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Mario Draghi

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In tempi in cui Putin è maestro di falsità storiche che spesso rimbalzano acriticamente sui media occidentali e a volte sono fatte proprie persino da alcuni storici di casa nostra, tracciando una ideale linea di continuità giustificazionistica fra glorie imperiali russe del passato e volontà di restaurarle nel presente, non deve stupire se di fronte al Draghicidio attuato in data 20 luglio nel Senato italiano qualche immagine della nostra storia torni alla memoria di quelle generazioni per le quali la storia è stata effettivamente materia primaria di insegnamento fin dal primo ciclo e senza sconti per quanto riguarda un passato profondo e cronologicamente molto lontano.

Ciò non certo ai fini di una impossibile comparazione con quest’ultimo ma semplicemente nella convinzione che passato-presente-futuro abbiano effettivamente qualcosa da dirsi. Magari qualche immagine, perché no, può anzi tornare alla ribalta, tanto per pensare un po’… E così, senza nessuna velleità di improponibili paragoni fra grandi figure del passato che “in quel di Roma” non hanno ricevuto, per usare un eufemismo, un grande trattamento da parte del Senato, alcuni commentatori hanno richiamato la sorte cruenta riservata a Giulio Cesare nel Senato della Repubblica romana più di 2000 anni fa.

Gli stessi hanno però avuto cura di sottolineare immediatamente sia l’improponibilità di un confronto fra la figura di Cesare e quella di Draghi sia, innanzitutto, di un paragone anche solo ideal-tipico fra coloro che avevano assassinato il primo richiamandosi alla difesa dei valori repubblicani e quelli che oggi, in nome di interessi sondaggistici e di bottega dei loro partiti e delle loro trame, sono ben lontani dall’ idea di un interesse nazionale che vada oltre il proprio specifico e settoriale campo di battaglia nell’aver determinato la caduta del secondo.

Del resto nessun novello Bruto si è levato nelle schiere della sua maggioranza di Governo che ne hanno decretato la fine a rivendicare la responsabilità delle loro scelte di fronte alla opinione pubblica nazionale: hanno tutti preferito giocare a scarica barile gli uni nei confronti degli altri, ben lontani dal volersi intestare il Draghicidio, davanti all’incommentabile “spettacolo” dato da ultimo e dinanzi agli occhi di tutti il 20 luglio, quando si è assistito al balletto senatorio di chi usciva dall’Aula per non votare la fiducia e chi, pur presente, dichiarava di non volerla votare, senza nemmeno il coraggio di dire “no” e metterci la faccia. Perché ritornare ancora su quanto accaduto la settimana scorsa e che è stato oggetto di una valanga di commenti sul piano interno e internazionale che hanno giustamente rilevato l’irragionevolezza e la vergogna di cui si è coperta larghissima parte della classe politico/partitica italiana, una delle peggiori dell’intera storia repubblicana?

Risposta: perché ancora oggi gli immarcescibili autori di quanto è accaduto si fanno in quattro per far rimbalzare verso altri le proprie responsabilità e addirittura sullo stesso Draghi. Inutile ribadire a tutti costoro che il discorso del Presidente del Consiglio in Senato è stato un vero e proprio manifesto di Politica con la “P” maiuscola: quella che non nasconde i problemi del Paese interni e internazionali e che chiama a raccolta la responsabilità di tutti. C’è addirittura chi non ha pudore di parlare di personale “stanchezza” di Draghi, che non avrebbe aspettato altro che gettare la spugna…..Ma per Bacco, lo avete ascoltato quel discorso? – verrebbe da commentare ai cittadini italiani, (quelli che hanno veramente a cuore le sorti del proprio Paese e non la politica dei politicanti anche se siedono negli scranni parlamentari, sono leader di partiti o i commenti di certi media che fino a ieri trovavano assai comodo giocare al tiro al bersaglio “senza se e senza ma” contro Draghi e che ora si ritrovano improvvisamente orfani del proprio nemico/bersaglio preferito)?

Vi sembra quello pronunciato solo pochi giorni fa davanti al Senato della Repubblica un discorso in ritirata da parte di uno che non vede l’ora di gettare alle ortiche il proprio compito? Come si fa a far torto alla intelligenza della opinione pubblica e alla dignità personale/istituzionale di Draghi con affermazioni di questo tipo, nella presunzione di poter addirittura risalire a una sua recondita e non apertamente dichiarata volontà? A partire da quella data fatidica del 20 luglio e di ciò che è successo nelle dichiarazioni di molti a seguire, lo stesso Draghi avrebbe tutte le ragioni di richiamare rivisitandola per sé la frase del Sommo Poeta: “e il modo ancor m’offende”.

Quanto a illustri personaggi della storia romana, ben consapevoli delle inevitabili forzature di ogni richiamo a epoche tanto lontane, ma di nuovo per cercare di ragionare un po’ semplicemente a ruota libera, potremmo forse rievocare la figura di Scipione l’Africano, l’eroe della seconda guerra punica e della piena affermazione del trionfo di Roma su Cartagine, eroe che viene richiamato anche nella parte iniziale del nostro inno nazionale nel segno dell’Unità dell’Italia? Egli si ritirò in seguito in volontario esilio nella sua villa di Liternum, dopo la intensa campagna denigratoria che gli era stata mossa dalla classe politica del tempo; a lui viene attribuita la celebre frase: “Ingrata patria, non avrai nemmeno le mie ossa!”

Forse lo stesso Draghi si stupirebbe di veder richiamata a suo proposito (ma si tratta davvero di giocare un po’ con la storia e trarne qualche suggestione) la figura di Scipione che evoca immediatamente guerre condotte contro i nemici esterni e vinte sui cruenti terreni di numerose battaglie per affermare pienamente la potenza di Roma… Eppure, mutatis mutandis e non certo nella prospettiva appena richiamata della guerra, nel segno di Draghi l’Italia ha davvero riconquistato inusitata autorevolezza sul piano internazionale con ricadute niente affatto secondarie anche sotto il profilo interno, elementi entrambi che larga parte dei cittadini italiani gli ha riconosciuto e gli riconosce.

Sono cittadini che non sono per nulla disposti a dimenticare sotto le sgangherate sferzate mediatiche di leader di partito che già ieri scaldavano i muscoli in vista delle elezioni e che ora proprio non sentono più alcun ritegno anche nel negare l’evidenza, dando fiato a mirabolanti promesse da venditori di fumo, in spregio totale di una opinione pubblica matura. Per queste ragioni immaginando il grido eventuale di Draghi contro “l’ingrata patria” di scipioniana memoria, sarebbe sicuramente da intendersi indirizzato soltanto contro una certa classe politica e non contro l’Italia reale, la quale ultima non ha sede e non si vede per nulla rappresentata nei palazzi di una politica che tuttora continua a voler mostrare il peggio di sé.


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