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Il vino rosso

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Le diplomazie sono al lavoro in attesa oggi del verdetto sul vino del Parlamento europeo che deve decidere se approvare o bocciare il giro di vite sul vino nel quadro di una azione che punta a rafforzare il contrasto al cancro, anche con sistemi alimentari più salutari. Il rischio è però di mettere un altro pilastro della Dieta mediterranea sul banco degli imputati.

E appare quasi paradossale che mentre si definisce una strategia, peraltro condivisibile, per una dieta alimentare più sana e sicura, negli stessi giorni la Ue dia il via libera al terzo insetto ammesso sulle nostre tavole, il grillo domestico.

Da un lato dunque la battaglia del vino, ma anche per prosciutti, formaggi e olio d’oliva che restano a rischio di Nutriscore, l’etichetta a semaforo che lancia l’allarme su zuccheri, grassi e sale contenuti negli alimenti (a cui l’Italia oppone una proposta alternativa presentata ufficialmente ieri), dall’altro il colpo di acceleratore sui cosiddetti novel food che di garanzie ne danno in realtà assai poche.

Così come, sempre nel nome della lotta al cancro, per contenere il consumo di carni, è incomprensibile che Bruxelles stia spalancando le porte, con ingenti investimenti, alle bistecche create in laboratorio anche con impiego di chimica.

Ora comunque l’attenzione è concentrata sul vino che si gioca in queste ore il suo futuro e che sta facendo i conti con un pesante aumento dei costi del 18,7%, secondo Bmti/Unioncamere, per l’impennata di vetro, carta e bollette. L’europarlamentare Paolo De Castro (ex ministro dell’Agricoltura) ha tentato fino all’ultimo la via diplomatica e ha presentato quattro emendamenti, di cui è primo firmatario con il collega Herbert Dorfmann, per definire una “differenza netta tra l’abuso di alcol, da combattere dati i rischi che ne derivano in termini di salute pubblica, e il consumo moderato e responsabile di vino e bevande alcoliche, che in combinazione con diete e stili di vita sani quali la dieta mediterranea, può avere effetti positivi in particolare per quanto riguarda le malattie cardiovascolari”.

L’obiettivo è di evitare che sulle bottiglie arrivino etichette con avvertenze sanitarie come per le sigarette. Ma in pericolo ci sono anche i fondi per la promozione che hanno sostenuto in questi anni la corsa del vino sui mercati mondiali e un appesantimento delle tasse.

Ma c’è chi ha scelto la linea dura. Un altro ex ministro dell’Agricoltura, attuale presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha bollato come “fandonie” le novità che arrivano da Bruxelles e che – ha spiegato – “vanno a colpire le tipicità, quell’agricoltura della quale sono una culla i nostri territori”.

Anche la Coldiretti è scesa in campo nei giorni scorsi e ha inviato una lettera oltre che al ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, al commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, al commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, agli europarlamentari italiani e ai leader dei principali partiti politici per sensibilizzarli sulla tutela di un prodotto vanto della nostra agricoltura, ma anche leva economica rilevante del sistema agroalimentare.

Il fatturato del vino vale infatti 12 miliardi, oltre 7 miliardi per l’export e gli occupati del settore, dalla vigna alla tavola, superano 1,3 milioni. Le bottiglie Made in Italy – ha sottolineato la Coldiretti – sono destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola. Con una presenza rilevante delle produzioni meridionali che negli anni si sono sempre più qualificate.

Non trova alcuna giustificazione dunque la demonizzazione dei prodotti della Dieta Mediterranea considerata – ha ricordato ancora l’organizzazione agricola – un modello alimentare sano e benefico per la prevenzione di molte malattie, tra cui il cancro, che si fonda anche sul consumo equilibrato di tutti gli alimenti a partire dal bicchiere di vino ai pasti. La presenza massiccia di etichette certificate conferma poi la sempre maggiore diffusione, anche in questo settore, della Dop economy che è diventato un motore fondamentale della nostra agricoltura.

La foto scattata al sistema delle Dop, Igp e Stg da Ismea e Qualificata consegna infatti l’immagine di un’agricoltura che, anche nell’anno tragico della pandemia, non è venuta meno ai suoi principi portanti e cioè qualità e sostenibilità. Il valore economico alla produzione del pianeta Dop ha raggiunto 16,6 miliardi, oltre 9 miliardi l’export. Con un grande dinamismo del Sud che ha segnato una crescita del 7,5% al traino di Puglia e Sardegna. In aumento anche le cosiddette filiere minori come le paste alimentari o i prodotti di panetteria. E si tratta di numeri realizzati nel 2020 un anno che ha messo in crisi molte filiere, a partire da quella del vino, per lo stop del canale Horeca(alberghi e ristorazione) prioritario per il settore.

Nel pianeta Dop, Igp e Stg l’Italia detiene la leader incontrastata staccando di misura Francia e Spagna sia per il cibo che per le etichette. Tra i prodotti alimentari ai primi posti si collocano ortofrutticoli e cereali, seguiti da formaggi e olii. E nella classifica dei primi 5 campioni Igp dell’ortofrutta troviamo prodotti meridionali come il Pomodoro di Pachino e l’Arancia rossa di Sicilia. Tra gli olii, seconda , terza e quarta posizione se la aggiudicano rispettivamente Terra di Bari Dop, Sicilia Igp e Val di Mazara Dop. In aumento le paste alimentari (+17%) e la panetteria e pasticceria (+18%).

Anche sul fronte della viticoltura il Mezzogiorno registra aumenti considerevoli. Gli incrementi maggiori per i Dop, secondo il report Ismea/Qualivita, sono della Basilicata (+29%) e della Puglia (+29,2%). Insomma, come per il biologico che corre sul treno del Sud, anche per le denominazioni le regioni meridionali stanno giocando una partita importante. E molto difficile. Nei grandi accordi commerciali bilaterali che la Ue ha siglato, da Singapore al Giappone, senza tralasciare il Canada, le tutele continuano a privilegiare solo le grandi Dop e tra quelle meridionali non si va oltre la mozzarella.

E c’è un altro elemento di allarme, la crescita nel mondo del falso made in Italy che viaggia sui 100 miliardi e drena risorse e successi alla Dop economy tricolore. Il cosiddetto “Italian sounding” – ha denunciato la Coldiretti – riguarda tutti i continenti e i principali taroccatori sono i paesi ricchi, dagli Stati Uniti di Biden alla Russia di Putin, passando per Australia e Germania. E tra le imitazione ci sono le pregiate conserve come il Pomodoro San Marzano o gli olii extravergine di oliva.


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