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Uno sbarco di migranti

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GIORGIA Meloni si sta rivelando una raffigurazione del Giano bifronte. Una faccia guarda oltre le Alpi, l’altra è concentrata lungo tutta la Penisola. Il governo si appresta a varare una legge di bilancio che non irriti la Commissione europea (che come sappiamo ha le chiavi della cassa del PNRR), che non spaventi i mercati che per adesso si sono fidati delle garanzie fornite da Meloni di aver ben compreso l’antifona per non mettersi nei guai come fece a suo tempo il governo giallo-verde. Grazie alla visita a Bruxelles ha potuto constatare che non ci sono pregiudiziali nei confronti della nuova maggioranza e del suo governo a condizione che si concordino le azioni, mantenendo comunque una linea di cautela.

Giancarlo Giorgetti ha preparato il suo esordio all’Ecofin con una missione in Germania che lo ha facilitato nell’aggiornamento della Nadef con la previsione di un punto in più del deficit di bilancio per il 2023. Ma il presidente del Consiglio leader di un partito che è sempre stato all’opposizione durante la XVIII legislatura, persino nei confronti del governo di unità nazionale presieduto da Draghi, sente di esibire un’enorme coda di paglia perché ne sta continuando la politica (e gli avversari glielo fanno notare).

Dove sta allora la discontinuità? Così in un paio di settimane Meloni ha messo in fila una serie di spot pubblicitari per raccontare ai suoi elettori che quando durante la campagna elettorale la leader di FdI aveva orgogliosamente affermato che la pacchia era finita, non si riferiva all’Europa ma all’Italia. Se nel 2018 il governo Di Maio-Salvini aveva promesso di abolire, grazie al RdC, la povertà e di radiare la riforma Fornero delle pensioni, Meloni ha dichiarato guerra all’illegalità diffusa e tollerata dai governi di centro-sinistra, ribadendo ad ogni più sospinto che “La legalità sarà la stella polare dell’azione di governo”.

A pensarci bene c’è una continuità semantica con il governo Conte 1 e con il M5S allora in grande spolvero: legalità di oggi fa rima con l’onestà di ieri. Tuttavia un ‘’vasto programma’’ come quello prefigurato da Meloni è più facile da annunciare che da attuare. Così il presidente del Consiglio ha dovuto limitarsi a lanciare qualche spot in grado di testimoniare – la pubblicità è l’anima del commercio – che col nuovo governo era cambiata l’aria del lassismo e della tolleranza. Mettiamo in fila tutti questi spot: la sospensione della riforma Cartabia e la conferma dell’ergastolo ostativo; la sanatoria per il personale sanitario no vax; la proposta di aumentare la quota di contante per effettuare i pagamenti e, in cauda venenum, il decreto Piantedosi.

Su ognuno di questi punti abbiamo assistito a precisazioni, correzioni, smentite. È la funzione dello spot quella di mandare un segnale, di annunciare provvedimenti che sul momento suscitano un dibattito, poi magari il giorno dopo le cose prendono la solita piega, perché non vi sono altre soluzioni. In fondo, a pensarci bene, anche la decisione di mettere tutto il gruzzolo sulle bollette, è un atto di propaganda. Le imprese e le famiglie sono molto allarmate per l’incremento del costo dell’energia, non solo per quanto hanno già dovuto pagare, ma per quello che potrebbe avvenire, giacché la situazione è tutt’altro che chiarita (anche se l’ascesa del prezzo del gas sembra essersi ridimensionata). Allora, la gente chiede un sostegno per il caro energia, il governo ne prende atto. Come ebbe a dire la spensierata Maria Antonietta: ‘’Il popolo chiede del pane? Dategli delle brioches!’’. Ma poteva mancare l’usato sicuro? I migranti, la difesa dei sacri confini della patria, l’Europa matrigna che ci lascia soli? Per giunta questa volta al Viminale non c’è più un ministro che affrontava questa delicatissima emergenza con la clava e i selfie, ma un civil servant come Matteo Piantedosi il quale è capace di affrontare il problema in punta di diritto, sottolineando – non senza argomenti – che quando una nave batte bandiera di un paese è in pratica un pezzo del suo territorio e quindi i migranti raccolti dalle ONG sono un affare di quel governo.

