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Entrato da poco con nomi che evocano la mitologia arriva l’emergenza caldo Caronte: “Fino a 43/44 gradi all’ombra”. E diversi record di giugno verranno superati”. Ma quello che sarà il momento più difficile per il Sud sarà l’autunno prossimo e non per problemi meteorologici.

Vi è infatti una convergenza di fattori che potrebbero influire sull’equilibrio complessivo di una realtà che potrebbe vivere uno dei suoi peggiori momenti, aldilà dei toni trionfalistici di alcuni. Vi sono fattori economici attinenti agli aspetti nazionali ed internazionali ed altri invece che riguardano soltanto questa realtà, e poi gli aspetti politici.

Tra quelli economici l’aumento dei tassi di inflazione ed il processo svalutativo correlato, che ci porterà verso tassi che supereranno abbondantemente il 5%, certamente inciderà di più sulle fasce povere del Paese, prevalentemente al Sud, che vedranno erodere il loro potere d’acquisto già estremamente contenuto.

L’altro fattore devastante è l’aumento del costo della energia, in particolare del gas ma anche degli altri combustibili fossili, che inciderà sul bilancio familiare in maniera molto consistente, riducendo il già contenuto potere d’acquisto delle famiglie del Sud, che non dimentichiamo hanno spesso la metà del reddito pro capite di molte delle regioni settentrionali e di alcune anche di un terzo.

L’aumento di alcuni prodotti di prima necessità come il grano, dovuti, anche, al conflitto ucraino inciderà ancor di più sui bilanci e morderà le fasce più deboli, quelle che sono al di sotto della soglia di povertà assoluta e che, come l’Istat ci ha ricordato recentemente, sono localizzate prevalentemente nel Mezzogiorno.

Ovviamente le emergenze che si prospettano, quella energetica ma anche quella idrica, non potranno che portare a ad una concentrazione di risorse sull’onda del “leitmotiv” dell’emergenza che ormai da giorni sentiamo e per la quale veniamo bombardati sui media. Parlo della mancanza di risorse idriche che sta mettendo in ginocchio la nostra pianura padana. E quando il Nord bussa il Governo centrale ha grandi difficoltà a resistere. Se la locomotiva ha difficoltà è necessario che tutti corrano a dare una mano.

D’altra parte la rappresentanza politica che riesce ad esprimere il Sud e sempre più sfilacciata. La fine infausta che sta facendo il movimento Cinque Stelle che, nel bene e nel male, aveva rappresentato alcune istanze che riguardavano questa parte del Paese, non potrà non incidere in modo negativo sulla sua capacità di influenzare le decisioni centrali.

Mentre anche il PNRR rischia di essere indirizzato per le esigenze più immediate. Ed assistiamo alle regioni settentrionali, che con un accordo opportunistico tra destra e sinistra, tra Bonaccini e Zaia, tra Giani e Fontana, tra Toti e Fedriga, stanno cercando di portare a casa quell’autonomia differenziata che consentirà loro di tenersi la spesa storica ed evitare che la distribuzione delle risorse avvenga, come prevede la nostra Costituzione, sulla base della spesa pro capite.

Dall’altro lato c’è un Mezzogiorno che non riesce ad esprimere una classe dirigente adeguata, per carenze formative dell’elettorato attivo di esprimere personalità adeguate. Caratterizzato da una debolezza economica che non consente a molti di avere un inserimento lavorativo, che porti ad un miglioramento anche della capacità di capire la realtà, in carenza di iniezioni di capitale umano e di una strategia unitaria di sviluppo che attragga investimenti dall’esterno dell’area e che porti quei 6 milioni di lavoratori, che ogni giorno si impegnano al Sud, tra occupati regolari e sommersi, a quei nove milioni che consentirebbero un rapporto popolazione occupati simile alle realtà più avanzate del nostro Paese. Ma l’autunno che si prospetta per il Sud non riguarda un fattore temporale che magari poi porti all’inverno ma successivamente alla primavera e all’estate.

Se si guarda alla desertificazione delle campagne, allo spopolamento dell’interno, alla consistente continua migrazione delle popolazioni, sembra che si stia avviando verso un inverno che non avrà primavera. E d’altra parte non è forse quello che il Paese in realtà vuole? Se le previsioni per i posti negli asili nido già prevedono la diminuzione della popolazione si ha la sensazione che questo percorso non trovi forme di contrasto adeguate, ma piuttosto sembra che venga accompagnato per evitare soltanto rivolgimenti sociali. Il reddito di cittadinanza, morfina pura, che addolcisce le problematiche che questo processo comporta, è un esempio di come il Paese voglia utilizzare il Sud.

L’esempio della batteria che deve servire ad alimentare la parte viva del Paese è tipico di una mentalità che è difficile estirpare. In una prima fase il Sud è stato quello che ha raffinato il petrolio nelle sue localizzazioni di Milazzo, di Augusta, di Gela; che ha fornito il prodotto primario dell’acciaio con l’Ilva di Bagnoli e di Taranto; spesso manodopera a basso costo che si spostava con grande facilità andando anche a dormire nei containers delle periferie lombarde, alimentando quello che è stato un miracolo economico, che tutti abbiamo pagato. E ora che tutto il Paese arretra rispetto alla crescita complessiva di tutta Europa, anche se momentaneamente grazie all’effetto Draghi si sta avendo una crescita maggiore, la soluzione che sembra prevalere è quella di tagliare lo stivale e farlo affondare da solo, non capendo che un Paese come l’Italia, senza Mezzogiorno, diventa una Polonia un po’ più ricca, ma con un peso politico sempre più limitato.

Mentre viene caratterizzato, al suo interno, da una parte dalla classe dominante estrattiva alla quale fa comodo porsi in maniera prona ed interessata rispetto alla direzione nazionale e dall’altro da un intellighenzia che cerca di trovare una sua dimensione invece che collettivamente, con ognuno che cerca un proprio spazio, magari a danno degli altri. Per cui come quei cacciatori che vanno ad una battuta in un bosco senza uccelli invece di mirare alla cacciagione si sparano tra di loro ritornando sempre più decimati e con ovviamente nessuna preda.


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