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Rilancio del Sud: Il centro studi di Confcommercio ipotizza un piano di sviluppo che riprende le linee guida già tracciate da Svimez

Ce ne stiamo accorgendo ormai in tanti. La dichiarazione di Mariano Bella, direttore del Centro studi di Confcommercio è in controtendenza, oggi che tutti magnificano i successi del turismo meridionale, ma ha alcuni elementi di novità.
«Se sommiamo i numeri delle presenze turistiche di tutto il Mezzogiorno restiamo sempre al di sotto della sola Emilia-Romagna» dichiara. O del solo Veneto aggiungerei.

Il paradosso di un Mezzogiorno che può vantare chilometri di spiagge incontaminate, con beni ambientali che fanno invidia al mondo, con beni culturali introvabili con questa concentrazione in nessuna altra parte, che è rimasto ai viaggi alla Goethe: pochi visitatori, alcune volte colti, con molto tempo a disposizione, ricchi, visti i costi del trasporto, continua a permanere.

L’INFRASTRUTTURAZIONE

«È arrivato allora il momento – propone Mariano Bella – di istituire presso il Ministero del Turismo una unità speciale dedicata esclusivamente alla crescita e allo sviluppo del turismo nel Mezzogiorno, considerato che a beneficiarne sarebbe il Pil del Paese».

Sta diventando un coro dopo che anni fa, proprio sul Quotidiano del Sud, avevamo lanciato l’idea di estendere i vantaggi delle Zes al settore turistico per cercare di incrementare in modo consistente i piccoli numeri che riesce a fare il Sud.
Lo aveva ribadito tra gli addetti ai lavori anche il direttore Sud di Unicredit, Ferdinando Natali, che pochi mesi fa aveva accolto la proposta di un allargamento al turismo delle facilitazioni fiscali e procedurali delle Zes, le Zone economiche speciali.
Anche se adesso cambierà tutto, viste le decisioni del governo sulla Zes unica, per cui l’idea di realtà dedicate di alcuni ettari dove concentrare gli investimenti, con agevolazioni fiscali sul lavoro e sul reddito prodotto, controllo molto deciso della criminalità organizzata e collegamenti infrastrutturali privilegiati, oltre che una semplificazione amministrativa tale da partire con l’investimento in pochi mesi, diventa più complicata.

Il centro studi di Confcommercio azzarda anche un’ipotesi di piano di sviluppo che riprende, in parte, i tre driver che Adriano Giannola, presidente di Svimez, Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno, da qualche anno propone.
Il primo è rappresentato dalla logistica, alla quale è legato il completamento, in alcuni casi l’inizio, dell’infrastrutturazione di alcune realtà, a cominciare dal completamento del corridoio Berlino-Palermo-Augusta, con il contestato ponte sullo Stretto, le cui necessarie risorse sembrano essere le uniche con le quali deve essere fatto tutto in Italia, dai marciapiedi, alle fognature, alla rete idrica, alle autostrade, all’alta velocità ferroviaria, a tutto quello che manca nel Paese. Ma che vede oltre le dorsali anche i collegamenti orizzontali come la Bari Napoli, ma anche il collegamento di tutta la costa ionica. Questo è un settore che potrebbe dare un numero di occupati rilevanti. Non dimentichiamo che la sola sedicente “frugale“ Rotterdam, tra diretti ed indiretti, riesce ad occupare circa 700.000 persone.

TURISMO E LAVORO PER IL RILANCIO DEL SUD

Il secondo è il turismo, che se dovesse riuscire, come sarebbe opportuno e logico, a raddoppiare le proprie presenze, portandole a 160 milioni l’anno, potrebbe occupare, tra diretti e indiretti, dai 300.000 ai 400.000 addetti.
Senza contare l’effetto moltiplicatore che investimenti con risorse private provenienti dall’esterno, potrebbero attivare in molti settori che potrebbero avere grande vantaggi dalla costruzione di una struttura alberghiera di accoglienza più adeguata alle possibilità di un territorio che da solo rappresenta il 40% del territorio italiano.

Sul terzo vi è un po’ di divergenza. La maggior parte degli studiosi pensa che il terzo drive sia dato da un manifatturiero che va assolutamente incrementato sia nei suoi investimenti che negli addetti relativi.

Il Sud soffre di un sotto dimensionamento dell’attività manifatturiera, che rappresenta dal 10 al 15% degli addetti complessivi, a seconda delle regioni, e che dovrebbe essere portata a quel 35% di addetti del totale degli occupati che è fisiologico per realtà così popolate. In modo da creare quel milione e mezzo di posti di lavoro necessario, insieme a quelli creati dagli altri due driver riportati, per avere un rapporto popolazione occupati vicino a quel 50% delle realtà a sviluppo compiuto.

Confcommercio pensa invece che bisogna intervenire in modo deciso sui diritti di cittadinanza, primo fra tutti quello agli asili nido che consentirebbe a tante mamme del Sud di lavorare. Aggiungerei: se la domanda di lavoro delle imprese fosse adeguata all’offerta di lavoro potenziale.

Non è che sia sbagliato lottare perché gli asili nido, pubblici o convenzionati, esistenti a Reggio Calabria, che ha un po’ più di abitanti di Reggio Emilia, siano più o meno nella stessa quantità, mentre oggi la prima ne ha il 5% della seconda, ma tali aspetti fanno parte di quella equiparazione dei diritti, base fondamentale della nostra Costituzione, che invece il progetto di autonomia differenziata di Calderoli vorrebbe mettere in discussione.

Ma tale esigenza attiene alla base fondamentale perché non vi sia quell’emigrazione continua, 100.000 persone ogni anno, che si spostano non solo in cerca del diritto al lavoro, negato in alcune parti del Paese, ma anche in cerca del diritto alla salute, ad una buona formazione che preveda il tempo pieno, all’esistenza di asili nido, che consentano alla donna di lavorare, alla mobilità, difficile in alcuni parti del Paese

DIRITTI DI CITTADINANZA

Lo sviluppo economico può esistere anche in assenza dei diritti fondamentali, come dimostrano Cina, India, Dubai e molti altri Paesi più piccoli, che hanno imboccato la strada dell’aumento del Pil, anche senza la presenza dei diritti fondamentali.
Bene fa Confcommercio, e il suo presidente Carlo Sangalli, a sottolineare l’esigenza che a fianco allo sviluppo si realizzino i diritti di cittadinanza fondamentali: questo aspetto, però, attiene a un ambito certamente importantissimo ma diverso.

E peraltro, mentre il piano di sviluppo, come prevederebbe l’Unione europea con il Pnrr, andrebbe finanziato con le risorse messe a disposizione per ridurre i divari, i diritti di cittadinanza dovrebbero attingere alle risorse ordinarie. Ma è certamente apprezzabile lo sforzo di Confcommercio in un Paese che manifesta ancora delle difficoltà a guardare oltre il contingente.


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