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Giuseppe Conte e Mario Draghi

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SE lunedì sarà la giornata clou del braccio di ferro tra Mario Draghi e “Giuseppi” Conte è forse più un auspicio che una promessa. Un chiarimento, si dice, ma le fibrillazioni sono state tante, che è difficile contarle, almeno nelle ultime settimane. Nel frattempo i malumori crescono. Nessuno crede, tuttavia, che possa esserci una crisi di governo in piena estate, anche se all’interno della folta pattuglia pentastellata si moltiplicano le istanze di mollare il governo. L’argomento non è se, ma quando abbandonare la scena. Gli argomenti ci sarebbero, senza problemi: lo stop al Superbonus nonostante la riformulazione del governo, il reddito di cittadinanza su cui pesa il non rifinanziamento dei navigator e ancora tutti gli emendamenti bocciati dalla maggioranza allargata.

Ci sono un sacco di ferite aperte, che richiedono pronti interventi come terapia per curare le emergenze che non sembrano lasciare l’Italia. Ovvero, la guerra in Ucraina, la recessione, la pausa estiva. Tutti argomenti che fanno riflettere i pentastellati. Ma soprattutto a staccarsi ci sono le fidejussioni assunte con Draghi quando nell’inverno scorso è stato formato il governo. Ci sono inoltre – cosa che vale tantissimo per Grillo – le parole spese dal Garante quando Mattarella chiamò a formare un governo di unità nazionale. La parola vale sotto tutti i regimi. Nei 3 giorni trascorsi a Roma Grillo ha insistito su un fatto: non si può uscire dall’Esecutivo dalla sera alla mattina. Il pressing si fa sempre più forte. C’è chi ne fa una questione politica sostenendo che se si abbandona, significa anche lasciare quel campo largo che con tanta pazienza sta costruendo Enrico Letta.

Ma il Campo largo appare all’orizzonte come un prossimo ostacolo alla dialettica politica. Non c’entra Letta, ma Matteo Salvini il quale ha già messo le mani avanti, rovesciando sul Partito democratico la responsabilità di attaccare con argomenti che non interessano la gente, lo Jus scholae e un provvedimento sulla Cannabis. Argomenti che non toccano le corde di chi deve fare i conti, quotidianamente, con rincari della spesa. E altro ancora. Ma Letta ha chiesto una svolta sociale, all’agenda del partito. “Chiediamo al governo e alla maggioranza di fare una riflessione straordinaria altrimenti, con l’avvicinarsi delle elezioni ci saranno conseguenze che il nostro Paese non riuscirà a gestire”. “Perché siamo davanti a uno degli autunni più faticosi della storia italiana”. Letta è fiducioso, “se tutti siamo uniti e determinati riusciamo a recuperare; approvare lo Jus Scholae in questa fase finale della legislatura è un fatto di civiltà”. Quanto alla legge elettorale, si è detto favorevole al passaggio al proporzionale, “Bisogna dare al cittadino – ha detto – il potere di scegliere i parlamentari. Veniamo da 20 anni in cui sono i partiti e non i cittadini che scelgono i parlamentari”.

Infine, il reddito di cittadinanza. Secondo Giuseppe Conte che ha rivendicato la legge, è una norma “complessiva che va migliorata tutti insieme ma che non deve essere messa in discussione. Ha alzato l’asticella sul salario minimo. La base non può essere inferiore a 9 euro l’ora. Ma ci vogliono nuove misure per contrastare il precariato.

Grillo ha attaccato Di Maio dandogli del traditore. Anzi ha fatto un libretto dei più noti traditori a cominciare dalle vicende di Dante, Shakespeare e del traditore per eccellenza, Jago, Di Maio pragmatico come sempre vede pericoli sullo Jus Scholae, e si augura di trovare un compromesso in Parlamento.


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