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Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti

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La manovra è un cantiere aperto e i lavori viaggiano parallelamente alla costruzione del nuovo pacchetto di aiuti, il quarto, al sistema economico e alle famiglie di fronte alla crisi energetica e inflazionistica scatenate dall’aggressione di Putin all’Ucraina. Ed è «una corsa contro il tempo» per entrambi i provvedimenti, per i tempi “tecnici” previsti per la prima ma anche per le urgenze di cui si fa carico insieme al decreto Aiuti Quater che su questo fronte si muoverà nel solco dei provvedimenti varati dal governo Draghi.

Con la premier Giorgia Meloni in Egitto per la Cop 27, è il vicepremier Matteo Salvini a indicare l’orizzonte per l’approdo della legge di Bilancio in Parlamento: arriverà «entro 10 giorni», assicura.

Il caro energia resta in cima alla lista delle priorità. Per contrastarlo il governo intende mettere in campo circa 32 miliardi, affidandone circa 9,1 al decreto con le misure di sostegno che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri tra giovedì e venerdì, dopo il via libera del Parlamento alla Nadef e alla richiesta di scostamento – entrambi a maggioranza assoluta – dal momento che l’esecutivo ha bisogno dell’ok delle Camere per utilizzare il “tesoretto” di oltre 9 miliardi derivante dall’extragettito del 2022.

E sulle bollette la legge di Bilancio investirà 23 miliardi, 21 “recuperati” nella Nadef portando l’indebitamento netto dal 3,4% tendenziale al 4,5% programmatico, cui si aggiungeranno altri fondi, a partire dagli 800 milioni di spending review sui ministeri messi nero su bianco per il 2023. All’appello mancano tra i 7-8 miliardi necessari per una manovra che punta ai 30 miliardi. Ieri il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al suo primo appuntamento all’Eurogruppo a Bruxelles ha sottolineato «l’approccio prudente e realista» del governo che, ha detto «tiene conto da un lato del buon andamento dell’economia, confermato dalle ultime rilevazioni dell’Istat e dall’altro lato dei rischi al ribasso, collegati specialmente al mercato dell’energia e all’inflazione».

In linea, quindi, con «l’atteggiamento di grande cautela, come è necessario per i Paesi ad alto debito», auspicato dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, già rassicurato in questo senso, come ha sottolineato, dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la sua visita la scorsa settimana Bruxelles.

Il ministro ha “verificato” la disponibilità dei partner verso una politica comune contro il caro energia, come la persistenza di posizioni contrarie – con la Germania in prima linea – sulla possibilità di un nuovo ricorso a un debito comune. Quanto ai timori sull’esposizione debitoria, Giorgetti ha assicurato che «l’Italia farà la sua parte». Mercoledì la Commissione presenterà la riforma del Patto di Stabilità: «semplicità» e «fattibilità», ha avvertito Giorgetti, sono i requisiti essenziali «perché viviamo tempi particolarmente complicati e dobbiamo essere pronti in qualche modo a essere reattivi, flessibili alle circostanze avverse, prima la pandemia, oggi la crisi dell’energia, che si presenteranno».

Intanto un primo intervento del governo per calmierare il caro energia dovrebbe arrivare entro la settimana, con il dl Aiuti Quater che provvederà alla proroga delle misure messe in campo dal governo Draghi. Quindi si procederà all’estensione fino al 31 dicembre del taglio di 30,5 centesimi delle accise sui carburanti, in scadenza il 18 novembre. E verrà “allungato” fino a fine anno anche il decreto d’imposta per le imprese energivore e non per le spese energetiche. Si lavora, poi, anche per rafforzare il tetto di 600 euro di fringe benefit per i lavoratori da destinare al pagamento delle utenze. Gli interventi dovrebbero pesare circa 6-7 miliardi, il resto verrebbe impegnato su alcune spese in programma nel 2023, in modo da liberare spazi in manovra.

Con la gran parte delle risorse destinate all’emergenza bollette, il centrodestra deve fare i conti con le promesse elettorali che non potranno essere mantenute appieno. Nell’elenco, ha ricordato il leader del Carroccio, ci sono «lo stop alla legge Fornero e quota 41, l’innalzamento del tetto della flat tax, la pace fiscale con la rottamazione di milioni di cartelle esattoriali e la revisione del reddito di cittadinanza, limitando abusi e truffe e che soprattutto non può essere a vita». «Se mi dite, ‘chiuderete con questa legge di Bilancio tutto, quota 41, flat tax, pace fiscale’… no: però cominceremo a mantenere gli impegni presi», ha affermato il leader del Carroccio.

Così per la flat tax, la tassa piatta del 15% che si vorrebbe estendere ai redditi fino a 100mila euro, dagli attuali 65mila, il punto di caduta potrebbe essere quota 85mila, come ha ipotizzato il sottosegretario all’economia Federico Freni. Il sottosegretario ha poi confermato che il taglio del cuneo fiscale «è una delle priorità». Ma, ha avvertito, «l’obiettivo principale di tutto è il fabbisogno energetico».

Si procederà «gradualmente con le risorse che riusciamo a mettere in campo, con il debito pubblico che abbiamo che è il secondo più alto dopo la Grecia, per due terzi a beneficio dei lavoratori e per un terzo a beneficio delle imprese», ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Ieri il segretario della Cgil, Maurizio Landini, è tornato a chiedere più risorse in busta paga, richiesta che, tra le altre, farà direttamente alla premier mercoledì nel corso dell’incontro convocato a Palazzo Chigi.

Si lavora poi al ridimensionamento del reddito di cittadinanza, che la proposta del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, verrebbe meno già al primo rifiuto di una proposta di lavoro (ora lo stop scatta dopo il secondo). E a termine: un percorso «ragionevole prevede, dopo i primi 18 mesi di reddito, che si possa andare avanti al massimo per altri due anni e mezzo, ma con un decalage», ha sostenuto Durigon in un’intervista al Corriere della Sera.

Quanto al giro di vite sul Superbonus, «il 90% è più che un’ipotesi», ha sostenuto Freni confermando poi che è «allo studio l’estensione per le unifamiliari per cui c’era il termine del 30 settembre, termine che si può riaprire per le fasce di reddito che ne hanno realmente bisogno» e un nuovo intervento sui crediti, «qualcosa per sbloccarli in modo definitivo».

«Se c’è una cosa che non è accettabile – ha affermato – è che questa normativa cambi ogni mese e mezzo, questo non ce lo possiamo più permettere. Troveremo una soluzione per dare respiro a queste imprese, ma questo respiro non può essere un bagno di sangue per le casse dello Stato».


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