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Primum vivere, deinde philosophari è una citazione latina che evidenzia l’esigenza di soddisfare i bisogni primati prima di pensare al resto. Ed in un momento in cui si contano i morti ed i feriti può sembrare inopportuno occuparsi di quella che gli inglesi chiamano “education”, cioè quella formazione che poi porta alla cultura e ad essere cittadini consapevoli. Che si sostanzia prevalentemente nel percorso scolastico, ma che non si esaurisce in quello! Burrhus Skinner, psicologo dell’Università di Harvad, sosteneva che la cultura  è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto. Ma ovviamente prima le nozioni bisogna impararle, e poi caso mai dimenticarle.

Gli studenti sono nella prima fase. In realtà l’Education and Training Monitor, il  rapporto annuale in cui si analizzano i sistemi educativi europei, evidenzia che l’Italia ha uno dei livelli più bassi d’investimento in educazione, sia in rapporto al Pil (3,9 percento nel 2016, comparato al 4,9 percento della media europea), sia in rapporto al totale della spesa pubblica (7,9 percento contro il 10,2 percento). E nel tempo questo rapporto non è migliorato. Il dato riguarda principalmente i fondi utilizzati in educazione superiore; Man mano che si va avanti nel percorso formativo fino ad arrivare all’università ci si colloca penultimi in classifica, Il Consiglio Ue, in effetti, ha adottato una raccomandazione specifica per l’Italia affinché siano “ favorite la ricerca, l’innovazione, le competenze digitali attraverso lo stanziamento di fondi mirati” e “aumentata la formazione professionale dell’istruzione superiore”. Ma questo era quello che accadeva in tempo di pace. Immaginiamo cosa può accadere nei tempi che viviamo, nei quali siamo stati costretti a chiudere gli edifici scolastici ed a fare le cosiddette Smart Lessons.

Ma è questo il momento, mentre siamo chiusi a casa, di pensare alla formazione? Penso proprio di sì, perché questo Paese sarà quello che i nostri giovani sapranno e potranno dare. Anche questa è un’emergenza altrettanto importante di quella della sopravvivenza fisica, io la chiamerei sopravvivenza della conoscenza. E che ha fatto grandi i Greci prima ed i Romani poi, in una tradizione mediterranea che passa anche attraverso gli Egizi e gli Arabi, lo ricordino i mittle_europei ed i loro seguaci.

Ritorneremo a commerciare ed a collegarci con gli altri popoli ed, in un mondo globalizzato, possiamo competere certamente non con un costo del lavoro più basso, che non potremo mai avere, ma attraverso le nostre conoscenze e la capacità di inventare e brevettare nuove idee, proposte, realizzazioni. Per questo dobbiamo formare meglio possibile i nostri giovani, perché loro rappresentano il nostro futuro, anche economico. Dobbiamo fare in modo che anche in questo frangente si faccia al meglio quello che è possibile. Per non fare perdere l’anno ai ragazzi amministrativamente certamente, ma nemmeno in termine di conoscenza.

Ed allora è necessario che loro siano in condizione di lavorare bene anche a distanza. Purtroppo non tutti sono in condizione di avere gli strumenti necessari e sufficienti per potersi collegare in remoto. Vi sono due problemi che devono essere superati: quello del collegamento e della sua velocità; e l’altro quello dell’hardware necessario per mettersi in contatto.

Per il primo aspetto poco si può fare nell’immediato, ma forse si può pensare a dei Wifi liberi in tutte le città ed i Comuni d ‘Italia. Anche se in alcune parti, soprattutto nel Mezzogiorno, non vi è la fibra ottica o addirittura qualunque tipo di collegamento, non sarà facile attrezzare tali realtà. Questo è un altro elemento sul quale bisognerà riflettere perché il Sud non ha infrastrutture materiali, come strade e ferrovie, ma neanche quelle digitali. Per questo serve uno Stato che faccia la sua parte, altro che autonomie differenziate, che prima di Cristo, cioè ormai un’era fa, chiedevano Fontana e Zaia, con la compiacenza del buon Bonaccini, che teneva il sacco. Come se l’interesse per una buona formazione dei nostri giovani possa essere di una Regione o non di tutto il Paese. Ma vi è un secondo aspetto che è quello delle dotazioni individuali, che ovviamente vanno a pari passo con il reddito pro capite che, non dimentichiamolo, al Sud è la metà di quello medio nazionale, ed un terzo di quello del Nord. Purtroppo molti ragazzi in smart working riescono solo a vedere il professore, ma non possono interagire perché mancano di microfono e di kam .

Ed allora un contributo a fondo perduto, un bonus studenti per consentire loro di acquisire gli strumenti basici necessari per poter studiare diventa un must del momento. Forse basterebbe dotare ogni studente di un bonus di 500€ da spendere per avere ciò che è necessario o per pagarsi il Wi-Fi, magari bonus in cifra collegato al reddito familiare, anche se oggi anche coloro che avevano redditi elevati soffrono. La cifra, se data alla maggior parte non supererebbe i 4 miliardi considerato che la popolazione studentesca è di circa 8 milioni circa. Certo non è poco ma è un investimento nel futuro contrariamente ai 21miliardi stanziati per quota 100.


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