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Giorgia Meloni e Joe Biden

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A Washington cresce l’indice di gradimento per Giorgia Meloni che intanto intende porre al centro del G7 del 2024 il rapporto privilegiato dell’Italia con l’Africa e il Mediterraneo, tema su cui ha raccolto la disponibilità del presidente Biden

La missione a Washington di Giorgia Meloni si chiude in gloria. La Casa Bianca e il Congresso americano – guidati, si badi bene, da leader democrats – rilasciano alla premier italiana la patente definitiva di leader autorevole, affidabile e leale, ancorata ai valori delle democrazie occidentali.
Meloni conquista l’endorsement più importante grazie ad alcune scelte strategiche.

La barra dritta nel sostegno, anche militare, all’Ucraina. La capacità di collocarsi sulla scia aperta da Mario Draghi, pur arrivando da dieci anni di opposizione spesso urlata. L’abilità nel crearsi un profilo di leader moderata, mettendo in breve tempo sotto il tappeto la polvere di battaglie demagogiche e populiste che avevano fino all’anno scorso allarmato gli altri leader europei.
Joe Biden ha accolto a braccia aperte alla Casa Bianca la premier italiana proprio perché ha indovinato alcuni passaggi cruciali.

CRESCE IL GRADIMENTO DI GIORGIA MELONI A WASHINGTON, ECCO PERCHÉ

Primo tra tutti, la politica estera. E, più precisamente, l’ancoraggio indefettibile all’Alleanza atlantica e alla comunità europea. Che, come periodicamente ricorda il presidente Sergio Mattarella, è l’architrave della Costituzione repubblicana e condizione essenziale per svolgere un ruolo adeguato nei consessi internazionali raccogliendo il rispetto dei partner strategici. In tutto ciò è decisivo il rapporto speciale con l’America.

«L’America è una nazione speciale. Un paese da invidiare, per cose che non hanno nulla a che fare con la ricchezza, il potere, la supremazia militare e così via. E sai perché? Perché è nato dal bisogno dell’anima, dal bisogno di avere una patria e dall’idea più sublime che l’uomo abbia mai concepito: l’idea di libertà, ancora meglio, di libertà sposata con l’idea di uguaglianza». Queste sono le parole di Oriana Fallaci, grande scrittrice e giornalista italiana: Giorgia Meloni le ha citate nel corso del pranzo di mercoledì scorso nella sala dei ricevimenti della Camera dei Rappresentanti, la Rayburn Room, con lo speaker Kevin McCarthy e alcuni membri del Congresso.

«Questo – ha aggiunto Meloni – è il motivo per cui credo che l’America sia così forte. Ha una forte identità radicata negli ideali di libertà e democrazia. Nella sua Costituzione è sancita la ricerca della felicità per tutti i suoi cittadini. Questo è ciò che rende l’America un leader naturale nel mondo. E il Congresso degli Stati Uniti è il principale custode di questi principi».

L’EVOLUZIONE POLITICA DI GIORGIA MELONI CHE HA CONQUISTATO IL GRADIMENTO DI WASHINGTON

Non sono parole scontate per una personalità politica proveniente dalla tradizione di quella destra italiana che nel corso del 900 ha visto negli Usa una civiltà antitetica e un nemico sistemico e nella Nato un oppressore dell’“Europa delle Patrie”. Il nazionalismo di Giorgia Meloni resiste, ma abbandona i toni beceri del passato per accogliere i principi fondanti dell’Occidente. Se questo diventasse il percorso di un nuovo conservatorismo di impronta europea e liberale – altro che Steve Bannon o Santiago Abascal! – sarebbe un bene per tutti, prima di tutto per la destra italiana e per il nostro paese.

In questa direzione appare sintomatico il silenzio di Giorgia Meloni su Donald Trump nel corso della conferenza stampa di giovedì sera. Alla domanda sui rapporti con l’ex presidente pluri-indagato, Meloni conferma il suo posizionamento ideale al fianco dei Repubblicani, ma rimuove ogni richiamo a Trump, prendendo di fatto le distanze dalla postura illiberale, eversiva e perfino insurrezionale assunta dal tycoon nel corso del suo mandato. Insomma, l’evoluzione di Meloni – possibile, ma ancora da verificare – verso una destra conservatrice moderna e occidentale sembra avere delle buone basi.

Dai colloqui americani emerge poi che la premier italiana ha in testa una strategia chiara sulla politica estera, a partire dal rapporto privilegiato con l’Africa e il Mediterraneo. Il suo obiettivo è far diventare centrale il tema nel G7 del 2024 che sarà ospitato in Italia e sarà presieduto proprio da lei. Sul punto Meloni ha raccolto la disponibilità da parte di Joe Biden, nel frattempo rassicurato circa l’intenzione del governo italiano di chiudere la partita della Via della Seta, non rinnovando l’accordo sulla Belt and Road Iniziative improvvidamente sottoscritta con Xi Jinping dal governo di Giuseppe Conte nel 2019.

PRIMO OBIETTIVO DI POLITICA ESTERA: L’AFRICA

Nel corso della visita a Washington, la premier ha presentato le sue idee sull’Africa e sulla situazione del Global South nonché il lavoro diplomatico del governo italiano a una delegazione bipartisan di legislatori americani, intascando l’apprezzamento del democratico Bob Menendez, presidente della commissione Esteri del Senato, che si è dichiarato “impressionato” dal lavoro italiano su questi temi. Anche lo speaker della Camera dei Rappresentanti Usa Kevin McCarthy ha sottolineato che Meloni «è una delle leader che ci ha colpito di più, a democratici e repubblicani. Una leader che guarda avanti».

D’altra parte, la premier sa perfettamente che il sostegno americano per la politica estera italiana ed europea è indispensabile. Il motivo è semplice: la partita che si gioca in Africa è una partita globale che vede già coinvolte la Russia e la Cina, con una posizione troppo defilata da parte dell’Europa. Vladimir Putin è da tempo all’opera per esercitare un dominio sui paesi africani. Lo strumento più concreto sarà l’offerta di grano russo in sostituzione di quello ucraino. Sul punto, non ci sono motivazioni ideali che tengano. I paesi africani non hanno alternative: se il Cremlino blocca le esportazioni di Kiev, dovranno rivolgersi a Mosca.

Inoltre, è molto probabile che ci sia lo zampino della Russia anche nel golpe in Niger, come tanti altri paesi nord e centroafricani da tempo infiltrati dalla Wagner. Idealmente, il Piano Mattei è un’ottima iniziativa, ma non potrà avere successo senza l’impegno per la sicurezza che solo la Nato e un’Europa finalmente unita potranno esercitare in concreto nel continente africano. Se vuole essere efficace, Meloni non dovrà concentrarsi soltanto sulla difesa degli interessi nazionali ma sempre di più sulla promozione degli interessi comuni del blocco europeo e occidentale.


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