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Fabio Panetta, membro del consiglio Bce, ha le idee chiare e lancia il suo monito «Sui tassi alti serve prudenza»

Falchi e colombe si fronteggiano con durezza all’interno del direttivo Bce. Ieri in sequenza hanno parlato alcuni degli esponenti di primo piano della Banca centrale manifestando idee non sempre omogenee. Per il momento i mercati non hanno sofferto come dimostra lo spread rimasto stabile a 202 punti.

Per il futuro non si sa, per questo, Fabio Panetta, membro italiano nel consiglio Bce, ha invitato alla prudenza per non alzare i rischi di recessione. “Alla luce dei progressi già ottenuti – ha spiegato nel corso di un convegno a Firenze – un inasprimento aggressivo non è consigliabile”.

L’impatto dell’aumento dei prezzi è “chiaramente poco chiaro. Le conseguenze di possibili errori potrebbero non essere percepibili oggi, ma diventerebbero evidenti nel tempo. Potrebbe quindi essere troppo tardi per invertirli completamente”. Le proiezioni degli esperti Bce pubblicate a settembre, che prevedono un’inflazione prossima al 2% entro la fine dell’anno prossimo, sono coerenti con un ritiro dell’accomodamento della politica monetaria.

PANETTA (BCE): «L’INCERTEZZA IMPONE PRUDENZA»

“Ma l’incertezza che circonda la dinamica della domanda e dell’offerta ci impone di rimanere prudenti riguardo a quanto lontano debba spingersi l’aggiustamento. E non dobbiamo ignorare il fatto che l’inasprimento, che è derivato dalle nostre decisioni dalla fine del 2021 e dalle aspettative di ulteriori adeguamenti della nostra posizione, si sta già facendo strada nell’economia, con i consueti ritardi di trasmissione”. “Le stime – ha concluso Panetta – suggeriscono che questo inasprimento sottrarrà’ in media più di un punto percentuale dalla crescita annua del Pil reale ogni anno fino al 2024 rispetto a un scenario in cui i tassi di interesse e le aspettative di bilancio fossero rimasti invariati da dicembre 2021”.

Meno accomodante Luis De Guindos, spagnolo, vice-presidente della banca. “L’inflazione attualmente elevata dovrebbe rimanere al di sopra del nostro obiettivo per un lungo periodo -ha detto nel corso dell’intervento ad un seminario a Francoforte – La nostra politica monetaria deve quindi rimanere focalizzata sulla riduzione del sostegno alla domanda e sulla protezione contro il rischio di effetti di secondo impatto”. Nell’attuale incertezza, ha rilevato de Guindos, “le future decisioni sui tassi continueranno a dipendere dai dati e saranno adottate con un approccio riunione per riunione. A dicembre prevediamo inoltre di definire i principi chiave per ridurre le posizioni obbligazionarie nei nostri portafogli di politica monetaria. Procederemo con prudenza, continuando a normalizzare la nostra politica monetaria in linea con il nostro obiettivo di stabilità dei prezzi a medio termine”.

PROSPETTIVE DI STABILITÀ FINANZIARIE IN PEGGIORAMENTO

Nell’ultimo anno le prospettive per la stabilità finanziaria sono peggiorate due volte, sia in primavera, sia nel rapporto che la Bce pubblicherà questa settimana e che spiegherà “come il deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie abbia ulteriormente aumentato i rischi per la stabilità del sistema finanziario dell’Eurozona”, ha aggiunto de Guindos. La guerra russo ucraina ha innescato “una consistente correzione” dei prezzi di mercato degli asset finanziari. “Finora questo riprezzamento è stato generalmente ordinato, ma la volatilità di mercato è aumentata portando a ricadute su margini di redditività e liquidità. Le valutazioni degli asset restano sensibili alla dinamica incerta dell’inflazione, alla normalizzazione della politica monetaria e all’attività economica”, ha continuato.

Un punto per i ‘falchi’ nel Consiglio Bce riuniti attorno alla Bundesbank, con molti governatori nordici che fanno i conti con un’inflazione a oltre il 20% e che per ora sono maggioritari sulla pattuglia delle ‘colombe’ riunite attorno a Francia, Italia e al membro del Comitato esecutivo Fabio Panetta. Ma l’inflazione, con il passaggio al 2023, al lordo dell’incognita-gas potrebbe iniziare a rallentare per ragioni statistiche. La recessione dovuta allo shock energetico darebbe un colpo ulteriore all’andamento dei prezzi. Ecco perché già nella riunione successiva, quella del 15 dicembre, la Bce potrebbe già rallentare con un rialzo di mezzo punto che porterebbe il tasso sui depositi (che salirebbe all’1,5% dopo due rialzi da tre quarti di punto) al 2%, avvicinandosi all’agognato tasso “neutrale”.

Da qui in poi è possibile una pausa di riflessione: specie se le nuove previsioni che la Bce diffonderà a dicembre indicassero il ritorno dell’inflazione al 2% entro 2025, fornendo ai governatori un ottimo argomento per fermarsi nel 2023. Una volta completata la normalizzazione, toccherà disfare il quantitative easing: ma con molta calma, lasciando che i bond comprati arrivino a scadenza senza reinvestirli.


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