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Malcolm McDowell nei panni di Alex DeLarge in Arancia Meccanica

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Sono passati 50 anni da quanto per la prima volta il capolavoro di Stanley Kubrick, Arancia Meccanica, è andato in onda.

Da allora il termine Arancia Meccanica è diventato patrimonio del parlare comune, il simbolo esemplificativo di quella violenza estrema e gratuita, spietata e micidiale che va oltre il comune immaginario collettivo.

La stampa ha fatto del titolo del film e della sua simbologia il mezzo forse più usato e abusato per descrivere un agire criminale e psicopatico teso ad infliggere sofferenza e dolore senza rimorsi o ripensamenti,

Lo stesso Stanley Kubrick arrivò a chiedere (nel 1973) la censura del film in Inghilterra quando inizio a ricevere lettere minatorie nei confronti suoi e della sua famiglia. Il registra chiese e ottenne dalla Warner Bros il ritiro dalle sale inglesi della pellicola che non fu più trasmessa in Inghilterra (almeno in via ufficiale e autorizzata) fino alla morte dello stesso Kubrick.

Ma Arancia meccanica (la cui sceneggiatura è tratta dal romanzo “A Clockwork Orange” di Anthony Burgess del 1962) è anche una denuncia visionaria sulla pericolosità del potere e del controllo, una riflessione critica ed amara sul concetto di educazione, un ritratto anomalo e distopico della ribellione sociale e sulle conseguenze estreme cui può condurre il libero arbitrio.

Un film girato all’alba di quegli anni ’70 fatti di eccessi e di contestazione, violenza e ideologia, rabbia e contrapposizione (ma anche speranze visionarie) che mantiene ancora oggi una sua attualità e una propria brillantezza anche grazie all’utilizzo di un comparto musicale di supporto fatto di scelte innovative e, senza dubbio, traccianti.

Il film ottenne quattro candidature agli Oscar del 1972 come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale e miglior montaggio.

Un grande apporto al successo del film va indubbiamente riconosciuto, oltre che alla magistrale regia di Kubrick, anche a Malcolm McDowell nel ruolo di Alex, autore di una interpretazione psichedelica e disturbante del giovane protagonista, un attore pronto e disponibile a tutto pur di raggiungere l’obiettivo di trasmettere un senso di timore misto a soggezione già al solo apparire sullo schermo, al punto che, secondo quanto raccontò la rivista Rolling Stones, arrivò ad incrinarsi una costola e a riportare l’abrasione delle cornee durante le riprese.

Alcune curiosità

Il primo montaggio della pellicola durava circa 4 ore, la rielaborazione ha portato a ridurre la durata del film a poco più di 2 ore e un quarto, Stanley Kubrick fece bruciare il resto della pellicola tagliata da un suo assistente.

Nel 1998 l’American Film Institute l’ha inserito al quarantaseiesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi, mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è sceso al settantesimo posto. 

Nel 1999, compare nella classifica BFI 100 stilata dal British Film Institute all’81º posto. 

Nel 2020 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.


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