Al ministro ribattono che le norme del diritto internazionale stabiliscono che una nave che ha raccolto dei naufraghi deve poter attraccare nel porto sicuro più vicino. È iniziato così un braccio di ferro un po’ assurdo: vengono fatti sbarcare dopo accurata visita medica i minori e le persone fragili, mentre gli altri restano a bordo in vista di acquisire la disponibilità all’accoglienza di altri paesi. Persino Papa Francesco ha trovato il modo di accusare di indifferenza l’Europa. Ovviamente nessuno avverte che nelle medesime condizioni stanno tutti i paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Come nessuno ricorda che all’inizio della campagna elettorale Matteo Salvini annunciò una visita a Lampedusa, adirandosi quando si accorse che notte tempo i migranti erano stati trasferiti per fargli un dispetto.

Purtroppo il guaio vero è che in Italia nessun governo è stato in grado di affrontare correttamente un tema strutturale come quello dell’immigrazione che per noi rappresenta una questione vitale anche per quanto riguarda il mercato del lavoro. La destra vede in quella che viene chiamata la difesa dei confini un elemento identitario, da strumentalizzare ai fini di un maggior consenso elettorale. La sinistra è capace soltanto di chiudere un occhio e fare opera di buonismo a scapito dei territori che sono in prima linea a reggere gli sbarchi di clandestini. Il paradosso è che c’è necessità di immigrati da integrare, ma quelli che arrivano non risolvono ma creano dei problemi di accoglienza. Quella migratoria – scrivono i demografi – è l’unica variabile demografica che in tempi relativamente rapidi può modificare le tendenze in atto, mentre i cambiamenti delle scelte riproduttive dell’intera popolazione richiedono un orizzonte più esteso. A conferma del fabbisogno di maggiore immigrazione (idonea, razionalizzata e organizzata) vi sono gli effetti negativi determinati dal rallentamento dei flussi nel corso degli anni più recenti. Nel 2014, il trend di tenuta dei saldi immigratori negli anni precedenti, si è invertito, proprio in conseguenza di un cambio di passo dei flussi di immigrazione. Gli immigranti non sono più riusciti a pareggiare il deficit tra nascite e decessi, mentre nello stesso tempo cominciava a verificarsi l’emigrazione di giovani italiani (il 41% laureati) in cerca di lavoro in altri Paesi.

La popolazione residente dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2021 è diminuita complessivamente di oltre il 2%, nelle regioni meridionali è calata più del 4% che è salito al 4,7% nell’insieme delle Isole. Traducendo queste significative percentuali in numeri assoluti, dal 2014 al 2021 sono “svaniti nel nulla’’ 1,4 milioni di residenti; di questi il Mezzogiorno ne ha persi 900mila. Quanto alle prospettive future, tra vent’anni, all’interno della popolazione italiana vi sarebbero – secondo un importante demografo come Massimo Livi Bacci, ma è questa ormai una linea condivisa dalla scienza – delle trasformazioni significative: – 1,6 milioni della popolazione sotto i 20 anni; – 4 milioni di quella in età attiva (tra 20 e 70 anni); + 4,6 milioni degli anziani over70. Questo trend sarebbe consentito in presenza – afferma Livi Bacci – di un guadagno netto migratorio tra le 160mila e 180mila unità ogni anno. Se invece passasse l’ipotesi della ‘’immigrazione zero’’, la popolazione scenderebbe di 6 milioni quale somma algebrica tra -11 milioni per i minori di 70 anni e + 5 milioni di coloro che superano tale età. In sostanza, tra ora e il 2040 la popolazione adulta e attiva diminuirebbe di 4 milioni se alimentata da un flusso costante di stranieri immigrati, mentre diminuirebbe di 10 milioni nel caso di azzeramento dei flussi immigratori.

Al dunque, se proseguisse la politica dell’immigrazione di questo governo, il Paese dovrebbe augurarsi la distruzione, per effetto della rivoluzione tecnologica, del più gran numero possibile di occupati, perché non vi sarebbe altrimenti offerta di lavoro in numero adeguato. Ma le tasse e i contributi chi li pagherebbero: i robot?


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