italie. Bisogna rendere merito a figure come quelle di Renato Brunetta che ha fatto le riforme al governo e da dentro Forza Italia ha evitato deriva leghista e nuove tentazioni di colpi di mano. Emerge un equilibrio complessivo che, nel rispetto della disciplina di partito, ha visto più lontano sia con la nascita del governo di unità nazionale sia sul ruolo di Draghi sia su che cosa  significano davvero credibilità e responsabilità. Dopo una settimana di follie e miserie abbiamo Mattarella, abbiamo Draghi, abbiamo Amato.

La politica con la P maiuscola è in campo e i capi dei partiti si misurino con la prova di appello che il Parlamento più avanti di loro è riuscito a tutelare. Abbiamo salvato il dividendo Draghi per l’Italia che è un fatto che riguarda la persona, ma ancora di più il valore di un metodo nuovo e lo sforzo di rendere strutturale il cambiamento facendone patrimonio comune. Questo, credetemi, conta più di tutto. Potremmo dire che esprime, anzi meglio misura lo standard della grande politica di cui il Paese ha vitale bisogno. Per l’oggi e per il domani.


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