Ursula von Der Layen e Donald Trump
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Nuova escalation nella stretta commerciale sull’Europa da parte degli Usa di Trump. E sulla guerra gela l’Ue: prematura la sua partecipazione al tavolo
Donald Trump ha annunciato ieri l’attesa iniziativa che imporrà dazi doganali reciproci: quelli che, cioè, rispondono ad altri dazi fissati dagli altri paesi. Si tratta di una nuova escalation nell’aggressione commerciale contro l’Europa e altri stati al fine di ridurre il crescente deficit commerciale degli Stati Uniti. “Sono state tre settimane straordinarie. Forse le migliori di sempre, ma oggi è il gran giorno: tariffe reciproche!!!” ha scritto il presidente sul suo social network Truth. A seguire il famigerato slogan che lo accompagna da un po’: “Make America Great Again!”.
LA STRETTA DI TRUMP SULL’EUROPA
Lunedì Trump aveva annunciato un aumento dei dazi al 25% su acciaio e alluminio (e loro derivati) che entrano negli Usa, indipendentemente dal Paese di origine. Compresi Paesi che in precedenza erano esenti, come Canada e Messico. L’obiettivo finale è certamente la Cina, che pesa fortemente sul mercato mondiale di questi due metalli e spiazza a livello di prezzo i produttori americani. Ma le conseguenze sull’Europa sono importanti, tant’è vero che Ursula von der Leyen ha promesso contromisure da parte di Bruxelles.
I primi cinque esportatori di acciaio negli Stati Uniti sono Canada, Brasile, Messico, Corea del Sud e Germania. Mentre sempre il Canada è in testa anche per l’alluminio, quindi Emirati Arabi, Russia e Cina. Adesso però il cerchio dei dazi comincia a stringersi su altri comparti. Secondo la Cnn, “è probabile che i dazi colpiscano più duramente i paesi in via di sviluppo. In particolare India, Brasile, Vietnam e altri paesi del Sud-Est asiatico e dell’Africa, dato che sono tra i paesi con le aliquote tariffarie più ampie applicate alle merci statunitensi importate nei loro paesi rispetto a quelle applicate dagli Stati Uniti”. Tuttavia, è altrettanto probabile che tra gli obiettivi di Trump ci sia pure quello di far male ai tradizionali partner europei.
LA STRETTA DI TRUMP SULL’EUROPA E I DAZI: L’ALLARME DELLE CANCELLERIE EUROPEE
Le cancellerie del vecchio continente e le istituzioni di Bruxelles sono così in allarme in attesa della valanga dei dazi a stelle e strisce che dovrebbe arrivare all’inizio della primavera. Secondo un rapporto sulla politica commerciale degli Stati Uniti diffuso dal Centro studi di Confindustria, “l’export italiano è più esposto della media Ue al mercato Usa: 22,2% delle vendite italiane extra-Ue, rispetto al 19,7% di quelle Ue. Tra i settori maggiormente esposti spiccano le bevande (39%), gli autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto (rispettivamente 30,7% e 34,0%) e la farmaceutica (30,7%)”. Come si legge nel documento, “i primi tre aggregati di prodotti per esposizione italiana al mercato Usa (mezzi di trasporto, prodotti chimici e farmaceutici e alimentari e bevande) rappresentano in termini di valore esportato l’85% del totale selezionato e quasi il 90% del surplus commerciale”.
Viceversa, “l’import italiano è meno dipendente della media Ue dalle forniture Usa: 9,9% rispetto a 13,8% degli acquisti extra-Ue. I comparti più dipendenti sono il farmaceutico (38,6%) e le bevande (38,3%), che lo sono anche dal lato dell’export. Ciò evidenzia la profonda integrazione di queste filiere produttive e il loro elevato rischio in caso di dazi e ritorsioni”. Sia per l’Italia che per l’Europa, i primi settori a rischio sulla base dei tre criteri individuati dal rapporto (esposizione delle esportazioni, livello di surplus bilaterale e strategicità dei prodotti secondo la logica Usa di sicurezza economica) sono quelli della chimica e del farmaceutico.
LO STUDIO DI CONFINDUSTRIA SULLA RINCORSA TARIFFARIA
“I solidi legami produttivi tra le due sponde dell’Atlantico – spiega lo studio di Confindustria – potrebbero essere un deterrente alla rincorsa tariffaria. Oltre il 70% dello stock di capitali investiti dalle imprese farmaceutiche Ue nei paesi extra-Ue è diretto negli Usa; la quota è la stessa per le multinazionali farmaceutiche tedesche mentre quelle italiane sfiorano il 90%”. Lo stesso vale per altri prodotti come mezzi di trasporto, macchinari, alimentari e bevande: “settori merceologici con alta propensione all’export, per i quali la domanda statunitense si è rafforzata negli ultimi anni, quindi altrettanto potenzialmente uno strumento di negoziazione per l’amministrazione Usa”.
In questo clima fosco, la presidente della Commissione Ue ha già alzato la voce, promettendo di ripagare Washington con la stessa moneta. Gli strumenti formali a disposizione di Bruxelles non mancano. Tra questi c’è, per esempio, l’Anti-Coercion Instrument varato nel 2023, utile per compiere ritorsioni contro le big tech statunitensi, comminare dazi equivalenti sui prodotti Usa o restrizioni alla capacità delle aziende d’oltreoceano di investire o partecipare ad appalti pubblici nell’Ue. Tuttavia, la speranza dei paesi europei è che Trump sventoli la bandiera dei dazi solo a fini transazionali. E che vi sia la possibilità di negoziare, ad esempio accettando di comprare più gas dagli Stati Uniti o più armi per gli eserciti europei.
IL NODO DELLE SPESE MILITARI
La questione delle spese militari è sempre più rilevante. In ogni vertice Nato, i leader europei ricevono in pubblico un messaggio esplicito da parte di Washington: aumentate la spesa per la difesa, non potete più contare sulla nostra copertura. Subito dopo, in privato, c’è un altro messaggio altrettanto chiaro: assicuratevi che gran parte di quella spesa extra venga destinata alle armi statunitensi. La maggior parte dei paesi europei non ha ancora raggiunto l’obiettivo di spendere il 2% del pil per la difesa, ma negli ultimi anni la spesa è costantemente aumentata. Si fa strada sempre più l’idea sensata di acquisti comuni da parte dei paesi europei nel campo della sicurezza nell’ottica di costruire un’industria della difesa europea propedeutica a una struttura militare comune.
Peraltro, dopo l’appeasement tra Putin e Trump sull’Ucraina che pare una accettazione incondizionata delle pretese di Mosca a spese di Kiev (all’incontro di ieri dei ministri della difesa della Nato, la Germania ha accusato gli Usa di aver fatto già concessioni alla Russia senza averle concordate con l’Europa), il tema della difesa europea è diventato una vera e propria emergenza. Proprio oggi alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco i rappresentanti di Bruxelles avranno il loro primo incontro faccia a faccia con la nuova amministrazione Trump. L’evento annuale è solitamente dedicato al rafforzamento delle alleanze e alla condivisione degli ideali democratici.
TRUMP E IL DISIMPEGNO MILITARE IN EUROPA
Ma nel frattempo Donald Trump ha annunciato il disimpegno delle truppe statunitensi in Europa. Flirtando con quello che oggi è il principale nemico dell’Ue: Vladimir Putin. Dopo Zelensky – che ha detto che non ci saranno accordi validi senza il coinvolgimento di Kiev – pure i paesi europei reagiscono malamente contro intese che non li vedano protagonisti.
“Se viene fatto un accordo alle nostre spalle, semplicemente non funzionerà. Perché per qualsiasi tipo di accordo, hai bisogno che gli europei lo implementino, hai bisogno che gli ucraini lo implementino. Non è una bella cosa se qualcuno concorda su qualcosa e tutti gli altri dicono, va bene, hai accettato ma non lo seguiremo”, ha dichiarato la titolare della politica estera Ue Kaja Kallas a margine della riunione dei ministri della difesa della Nato a Bruxelles. Purtroppo, però, l’Europa è debole e divisa come non mai. Proprio nel momento in cui servirebbe un colpo di reni decisivo per cambiare la sua storia.
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